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Passo falso del G20 sul clima, solo impegni senza tempo

Il ministro della Transizione Ecologia Roberto Cingolani (S)e l'inviato per il clima del presidente Usa  Joe Biden, John Kerry,(C) al lavoro sulla bozza di documento finale, Napoli, 23 luglio 2021. ANSA/UFFICIO STAMPA MITE (Photo: Ufficio stampa MiteANSA)
Il ministro della Transizione Ecologia Roberto Cingolani (S)e l'inviato per il clima del presidente Usa Joe Biden, John Kerry,(C) al lavoro sulla bozza di documento finale, Napoli, 23 luglio 2021. ANSA/UFFICIO STAMPA MITE (Photo: Ufficio stampa MiteANSA)

“Se mi avessero detto quattro giorni fa che avremmo preso 9 e mezzo su 10 sull’ambiente, ci avrei messo la firma. Quando siamo andati via, tutti i ministri hanno fatto congratulazioni molto sincere… È stata una pagina molto buona per il nostro paese”. Roberto Cingolani, madido di sudore dopo 24 ore di trattative al G20 sul clima al Napoli, cerca la forza per mostrare soddisfazione. C’è l’accordo, racconta il ministro per la transizione ecologica in conferenza stampa, su “58 paragrafi del comunicato finale”. In totale sono 60. “Su 2 - ammette - non c’è l’accordo, rimandati al tavolo dei leader in autunno”, la Cop26 che si terrà a Glasgow. Ma si tratta di due punti sostanziali: gli impegni per contenere l’aumento delle temperature nel prossimo decennio massimo di 1 grado e mezzo e i tempi della decarbonizzazione. Su questo il G20 perde India e Cina.

Al termine di una nottata e un’intera giornata di trattative e anche bilaterali, con Cingolani impegnato in prima persona a negoziare con gli altri ministri, uno a uno, mission della presidenza italiana del G20, ci si arrende. Sulla necessità di contenere il riscaldamento globale bel al di sotto dei 2 gradi stabiliti dall’accordo di Parigi - e dunque intorno a un grado e mezzo - si ritrovano l’Europa, gli Usa, il Canada, il Giappone e altri Stati. Più o meno sono “15 su 20” i paesi concordi con questo obiettivo, dice Cingolani. A sera si apprende che i no senza appello sono di Cina e India.

Sebbene anche Russia, Brasile, Indonesia abbiano mostrato resistenze. Tra i ‘frenatori’ anche l’Arabia Saudita, sebbene Riad, economia dipendente dal petrolio, abbia mostrato aperture sulla decarbonizzazione e sullo sviluppo delle energie rinnovabili.

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“È finita che abbiamo scritto nel comunicato finale ‘sotto i 2 gradi, come dice l’accordo di Parigi’”, dice Cingolani esaltando il fatto che nessuno dei paesi contrari “mette in discussione quegli accordi, ormai. Il problema è la scala dei tempi: quando saranno in grado di decarbonizzare. Ma non c’è un paese che abbia messo in dubbio l’accordo di Parigi, perchè tutti vedono le alluvioni, le catastrofi, il punto è che economicamente alcuni rischiano di non farcela”.

L’altro punto di disaccordo su cui le trattative si sono arenate è la decarbonizzazione, appunto. L’Italia con tutta l’Europa, il Canada, gli Usa di Biden, il Giappone spingono per la messa al bando del carbone nel 2025 e l’eliminazione delle altre fonti fossili (gas) man mano che si sviluppano le rinnovabili. Per Cina, India, Russia questo obiettivo è impossibile, così hanno spiegato a Napoli i loro ministri, in costante contatto telefonico con i referenti del governo a Pechino, Nuova Delhi, Mosca.

“Ci sarà una differenziazione di metodi”, allarga le braccia Cingolani. Lui stesso è nel mirino delle associazioni ambientaliste, deluse per la mancanza di un impegno temporale sull’eliminazione del gas da parte del governo Draghi. “Dobbiamo eliminare i fossili, la velocità dipende da quanto siamo bravi a fare la transizione energetica”, insiste il ministro.

Mentre la terra brucia in Canada, mentre le alluvioni portano morte e distruzione in Germania, in Belgio, in Cina, il G20 sul clima non riesce a stabilire tempistiche precise per le politiche di difesa dell’ambiente o quello che è rimasto. Un dato non da poco, visto che i 20 paesi del ‘club’ producono l’80 per cento di Co2 e oltre l’85 per cento del pil a livello mondiale. Cingolani parla comunque di “accordo senza precedenti”, in quanto “per la prima volta il G20 accetta che clima e politica energetica sono strettamente connessi, è un nervo delicato, si tratta di correlarle alle scelte industriali. Ora tutti e 20 sono allineati all’accordo di Parigi, tutti vogliono essere sicuri di raggiungere quei target, solo che Europa, Usa, Giappone, Canada sono intenzionati ad andare più veloce dell’accordo di Parigi”. Basterà?

Questo articolo è originariamente apparso su L'HuffPost ed è stato aggiornato.