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Lavoro, focus licenziamenti disciplinari. Bersani: saremo leali

Il ministro del Lavoro Giuliano Poletti. REUTERS/Remo Casilli (Reuters)

di Francesca Piscioneri ROMA (Reuters) - Matteo Renzi ha detto ieri che per la riforma del lavoro "è questione di giorni" tuttavia, già nell'avvio di discussione della delega in aula al Senato, i tempi si stanno dilatando perché il governo non ha ancora deciso se far confluire in un emendamento le novità sull'articolo 18 annunciate dal premier. Si fa strada l'ipotesi di un ordine del giorno meno impegnativo rispetto a un emendamento, per poi magari dettagliare le nuove regole nei decreti delegati. Ma gran parte delle tensioni si sono stemperate dopo che in serata l'ex segretario Pier Luigi Bersani, capofila dei venti membri della direzione che hanno votato contro il documento della maggioranza, ha dichiarato che "saremo leali verso il partito e il governo". Non è escluso nemmeno il ricorso al voto di fiducia qualora il premier volesse avere in tasca un via libera al Jobs act almeno in prima lettura da presentare ai colleghi europei durante il vertice sul Lavoro dell'8 ottobre a Milano. "Stiamo ancora ragionando. Ascoltiamo la discussione e poi decidiamo", ha risposto il ministro del Welfare Giuliano Poletti a chi chiedeva, a margine dei lavori parlamentari, se l'emendamento fosse pronto. Il sottosegretario al Welfare Teresa Bellanova ammette che "si sta valutando se presentare un emendamento o seguire un altro percorso come un ordine del giorno o una dichiarazione". Per il capogruppo di Ncd e relatore della delega, Maurizio Sacconi, "non è detto che verrà presentato un emendamento aggiuntivo perché la delega contiene criteri precisi ma sufficientemente ampi per entrare nel dettaglio successivamente". Il calendario dei lavori deciso oggi dalla capigruppo prevede che la discussione generale sulla delega duri fino a martedì, dunque il voto non arriverà prima di mercoledì 8 ottobre. I senatori fanno notare che il provvedimento è in calendario fino a metà ottobre. Renzi ha annunciato nel corso della direzione del partito due giorni fa che il diritto alla reintegra al lavoro nel caso di licenziamenti ingiusti resterà per i casi di discriminazione e motivi disciplinari, lasciando intendere che scomparirà per quelli di natura economica. QUALI CONFINI PER IL REINTEGRO? La riforma Fornero in vigore dal 2012 prevede invece, anche per i licenziamenti legati a ragioni economiche, la possibilità di essere reintegrati qualora si dimostri l'insussistenza del motivo. In alternativa il lavoratore riceverà un indennizzo fino a 24 mensilità. La delega votata dalla commissione Lavoro parla genericamente di un nuovo contratto a tutele crescenti. Il governo si muove su un terreno scivoloso perché con una norma troppo rigida rischia di inasprire il dissenso interno al Pd, mentre con modifiche soft scontenta l'alleato Ncd, determinante per l'attuale equilibrio del governo. Secondo Bellanova "non sarà prevista la reintegra per tutti i licenziamenti per ragioni disciplinari ma per alcune fattispecie. Ci sono dei fatti gravissimi, perché insussistenti, allora è una questione di civiltà giuridica garantire il diritto al reintegro". Stamani, in una intervista al Sole24Ore, Tommaso Nannicini, economista consigliere di Renzi sul Jobs act, ha detto che "si eliminerà il reintegro per i licenziamenti economici... Sui disciplinari poi verranno individuate delle casistiche estreme dove, se il fatto contestato risulta falso, il lavoratore subisce una lesione della dignità personale e quindi ha diritto a una tutela reale". Negli altri casi ci sarà un indennizzo crescente in base all'anzianità di servizio che, seguendo l'esempio di altri Paesi, potrà essere secondo Nannicini "di 4-6 mensilità dopo due-tre anni di anzianità. Oggi si parte da 12 mensilità". Il consigliere di Renzi ha anche chiarito quale sarà la platea delle nuove tutele: "Varrà per i nuovi assunti e per le aziende oltre i 15 addetti". Sul sito www.reuters.it altre notizie Reuters in italiano. Le top news anche su www.twitter.com/reuters_italia