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Lontana e pure povera. Per i giovani la pensione è un incubo

Multi-ethnic group of people in formal businesswear standing and talking (Photo: pixelfit via Getty Images)
Multi-ethnic group of people in formal businesswear standing and talking (Photo: pixelfit via Getty Images)

L’ultimo pensiero di un ventenne è andare in pensione. Non sa neanche se troverà un lavoro, lasciarlo per anzianità sembra un momento irraggiungibile. E però gli esperti dicono che ci si dovrebbe pensare presto. Nonostante le riforme che si sono susseguite abbiano alzato sempre di più l’età per la pensione, fino a 67 anni, rimandando l’arrivo all’agognato traguardo, e anche peggiorandone l’idea, questa è una questione da giovani.

Se si inizia a risparmiare per la pensione a 20 anni ad esempio, l’investimento potrebbe ammontare anche a meno di 100€ al mese. Se già si aspettano i 30, la somma inizia a salire, e aumentando via via l’età, sale anche l’importo da versare per ottenere in futuro lo stesso risultato. Quando si tratta di investimenti, infatti, un elemento fondamentale è il tempo. Più si ha a disposizione un lungo orizzonte temporale, più crescerà il capitale investito.

L’Italia e il sistema delle pensioni

Il sistema pensionistico italiano funziona secondo il criterio della ripartizione: ogni anno i contributi versati dai lavoratori attivi si utilizzano per pagare le pensioni di quelli a riposo. L’Italia è uno dei paesi con la speranza di vita più alta, 82,3 anni nel 2020, secondo i dati raccolti dall’Istat, e in cui entro il 2040 gli over 60 raggiungeranno il 39,4% della popolazione totale secondo l’Ocse.

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Un paese in cui quindi la forza lavoro cala mentre la spesa per le pensioni aumenta. E i giovani sono svantaggiati perché non riescono a entrare subito tra le file della forza lavoro. Non per colpa loro ma perché, nonostante siano più formati delle generazioni precedenti, entrano in un mercato del lavoro molto cambiato, in cui prevalgono situazioni di incertezza economica, precarietà e bassi salari.

Tutto questo incide anche sulle pensioni. Prendendo in considerazione l’ipotesi in cui ci saranno più pensionati che lavoratori, se il sistema pensionistico rimanesse invariato, lo stato non avrebbe la possibilità di garantire a tutti l’assegno mensile. Il tasso di sostituzione infatti, che è il rapporto tra la pensione e l’ultimo reddito, nei prossimi anni si abbasserà. Secondo i calcoli della Ragioneria dello Stato, se oggi la pensione copre tra l′80% e il 90% dell’ultimo reddito, tra dieci anni i lavoratori dipendenti dovranno fare i conti con il 60-70% sull’ultima retribuzione e quelli autonomi con il 40-50%.

Per i giovani si aggiunge così un’altra incombenza mentre sono alle prese con le preoccupazioni per entrare nel mondo del lavoro. Dato che l’impiego potrebbe non bastare più a garantire una pensione dignitosa, sembra conveniente iniziare a investire i primi risparmi, appena si inizia a lavorare, proprio in vista, un giorno, di andare in pensione.

Due simulazioni

Attraverso l’Ufficio di prevenzione della società di consulenza finanziaria Io Investo, è possibile fare alcune simulazioni su quando un giovane che inizia oggi a lavorare andrà in pensione e a quanto ammonterà.

Immaginiamo una persona di 25 anni, finita l’università, che trova oggi un impiego in un’azienda metalmeccanica e inizia a percepire un reddito medio annuo di 20.000€. Se, in uno scenario positivo, il salario cresce del 2% in modo costante fino alla pensione, senza alcun buco contributivo, potrebbe contare su un reddito finale di 45.000€. La prima data utile è il 2063. Nonostante però una carriera stabile il tenore di vita dell’ormai 67enne subirà una notevole contrazione. Con questo tasso di sostituzione, o gap previdenziale, dovrà rinunciare a 524€ al mese rispetto al suo ultimo stipendio, che in un anno corrispondono a 6.288€.

Ufficio Studi Io Investo (Photo: Ufficio Studi Io Investo)
Ufficio Studi Io Investo (Photo: Ufficio Studi Io Investo)

Se si assume invece il caso di una persona di 25 anni che trova oggi un lavoro come collaboratore con Partita IVA e inizia a percepire lo stesso reddito medio lordo di 20.000€, qualcosa cambia. Sempre in uno scenario positivo, il reddito cresce del 2% annuo in modo costante fino alla pensione: il lavoratore potrebbe contare su un reddito finale lordo di 48.757€. La sua prima data utile di pensione sarà però molto in là con gli anni, nel 2067. Nonostante una buona carriera, la contrazione del reddito in pensione sarà notevole: la pensione ammonterà infatti a 26.505€, quasi un terzo in meno.

Ufficio Studi Io Investo (Photo: Ufficio Studi Io Investo)
Ufficio Studi Io Investo (Photo: Ufficio Studi Io Investo)

Investire in un fondo pensione

“Il sistema di previdenza è basato sulla ripartizione, ma oggi il rapporto tra lavoratori e pensionati non è più in equilibrio come anni fa”, spiega ad Huffpost Danilo Zanni, fondatore di Io Investo SCF, società di consulenza finanziaria. “La disoccupazione è aumentata, si va in pensione più tardi e con meno soldi, ma qualcosa si può fare” - dice Zanni - “lo stato infatti fornisce delle agevolazioni per prevenire e tamponare la situazione di svantaggio in cui il lavoratore si troverà dal punto di vista del welfare sociale”.

Come primo caso Zanni fa riferimento a un lavoratore dipendente, che ha dunque diritto al TFR, il trattamento di fine rapporto, conosciuto anche come liquidazione o buonuscita. “Se quel TFR non viene utilizzato come liquidazione, e quindi tassato in base al reddito, ma lo si inserisce in un piano di previdenza, verrà detassato”, spiega. “Il TFR nel fondo pensione è tassato dal 15 al 9% in base agli anni di adesione, quindi per un giovane basta una firma e in un’ottica di 40 anni di lavoro si tratta di 20 o 30mila euro che potrà ritrovarsi alla fine della carriera”. Oltre al TFR si può versare un contributo volontario nel fondo pensione che, come spiega Zanni, insieme a quelli versati da parte dei datore di lavoro, sono deducibili dalle tasse. “Già con queste accortezze, con un fondo in cui si inizia a investire da subito, i giovani potranno accorciare di molto, certo non del tutto, lo spazio del gap previdenziale”.

Secondo Zanni “non appena si inizia a lavorare bisogna cominciare a informarsi per investire in fondi pensione e questo vale anche per i lavoratori a partita IVA”. Chi lavora con la partita IVA però, ad esempio, non ha il TFR o il versamento del datore di lavoro. “La previdenza in questo caso si mischia con altre condizioni fiscali più complesse” - spiega - “il lavoratore a partita IVA però ha dalla sua che il proprio reddito è deducibile, quindi chi ha un buon reddito lo recupera anche al 43%”.

Da consulente finanziario, Zanni consiglia un fondo pensione sempre: “il fondo pensione assicura una rendita costante, altri investimenti no, o meglio in questi casi il guadagno deriva dal rendimento medio, però di certo sono più esposti alle condizioni esterne del mercato, chi investe si scopre a più rischi”.

Danilo Zanni (Photo: Io Investo)
Danilo Zanni (Photo: Io Investo)

Questo articolo è originariamente apparso su L'HuffPost ed è stato aggiornato.