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La Legge di Stabilità fa sparire il Garante del Contribuente

La Legge di Stabilità fa sparire il Garante del Contribuente

Quello dello Statuto del Contribuente è un tema che dal 2000, anno della sua nascita, non ha mai trovato pace. E oggi ritorna nuovamente in auge dopo l'ennesima modifica apportata, prevista nella Legge di Stabilità. Una modifica che fa chiedere a molti se sia ancora giusto mantenerlo in piedi, visto che fa letteralmente sparire la figura del Garante, assegnando i suoi compiti al presidente della Commissione tributaria regionale.

Dopo numerose violazioni dalla sua entrata in vigore - un'inchiesta de Il Sole 24 Ore dello scorso anno ne aveva calcolate ben 450 infrazioni - la legge 27 luglio 2000 n.212, nata per garantire correttezza e chiarezza delle norme tributarie, oltre a tutelare il contribuente da comportamenti arbitrari da parte dello Stato, viene nuovamente stravolta dalla manovra economica del governo Letta, che l'ha inserita nell'ultimo testo della delega per la riforma fiscale, approvata alla Camera e ora passata in esame al Senato.

Leggi anche: Una repubblica fondata sulla retroattività fiscale.

Con la modifica prevista dalla Legge di Stabilità, infatti, la struttura del Garante del contribuente - già modificata nel 2012 portando l'organo del collegio ad un un solo individuo, a discapito dei tre membri previsti dalla legge - affida l'incarico ad un soggetto "terzo", ovvero al Presidente della commissione tributaria regionale. Lo scopo, si legge nel testo, rientra nell'ottica dei tagli alla spesa pubblica, ma modifica completamente l'intera mission dello Statuto. Perchè attraverso questo passaggio viene meno l'autonomia e l'indipendenza strutturale dell'ufficio del Garante, il cui scopo (articolo 13 dello Statuto), è quello di garantire e "l'attuazione sostanziale di tutti i principi generali della legge", attraverso ispezioni fiscali a tutela dei contribuenti. Ora, invece, passando queste funzioni al presidente della Commissione tributaria regionale, si crea una sorta di circolo vizioso che attribuisce alla stessa figura un doppio incarico.

Già con una precedente deroga, il Garante operava con il personale di segreteria che faceva capo all'Agenzia delle Entrate; da oggi, invece i contribuenti - che solitamente si rivolgono alle Commissioni tributarie per contestare una illeggittimità fiscale - si troveranno davanti ad una palese situazione di conflitto d'interessi. Perchè i giudici tributari ("nominati da un decreto della Presidenza della Repubblica su proposta del ministro dell'Economia, previa deliberazione del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria, ed è sempre il ministero a fissare i compensi", come scrive Guido Gentili su Il Sole 24 Ore) sono supportati dagli stessi uffici di segreteria che dipendono dal Ministero e si trovano nelle sedi dell'Agenzia delle Entrate, lo stesso ente che "emana gli accertamenti sui quali vagliano le Commissioni tributarie". Una situazione di cui Gaetano Santamaria Amato, presidente del Consiglio della giustizia tributaria, ne denuncia la palese conflittualità, auspicandone la prossima risoluzione, perchè in questo modo la figura del Garante del contribuente diventa "la parte sostanziale di ogni ricorso", annullando totalmente l'utilità dello Statuto.