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Jobs act, reintegro per alcuni licenziamenti disciplinari

Roma, manifestazione contro il governo dei lavoratori pubblici, lo scorso 8 novembre. REUTERS/Remo Casilli (Reuters)

di Francesca Piscioneri ROMA (Reuters) - Sarà ancora possibile in Italia essere reintegrati sul posto di lavoro in caso di licenziamento per motivi disciplinari, ma solo in alcune "fattispecie ingiustificate". Nessun diritto al reintegro invece per i licenziamenti di natura economica, per i quali l'azienda dovrà corrispondere un indennizzo crescente in base all'anzianità di servizio. Resta salvo il diritto al reintegro se si perde il lavoro per motivi discriminatori. E' quanto prevede l'emendamento del governo al Jobs act sull'articolo 18 depositato oggi in Commissione Lavoro della Camera e frutto di una mediazione politica con la minoranza del Pd, partito del premier Matteo Renzi, ma anche con l'alleato centrista Ncd. Si avvia così sul viale del tramonto l'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, già peraltro indebolito dalla riforma del lavoro di Elsa Fornero varata nel 2012. Si esclude "per i licenziamenti economici la possibilità della reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro, prevedendo un indennizzo economico certo e crescente con l'anzianità di servizio", si legge nel testo dell'emendamento presentato dal sottosegretario al Welfare, Teresa Bellanova. La norma va oltre la riforma Fornero che prevedeva, anche per i licenziamenti economici, la possibilità di essere reintegrati qualora dimostrata l'insussistenza del motivo. In alternativa, il lavoratore aveva diritto a un indennizzo fino a 24 mensilità. SIA SACCONI CHE DAMIANO SI ATTRIBUISCONO LA VITTORIA Il diritto al reintegro viene invece oggi limitato "ai licenziamenti nulli e discriminatori e a specifiche fattispecie di licenziamento disciplinare ingiustificato, nonché prevedendo termini certi per l'impugnazione del licenziamento". L'indicazione puntuale dei casi nei quali si potrà fare richiesta di reintegro sarà contenuta nei decreti delegati che il governo varerà dopo il via libera definitivo del Jobs act in Parlamento, atteso entro dicembre. In serata, il responsabile economico del Pd, Filippo Taddei, ha citato tra i casi di licenziamento disciplinare per i quali sarà possibile il reintegro quello di un lavoratore accusato ingiustamente di aver rubato. Soddisfatto l'Ncd che ieri, temendo interventi più blandi per assecondare la minoranza Pd, aveva minacciato la tenuta della coalizione. "Vi è l'intesa che dovranno essere disegnate in modo così circoscritto e certo [le fattispecie per il reintegro] da non consentire discrezionalità alcuna al magistrato", ha dichiarato in una nota il capogruppo al Senato di Ncd, Maurizio Sacconi. In linea con l'ex ministro del Welfare di Silvio Berlusconi sembra il presidente Pd della Commissione Lavoro Cesare Damiano che si dice "molto soddisfatto dalla riformulazione dell'articolo 18" anche se per motivi opposti. "Siamo partiti dall'idea di mantenere la tutela per i soli licenziamenti discriminatori, come sostenevano taluni esponenti del governo, e siamo arrivati a includere anche i licenziamenti disciplinari. Non era scontato", rivendica Damiano. Amara la reazione del deputato del Sel, ex Fiom, Giorgio Airaudo, per il quale "Ha vinto Sacconi". La delega arriverà in aula venerdì 21 novembre per ottenere il via libera il 26; non è escluso un voto di fiducia. Sarà poi necessaria una terza lettura in Senato per l'approvazione definitiva. "Sono ottimista e posso dire che la determinazione del governo e del presidente del Consiglio è assolutamente ferrea", ha detto oggi il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan. Sempre nell'ottica di accelerare i tempi, il governo ha presentato un altro emendamento secondo cui il ddl delega e i successivi decreti entreranno in vigore il giorno dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, senza attendere i consueti 15 giorni. (Ha collaborato Giuseppe Fonte) Sul sito www.reuters.it altre notizie Reuters in italiano. Le top news anche su www.twitter.com/reuters_italia