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L'intrigante soap fra Greco e Davigo. Per chi si è perso qualche puntata

Francesco Greco, Paolo Storari, Piercamillo Davigo (Photo: Ansa)
Francesco Greco, Paolo Storari, Piercamillo Davigo (Photo: Ansa)

Se non fosse che c’è di mezzo la reputazione (che negli ultimi anni ha subito ferite dure a guarire) di una categoria, se non fosse che la materia è serissima e la dice lunga su tutto un sistema, ci sarebbe da guardare allo scontro tra Francesco Greco e Piercamillo Davigo con lo stesso interesse con cui si assiste all’ultima stagione di una soap opera particolarmente appassionante. Perché sì, sembra davvero di essere di fronte a uno psicodramma che si consuma dentro e fuori gli uffici delle procure. Le stesse nelle quali il procuratore capo di Milano, prossimo alla pensione, e l’ex consigliere del Csm, in congedo da qualche mese (dopo una battaglia non da poco), hanno vissuto tutta la loro carriera. Sono lontani, non solo da un punto di vista cronologico, i tempi di Mani Pulite. E i due ex colleghi ora sono ai ferri corti e, sembrerebbe, nemici. La querelle nasce a Milano per poi trasferirsi tra Roma e Brescia. Tutto parte dalle dichiarazioni di Piero Amara, sull’esistenza su una presunta loggia detta Ungheria, uscite irritualmente dalla procura milanese in direzione del Csm e arrivate sottobanco alla stampa.

Siccome non siamo di fronte a una serie tv, ma davanti a una serie infinita di veleni che sono cartina di tornasole di un ingranaggio in sofferenza - se non proprio di una strana resa dei conti - vale la pena ripercorrere lo scontro che ha infuocato la procura di Milano e, di riflesso, i più alti palazzi del potere giudiziario. E che ha avuto sviluppi ulteriori negli ultimi giorni, dopo che in un’intervista al Corriere della Sera Greco ha difeso il suo operato, lanciato accuse neanche troppo velate nei confronti dell’ex collega, e cantato le lodi della sua procura. La risposta di Davigo non si è fatta attendere, e i toni non sono stati propriamente concilianti.

Tutto parte, lo ricordiamo, da alcuni verbali. Contenevano le dichiarazioni che Amara - avvocato esterno dell’Eni nonché autore di svariate esternazioni, alcune rivelatesi prive di fondamento, davanti a più procure italiane - aveva reso al pm milanese Paolo Storari, a dicembre 2019. In quelle carte Amara narrava l’esistenza di una presunta Loggia segreta, detta Ungheria, della quale avrebbero fatto parte vari uomini delle istituzioni, tra cui il consigliere del Csm - e fino qualche tempo fa - molto vicino a Piercamillo Davigo. Cosa succede dopo queste dichiarazioni? La tesi di Storari - smentita da Greco, che sostiene di essersi attivato per tempo - è che lui voleva che fossero immediatamente riscontrate, perché potenzialmente dirompenti, e ha chiesto al suo capo, Greco, di aprire un fascicolo sulla questione. Infastidito e “preoccupato” da quella che asseriva essere un’inerzia del vertice, cosa ha fatto Storari? Ha preso questi verbali e, con una mossa del tutto irrituale, invece di seguire la procedura formale che avrebbe portato il caso in maniera trasparente davanti all’ufficio di presidenza del Csm, li ha dati a Davigo, che ai tempi - parliamo di aprile 2020 - ancora era consigliere. Si trattava di atti chiaramente coperti da segreto, che non sarebbero dovuti uscire dalla procura. O, almeno, non in questo modo. Ora, cosa fa Davigo con questi atti? Li conserva nel suo ufficio, con l’intenzione di interessare della questione l’ufficio di presidenza. Poi però l’ex pm di Mani Pulite va in pensione gli atti restano lì, nel caso in cui, dirà ai colleghi che lo stanno indagando per rivelazione del segreto d’ufficio, servissero alla presidenza. Il problema, però, è che questi atti che dovevano essere custoditi con cura, stando a quanto emerge dalle ricostruzioni, non sono rimasti poi così segreti. Davigo ha smentito di aver mostrato le carte al presidente della Commissione antimafia Nicola Morra ma ha confermato di aver reso edotti della questione il vicepresidente del Csm, Davide Ermini, e il procuratore generale della Cassazione, Giovanni Salvi.

