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Oceani caldi, accumulano ogni secondo energia pari a 7 bombe atomiche

View on a rough sea, with waves of the open ocean from a boat. Dramatic landscapes of the Atlantic Ocean. (Photo: piola666 via Getty Images)
View on a rough sea, with waves of the open ocean from a boat. Dramatic landscapes of the Atlantic Ocean. (Photo: piola666 via Getty Images)

(di Giulio Nespoli)

Negli ultimi anni si sono moltiplicate le notizie di uragani anomali e, pochi giorni fa, abbiamo scoperto che nel circolo polare artico le tempeste di fulmini, finora molto rare, sono diventate frequenti. Tutti fenomeni che hanno a che fare con l’aumento dell’umidità nell’aria, cioè con la crescita del calore che fa evaporare le acque. Ora arriva una ricerca che sintetizza il fenomeno con un numero. Nel 2021 gli oceani hanno accumulato ogni secondo una quantità di energia pari a quella sprigionata da sette bombe atomiche.

A dirlo è uno studio internazionale firmato da 23 ricercatori di 14 istituzioni tra cui l’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia e l’Enea. La ricerca (“Another record: Ocean warming continues through 2021 despite La Niña conditions”) è stata pubblicata sulla rivista Advances in Atmospheric Sciences. E sottolinea un altro aspetto sorprendente: il nuovo record è stato registrato nel 2021 che è stato anche l’anno della Niña, un fenomeno che raffredda la superficie dell’oceano Pacifico limitandone il riscaldamento.

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Lo studio spiega come l’accentuarsi del trend del caldo investa ormai non soltanto la parte più superficiale delle acque: “I 2.000 metri superiori di tutti gli oceani hanno assorbito un’energia pari a 145 volte la produzione mondiale di elettricità del 2020”. Un fenomeno che comporta il rischio di una serie di conseguenze negative dal punto di vista dell’accelerazione della crisi climatica.

Una delle più gravi è la possibilità che gli oceani si trasformino da spugne di carbonio in emettitori. Attualmente i mari assorbono dal 20 al 30% delle emissioni di anidride carbonica di origine umana, ma questa capacità si sta riducendo e c’è la possibilità che il meccanismo venga invertito facendo sì che la quantità di anidride carbonica emessa sia maggiore di quella assorbita. Sarebbe una delle conseguenze della progressiva acidificazione degli oceani. Il processo, legato alla sempre maggiore quantità di CO2 catturata, può portare le acque a un tale livello di acidità da costituire una minaccia per buona parte degli animali marini, causando una micidiale accelerazione della perdita di biodiversità.

Rischi sottolineati da uno degli autori dello studio, Michael Mann, docente alla Pennsylvania State University e climatologo di fama mondiale: “Fino a quando non raggiungeremo le emissioni nette zero, il riscaldamento continuerà e continueremo a battere i record di calore oceanico, come abbiamo fatto quest’anno. Una maggiore consapevolezza delle dinamiche degli oceani è la base per le azioni necessarie a combattere il cambiamento climatico”.

I ricercatori hanno lanciato un allarme anche per il Mediterraneo: ”È il mare che si scalda più velocemente”. Il caldo micidiale in Sicilia della scorsa estate (con temperature che hanno sfiorato i 49 gradi stabilendo il record assoluto in Europa), la pioggia devastante in Liguria, i fenomeni estremi (medicaines, cioè uragani del Mediterraneo) che in autunno hanno colpito ancora una volta la Sicilia, dimostrano che le conseguenze della crisi climatica sono sempre più evidenti e più frequenti.

Questo articolo è originariamente apparso su L'HuffPost ed è stato aggiornato.

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