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Ostacoli tosti tra rimbalzo ed inversione

La settimana centrale del mese di febbraio si è occupata del difficile compito di risollevare il morale della truppa degli investitori, pesantemente abbattuto dal fenomenale rigurgito di volatilità che dal 29 gennaio al 9 febbraio ha fatto perdere al principale indice USA SP500 i tre quarti del bottino rialzista accumulato nella lunga cavalcata senza tentennamenti che lo ha impegnato da agosto dello scorso anno fino a fine gennaio.

Si è trattato di una perdita di oltre il 10%, che ha trascinato in negativo la performance del 2018 e fatto venire finalmente a galla il problema della sostenibilità di quel rialzo, basato sulla convinzione che il taglio delle tasse di Trump avrebbe portato una prosecuzione della “Goldilocks Economy” per chissà quanto tempo.

Invece è bastato che i rendimenti obbligazionari americani subissero un’accelerazione fino a quasi il 3% sul Treasury decennale per risvegliare dal sogno gli investitori e costringerli a prendere in considerazione l’andamento futuro dell’inflazione, che le politiche “mani bucate” di Trump potrebbero rinfocolare molto più rapidamente e significativamente delle recenti aspettative degli investitori, ormai avvezzi, a causa delle inondazioni di liquidità delle banche centrali, a vivere in un mondo senza inflazione e senza rendimenti.

Lo shock è stato molto duro, ma, come ci insegna la storia dei mercati, neanche le peggiori inversioni ribassiste avvengono senza rimbalzi.

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Perciò ecco presentarsi, dopo il rande storno, i cacciatori di monnezza, come io chiamo gli investitori che amano comprare a saldo, sulla debolezza, poiché confidano nell’assioma continuamente pubblicizzato dal mondo del risparmio gestito e dell’industria della consulenza “dipendente”: nel lungo periodo i mercati salgono sempre. Una sorte di inevitabile magnetismo opera nei mercati finanziari, obbligati a salire all’infinito, salvo momenti di temporanea correzione, che permettono al toro di riposarsi un attimo e riprendere poi l’inevitabile cammino rialzista.

Ovviamente questa è una bufala. O, meglio, è una mezza verità. Che nella storia i mercati azionari prima o poi siano sempre riusciti a segnare sugli indici valori superiori ai precedenti massimi, è un dato di fatto e rappresenta semplicemente la conseguenza del progresso economico secolare della storia dell’umanità. Ma instillare la certezza che le correzioni debbano necessariamente esaurirsi nello spazio angusto del breve-medio periodo (qualche mese, pochi anni) è intellettualmente disonesto, perché ignora le situazioni del passato in cui indici di primaria importanza sono stato “sott’acqua” per molti anni. Cito per l’Americano SP500 il periodo 1929-1954 (25 anni), l’indice Nikkei giapponese, che è tutt’ora ben al di sotto dei 38.957 punti del suo massimo storico, segnato l’ultima seduta di borsa del 1989, oltre 28 anni fa!! Anche il nostro Ftse-Mib sta attraversando un periodo piuttosto lungo (18 anni) al di sotto dei suoi massimi storici di 33.753 punti, toccati nel marzo 2000 e mai più rivisti.

Ma, nonostante l’evidenza ci dica che i mercati possono stare sott’acqua molto più di quanto la pazienza dell’investitore possa resistere, i cacciatori di monnezza sono una specie di investitori che popola abbondantemente i mercati.

Anche stavolta sono ritornati, riuscendo a far recuperare all’indice USA, dalla seconda metà della seduta di venerdì 9 febbraio e per tutta la scorsa settimana, oltre la metà del terreno perso durante la violenta correzione. SP500 ha disegnato una candela settimanale rialzista che appare completamente inglobata all’interno della lunga candela ribassista segnata la settimana precedente.

Il rimbalzo è evidente e non può certo essere snobbato. Tuttavia credo che al momento non basti ancora per decretare lo scampato pericolo e annunciare il probabile ritorno ai massimi, cancellando con un colpo di spugna tutte le incertezze prepotentemente emerse solo la settimana precedente.

Per farlo dovremo assistere ad una prosecuzione convinta del recupero, che riesca ad oltrepassare il massimo della nera candela settimanale precedente. Questo livello è a quota 2.763. non è forse un caso che venerdì scorso l’indice abbia tentato di avvicinarsi, arrivando a 2.754. Ma qui i venditori si sono fatti più aggressivi ed hanno ricacciato indietro i compratori, complice anche la falsa rottura dei massimi relativi da parte dell’EUR/USD, che al mattino ha superato il precedente massimo di 1,2537, portandosi fino a 1,2557, prima di ripiegare pesantemente intorno a quota 1,24.

Il rafforzamento del dollaro ha tolto così un po’ di convinzione a SP500, che a fatica è riuscito a chiudere in positivo la sesta seduta consecutiva. Non c’è riuscito il tecnologico Nasdaq100, che ha dovuto accusare il segno negativo nell’ultima seduta della settimana.

Le borse europee hanno così potuto approfittare dell’indebolimento dell’euro per ridurre un po’ la loro sottoperformance rispetto agli indici USA, che rimane ancora notevole. Infatti il recupero dai minimi di Eurostoxx50 è riuscito solo per un terzo del percorso fatto a ritroso nei giorni terribili di correzione, mente SP500 ha recuperato oltre metà. Ancor peggio il tedesco Dax, che non è ancora riuscito a recuperare un terzo del ribasso. E’ andato un po’ meglio invece il nostro Ftse-Mib, che ha recuperato circa il 40% del terreno perduto nella correzione ed ha mostrato una certa voglia di riportarsi in area 23.000 punti, dopo essere scivolato il 14 febbraio anche sotto i 22.000.

Oggi non dovremmo assistere a nulla di eclatante, dato che la borsa americana resterà chiusa per la festa del Presidente Washington. Le borse europee, orfane di Wall Street, tenteranno probabilmente di proseguire nell’allungo, ma domani verranno riportate all’ovile dal pastore Wall Street.

La partita importante si giocherà domani in America. La rottura rialzista convinta di 2.763 toglierebbe ogni dubbio sulle intenzioni di tornare ai massimi, mentre una flessione darebbe convinzione ai venditori che quello che abbiamo visto la scorsa settimana è semplicemente un rimbalzo e forse i supporti potrebbero essere rimessi alla prova.

Autore: Pierluigi Gerbino Per ulteriori notizie, analisi, interviste, visita il sito di Trend Online