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"Licenziata per un post, incarcerata per i braccialetti. Questo è Lukashenko"

Yuliya durante una manifestazione (Photo: Yuliya Yukhno/ Instagram)
Yuliya durante una manifestazione (Photo: Yuliya Yukhno/ Instagram)

“Posso di nuovo sventolare la nostra bandiera senza paura di essere arrestata. Vale molto poterla premere contro il mio petto”. Yuliya Yukhno, 32 anni, annuncia così sul suo profilo Instagram la partenza dalla Bielorussia. Una scelta forzata, quella di andarsene: la seconda volta che è stata arrestata, infatti, Yuliya aveva capito che per lei non sarebbe mai finita. Il regime di Alexander Lukashenko la considera una dissidente e per questo potrebbe farsi fino a 8 anni di carcere.

La storia di questa ragazza di Minsk risale allo scorso maggio: “Mi hanno licenziato per un post che ho messo su Instagram - dice Yuliya intervistata dall’Huffpost - Lukashenko aveva detto che il Covid non esisteva e il 9 maggio ha fatto una parata militare per ricordare la vittoria durante la seconda guerra mondiale. Su Instagram ho scritto che non era vero e ho fatto riferimento al nostro presidente scrivendo “che vergogna”. Il giorno dopo l’azienda per cui lavoravo mi ha licenziato”. Da tempo Yuliya utilizza il social come veicolo di un pensiero che accomuna molti giovani bielorussi. La loro voce e la necessità di opporsi una volta per tutte al regime autoritario dell’ “ultimo dittatore d’Europa” - così è stato soprannominato Lukashenko - si sono fatte sentire nelle manifestazioni della scorsa estate. Dopo le elezioni presidenziali e la sesta riconferma a presidente, Lukashenko ha cercato di sopprimere le proteste e imbavagliare gli oppositori. Ancor prima, poi, ha fatto terra bruciata intorno a possibili candidati in corsa: ”Il 29 maggio è stato arrestato il marito di Svetlana Tikhanovskaya, portato in carcere ancor prima di poter partecipare alla campagna elettorale. Il 18 giugno è stato arrestato un altro candidato e la gente è scesa in strada a manifestare. Non era una vera e propria manifestazione ma era più per solidarietà. La Tikhanovkaya ha iniziato la sua campagna elettorale prendendo il posto del marito. Abbiamo votato ma ancora una volta c’è stato un broglio e Alexander Lukashenko è stato riconfermato presidente”.

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Yuliya, che a quelle manifestazioni ha partecipato, voleva fare qualcosa di più: “Da settembre per solidarietà ho iniziato a fare braccialetti con la bandiera della Bielorussia, bianca rossa e bianca, i colori della bandiera storica che oggi viene considerata il simbolo degli oppositori. Li avevo chiamati i braccialetti del cambiamento”. Ne ha fatti più di 90 e ha cominciato a distribuirli nei quartieri di diverse città finché non è stata arrestata.

Era febbraio la prima volta in cui è finita in una cella con l’accusa di evasione fiscale: “Per fare questi braccialetti dovevo avere la partita Iva - continua la ragazza - non volevo aprirla perché le tasse avrebbero finanziato la polizia e la polizia picchia le persone. La prima volta sono stata una settimana. Non avevamo letti o il riscaldamento, fuori facevano -25 gradi, ed eravamo in quindici in una camera da 5″. Una settimana dopo è stata rilasciata ma Yuliya ha continuato a fare attivismo e a manifestare così a luglio è stata di nuovo arrestata: “Sono arrivati a casa mia gli agenti del Kgb. Hanno bussato alla porta e per due ore non ho aperto. Alla fine sono entrati in casa mia dicendomi che se non fossi stata zitta sarei rimasta in prigione per anni”.

Dopo essere stata trasferita dalla sede del Kgb al carcere, Yuliya è rimasta dentro per quindici giorni, anche questa volta in una cella troppo piccola per contenere tutti: “Eravamo diciotto in una stanza da quattro”. Per lei non c’era altra soluzione che andarsene dalla Bielorussia, dove ancora oggi vivono i suoi genitori e le due sorelle. “Dopo il secondo arresto ho continuato a fare attivismo, partecipando a eventi online e raccontando le cose che stavano succedendo in Bielorussia. Potevano arrestarmi da un giorno all’altro e tenermi dentro per anni”.

“Incriminata per essere patriota e non schiava, per avere il coraggio di parlare” scrive su Instagram. Si è rifugiata prima in Polonia poi è scesa in Italia: “Conoscevo questo Paese perché ci ero stata spesso negli anni in cui facevo la modella”. Si è unita all’associazione Bielorussi in Italia “Supolka” e oggi gira di città in città - Trento, Milano, Crema, Torino, Roma - per informare e scuotere le coscienze su cosa sta succedendo nel suo Paese. Lo stesso che, nell’ultimo mese, è stato al centro di una grave crisi migratoria al confine con la Polonia in un gioco a pedine in cui Lukashenko fa leva con i migranti sull’Unione Europea affinché elimini le sanzioni. “La situazione sta peggiorando ogni giorno di più. Oggi i prigionieri politici sono 887″ conclude Yuliya.

Questo articolo è originariamente apparso su L'HuffPost ed è stato aggiornato.