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Come si licenzia in Europa

Giorni decisivi per la riforma del lavoro che aspetta di essere discussa in Parlamento. Il punto cruciale rimane il famigerato articolo 18: la possibilità da parte delle aziende di licenziare senza obbligo di reintegro, almeno nel caso in cui la motivazione sia di tipo economico o disciplinare. Non dovrebbe essere cambiato, invece, l’obbligo di reintegro nell’eventualità di licenziamenti legati a motivi discriminatori.

Ma in Italia è davvero così difficile licenziare? Macché. Anzi, lo è di più in altri Paesi europei. A dirlo sono gli indici dell’Ocse (strictness of employment protection) e spiegano che liberarsi di un dipendente è molto più facile per un imprenditore italiano più di quanto non lo sia per un ungherese, un ceco o un polacco.
Questione di indici di flessibilità. Con un indice di 2,58, l’Italia, almeno per quanto concerne i lavoratori a tempo indeterminato, è di poco sopra la media mondiale (2,11). E’ più difficile licenziare in Spagna (3,11), Francia (3,00), Grecia (2,97), Germania (2,63) e persino in Portogallo (2,84). Facilissimo tagliare il personale, invece, in Inghilterra (1,09) e Irlanda (1,39). Per capire meglio l’indice usato, basti pensare che la scala di restrizioni minime al licenziamento va da 0 a 6 punti. Più è alto, meno è semplice lasciare a casa il lavoratore.

Non è particolarmente difficile licenziare nel nostro Paese, il problema per i datori di lavoro è, semmai, quello legato al reintegro. Fino a oggi, senza giusta causa scattava l’obbligo per l’azienda di riassumere il dipendente licenziato nel caso di sentenza scritta da un giudice. E cosa succede nelle altre nazioni del vecchio continente?

In Germania il licenziamento senza giusta causa è considerato illegittimo e prevede il reintegro sul posto di lavoro. L’ultima grande riforma in questo ambito risale a circa sette anni fa e ha aumentato la flessibilità in uscita, diminuendo la disoccupazione (da 5 a 2,7 milioni in cinque anni). L’imprenditore che decide di lasciare a casa un dipendente, però, deve prima comunicarlo al consiglio di azienda. Se il sindacato riterrà fondato il provvedimento, il dipendente ha diritto di rimane al suo posto fino al termine del processo. Se poi il giudice dovesse stabilire che l’allontanamento dall’azienda è avvenuto in maniera ingiustificata, l’imprenditore ha l’obbligo di reintegrare il dipendente in organico. Nel caso in cui non ci fossero le condizioni per proseguire la collaborazione e il dipendente volesse rinunciare al reintegro, rimane il diritto a un indennizzo.

Anche in Francia è più difficile concludere un rapporto di lavoro per un’azienda. Generalmente il lavoratore che viene ingiustamente licenziato ha diritto a indennizzi che variano a seconda dei criteri di legge. Hanno avuto una grande eco mediatica le decisioni di tre tribunali locali che, lo scorso autunno, hanno annullato i progetti di delocalizzazione di tre aziende transalpine. Quelli che i francesi chiamano “licenziamenti della Borsa”, ovvero decisi dai vertici aziendali che vogliono portare altrove la produzione per aumentare i profitti, sono stati, per la prima volta, considerati illegittimi e le aziende sono state costrette a riassumere i lavoratori licenziati. La vicenda, adesso, passa alla Corte di Cassazione di Parigi.

Nel Regno Unito non esiste una vera e propria contrattazione collettiva, sia in ambito pubblico che privato, e il licenziamento dei sudditi di sua Maestà è sicuramente più facile rispetto all’Italia. Sono state introdotte delle clausole per i licenziamenti senza giusta causa, visto che i dipendenti possono ricorrere al tribunale e ottenere un indennizzo, anche se accade di rado.

La Spagna in questi giorni è travolta dallo sciopero generale indetto dai due più grandi sindacati spagnoli (Ugt e Ccoo), per protestare proprio contro la riforma del mercato del lavoro promossa dal premier Mariano Rajoy. Per contrastare la disoccupazione, che in Spagna tocca il livello più alto d’Europa (23%), il governo in carica da cento giorni ha introdotto maggiore flessibilità nei licenziamenti. Nello specifico licenziare sarà più semplice e meno costoso per le aziende che potranno anche tagliare unilateralmente i salari.

Completano il quadro gli Stati Uniti d’America. Tradizionalmente in Usa vale il principio secondo cui l’imprenditore può licenziare i suoi dipendenti senza troppi complimenti, a piacimento (“at will”) e senza restrizione alcuna. Una norma spesso presa ad esempio dai liberisti europei come un riferimento ideale. In realtà nel corso degli anni sono stati posti dei vincoli a livello federale. In buona sostanza è illegittimo il licenziamento di un lavoratore che si sia rifiutato di andare contro la legge, o un licenziamento discriminatorio per ragioni legate alla razza, alla fede religiosa o al credo politico. Curiose alcune leggi statali come quella che nel Michigan vieta l’allontanamento dal posto di lavoro per questioni legate all’altezza e peso corporeo; il Montana, invece, è uno degli Stati in cui la tutela per il lavoratore è maggiormente sviluppata. In ogni caso, comunque, anche se si trattasse di licenziamento illegittimo il lavoratore statunitense viene risarcito in denaro e non con il reintegro.