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Piccolo (ulteriore) problema: questi verbali non firmati, già arrivati a Roma seguendo modalità bislacche, sono usciti dal Palazzo di piazza Indipendenza. E sono arrivati alla stampa, a Repubblica e al Fatto Quotidiano in particolare, che, notando la mancata sottoscrizione hanno deciso di non darne notizia. La questione, però, è diventata di dominio pubblico quando queste carte sono arrivate, sempre per posta, sempre da fonte anonima, anche a Nino Di Matteo. Il consigliere del Csm ha sollevato il caso davanti al plenum ad aprile 2021.

Ma chi ha fatto uscire dei verbali tanto scottanti? Chi sperava che con la notizia della presunta Loggia Ungheria aprissero alcuni dei principali giornali? Per questa ulteriore fuga è indagata a Roma Marcella Contrafatto, segretaria di Davigo al Csm. L’ex consigliere ha spiegato di non aver mai detto alla donna dell’esistenza di questi documenti ma, secondo quanto emerge dai verbali dell’interrogatorio diffusi in questi giorni, le aveva chiesto di non far entrare nel suo ufficio Ardita, perché non lo riteneva più affidabile. Ora, la Contrafatto respinge le accuse ma Giulia Befera, assistente di Davigo, ha dichiarato ai pm romani che indagano sulla fuga di notizie che la collega le avrebbe detto “che sarebbe stato bello ed eclatante se avesse avuto clamore mediatico la vicenda relativa ai verbali, alla loggia e al fatto che Davigo sapesse e avesse informato la presidenza del Csm e il presidente della Repubblica, venendo ripagato con la mancata riconferma”.

Si indaga a Roma e, dicevamo, si indaga a Brescia. Non solo la posizione dell’ex consigliere del Csm è al vaglio degli inquirenti. Sotto inchiesta Paolo Storari rivelazione del segreto d’ufficio, mentre Francesco Greco è indagato per omissione d’atti d’ufficio. Per aver ritardato l’inchiesta sulle dichiarazioni di Amara. Storari è stato però discolpato da un punto di vista disciplinare: la procura generale della Cassazione aveva chiesto che fosse trasferito, ma il Csm all’inizio di agosto 2021 ha deliberato che non c’erano ragioni per un cambio di sede. In questa crepa tra Storari e Greco si sono inseriti gli altri pm di Milano. La stragrande maggioranza di loro si è esposta dalla parte di Storari. Poco prima che il Csm si pronunciasse sull’eventuale trasferimento, i magistrati nel documento affermavano che “esclusa ogni valutazione di merito”, la loro serenità non era “turbata dalla permanenza del collega”. Segno di vicinanza nei confronti di Storari, non c’è dubbio. Ma soprattutto, una presa di distanza dal procuratore capo. La risposta di Greco non si è fatta attendere: “Altro è difendersi, altro è lanciare gravi ed infondate accuse, dopo essere venuti meno ai più elementari principi di lealtà nei confronti di chi ha la responsabilità di dirigere un ufficio, non astenendosi, tra l’altro, da una indagine su un fatto in cui si è personalmente coinvolti”.

Era fine luglio, l’estate fioriva, la polemica un poco si placava. Ma a riaccendere i toni è arrivata, inaspettata, l’intervista di Greco al quotidiano di via Solferino: “Una cosa è sicura: l’uscita (dei verbali, ndr) era nell’interesse di Davigo che non si è preoccupato assolutamente della sorte del procedimento e quando ha lasciato il Csm quei verbali li ha abbandonati. Fatto imbarazzante”. Un’accusa mica da poco, alla quale Davigo ha ribattuto alzando la posta: “Il prestigio della magistratura si difende rispettando la legge e non violandola. Greco ha violato la legge, perché la legge dice che l’iscrizione doveva avvenire immediatamente e non lo ha fatto”, ha detto a La7. E ancora, in riferimento alla sua vicenda giudiziaria, “se sono state fatte affermazioni calunniose, chi le ha fatte ne risponderà”. Se non è una dichiarazione di guerra, poco ci manca.

Intanto da Brescia arrivano ancora novità. Greco si augurava che la sua posizione fosse archiviata, ma per il momento il suo auspicio non sembra corrispondere ai fatti. Il filone dell’inchiesta che lo riguarda si arricchisce di un nuovo indagato: Laura Pedio, la procuratrice aggiunta che con Storari si occupava di Amara. Anche per lei l’accusa di omissione d’atti d’ufficio. L’estate sta finendo, questa intricata vicenda sembrerebbe proprio di no. E a giudicare dagli ultimi risvolti, chi si aspetta che i toni si abbassino resterà deluso.

Questo articolo è originariamente apparso su L'HuffPost ed è stato aggiornato.

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