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Mercati deboli: tutti aspettano Trump per muoversi

La giornata è tutta focalizzata sull'evento di stasera (18 ora italiana) e cioè l'insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca come 45esimo presidente degli Stati Uniti d'America.

Nell'attesa, i mercati hanno confermato il comportamento classico che si tende ad avere in queste occasioni, la calma piatta, salvo poi riprendersi (per modo di dire viste le cifre frazionali) alla fine della mattinata. La conferma arriva dai numeri offerti sia da Piazza Affari che poco prima delle 13.30 segnava lo 0,0,6% che dal resto d'Europa con un saldo di 0,1% per il Cac40 di Parigi, mentre il Ftse 100 e il Dax continuavano a soffrire la debolezza rispettivamente con un passivo di 0,06% e di 0,05%.

Yellen&Co

Ma l'attesa non esclude alcuni elementi di considerazione. Primo fra tutti, vista l'attesa che arriva dagli Usa, impossibile non guardare a quanto detto da Janet Yellen. Nel (Londra: 0E4Q.L - notizie) suo intervento all'Università di Stanford ha sottolineato come la ripresa statunitense sia in fase di rafforzamento, il che, in teoria, avrebbe dovuto aumentare la pressione sul biglietto verde, il quale, invece, è in calo arrivando a 1,0629 sull'euro mentre il dollaro yen registra 115,326. Come mai? Semplicemente perché la stessa Yellen ha ribadito nuovamente la necessità di una politica che deve restare prudente mentre l'andamento delle successive strette sui tassi non potrà essere scandito con esattezza vista la presenza di numerose variabili. E' bastato questo ai sostenitori del superdollaro per fare qualche passo indietro. Ancora di più visto che lo stesso Trump, in netta collisione con la view della Yellen, ha più volte ribadito la necessità di riprendere la strada della normalizzazione. Ma non è detta l'ultima parola: mai come in questo caso i discorsi, in particolare quello di insediamento, sembrano avere il potere di determinare l'andamento delle valute. Una politica particolarmente protezionista, rimarcata ulteriormente, potrebbe permettere un ritorno della forza sulla divisa statunitense. Una cattiva notizia per la direzione protezionista della nuova amministrazione, almeno secondo quanto recentemente dichiarato a Davos da Noriel Roubini il quale non ha esitato ad unirsi al coro dei detrattori del tycoon; il rafforzamento del dollaro, infatti, potrebbe appesantire il settore delle esportazioni creando una vera e propria emorragia sul fronte dei posti di lavoro.

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Il report di Ubs (Londra: 0QNR.L - notizie)

Resta, intanto, l'impronta di base che vuole ancora qualche striscia di non certo velato ottimismo soprattutto da parte delle fasce di reddito più alte, interpellate da Ubs nell'ambito di una ricerca: il 58% degli intervistati si è dichiarato ottimista, vedendo in Trump un punto a favore di una politica notevolmente business-friendly e di una semplificazione del processo legislativo e fiscale. Prima delle elezioni la percentuale non arrivava al 39%. Le intenzioni del tycoon, infatti, prevedono un taglio estremo delle aliquote fiscali, a tutto svantaggio delle entrate per le casse dello stato con inevitabile indebitamento pubblico. Ma questo non spaventa gli investitori: sempre secondo il report Ubs, infatti, il 68% degli interpellati, forse influenzati dal rally post elettorale, si è dichiarato ottimista sui rendimenti azionari; in questo caso la percentuale precedente alle elezioni era del 25%.

Le politiche fiscali risultano essere un elemento che potrebbe peggiorare il debito Usa, già di per sé ai record storici, in virtù dell'altro punto forte del programma di Trump, i corposi investimenti nelle infrastrutture contro i quali si sono già espressi i rappresentanti repubblicani (la maggioranza) del Congresso. Ecco perciò le prime incertezze in arrivo: che Trump riesca, o meno, a portare a termine il suo programma, inviso persino ai suoi colleghi di partito.

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