La sentenza ribalta anche la politica: M5s incassa il colpo, FI raggiante
Risorge all’improvviso la seconda Repubblica, se è vero quanto twittava Luigi Di Maio all’indomani della sentenza di primo grado del processo sulla trattativa Stato-mafia: “Con le condanne di oggi muore definitivamente la Seconda Repubblica. Grazie ai magistrati di Palermo che hanno lavorato per la verità”. In appello quella verità cambia: assolto Marcello Dell’Utri per non aver commesso il fatto, assolti gli ex generali del Ros Mario Mori e Antonio Subranni perché il fatto non costituisce reato, e insieme a loro anche l’ex colonnello Giuseppe De Donno.
Dopo il primo grado anche Roberto Fico esultava, spiegando che “quando lo Stato riapre le proprie ferite per provare a stabilire la verità, quando giunge a condannare sé stesso, allora riacquista la forza, la dignità e la fiducia dei cittadini”. C’è la verità delle sentenze e ci sono le verità strattonate di qua e di là dalle opposte fazioni.
I 5 stelle, un rapporto di stima e ammirazione verso il pm Nino Di Matteo proprio sulla scorta del processo sulla trattativa prima che si incrinasse per contrasti con l’allora ministro Alfonso Bonafede ci vanno con i piedi di piombo: “Le sentenze non si commentano ma si rispettano. Questa è la nostra linea. Possiamo aggiungere solo che rimaniamo in attesa di conoscere nel dettaglio le motivazioni che hanno portato a tale sentenza”. Ma poi aggiungono in una nota congiunta dei deputati della commissione Giustizia della Camera: “Da un passaggio del dispositivo della sentenza - aggiungono - si evince che le assoluzioni di De Donno, Mori e Subranni sarebbero ricondotte alla consueta formula ‘perché il fatto non costituisce reato’. Quindi tutto lascia intendere che i fatti siano confermati e questo per noi fa sì che a livello politico e istituzionale rimangano intatte tutte le responsabilità emerse”.
Dall’altra parte della barricata Forza Italia. Stefania Prestigiacomo, forse la più vicina a Dell’Utri che tante volte è andato a trovarlo in carcere, spiega di essere “molto felice”: “Ieri l’ho sentito, era molto fiducioso, spazzati via anni di insinuazioni e falsità. Nessuno gli potrà restituire la serenità perduta, tuttavia oggi ha vinto lo stato”. È lo stesso Dell’Utri a spiegare all’Adnkronos che “questa assoluzione è una svolta non solo per me ma per la giustizia italiana, questo processo era mostruoso”. Una felicità condivisa dall’ex presidente del Senato Nicola Mancino, coinvolto nel processo di primo grado: “La cosiddetta trattativa Stato-mafia alla fine è stata spazzata via da una sentenza di appello fatta scrupolosamente”.
Gli azzurri sono un coro. Ecco Andrea Ruggieri: “Personalmente sono contento, perché quando nel diritto iniettano l’ideologia i fatti diventano fuorviati, mentre la sentenza d’appello dimostra che con un lavoro serio si ristabilisce la verità”. “Finalmente giustizia è stata fatta - dice Licia Ronzulli, esponente dll’entourage di Silvio Berlusconi - Peccato però che tre servitori dello Stato e l’intera Arma dei Carabinieri abbiano visto infangato il proprio nome per troppi e lunghi anni”. Sestino Giacomoni, altro collaboratore del Cavaliere, ora pretende delle scuse: “L’opinione pubblica è stata violentata per anni da certi cantori di cattive novelle, che hanno invertito i ruoli dei buoni e dei cattivi, adesso è tempo che questi chiedano scusa e a tutti, in primis a Berlusconi e a Dell’Utri e a tutta Forza Italia”. Ma i 5 stelle non ci stanno. Ecco Giulia Sarti, che da ancor prima di entrare in Parlamento segue la vicenda: “Le responsabilità politiche e morali comunque rimangono. Al di là delle sentenze la trattativa c’è stata”. Alessandro Di Battista vede un disegno dietro le decisione del tribunale, e ironizza: “A questo punto basta ipocrisie: Dell’Utri senatore a vita e Berlusconi Presidente della Repubblica. Così anche gli ignavi nostrani si renderanno conto della strisciante restaurazione in atto!”. Alle verità degli opposti schieramenti della verità che sarà depositata nelle motivazioni della sentenza tutto sommato importa poco.
Questo articolo è originariamente apparso su L'HuffPost ed è stato aggiornato.