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Pensioni, il costo dei ricongiungimenti

Di loro si è parlato poco sino ad ora, ma le attuali regole sulle pensioni li stanno colpendo pesantemente. E l’ultima riforma del settore, voluta dal ministro per il Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, Elsa Fornero, non ha risolto il loro problema. Parliamo dei cosiddetti “ricongiungendi”, quei lavoratori, che hanno posizioni assicurative in gestioni previdenziali diverse, interessati a ricompattare la propria carriera contributiva nella speranza di avere un assegno pensionistico dignitoso. Per loro non sono stati spesi fiumi di inchiostro.

Eppure i ricongiungendi sono anche più numerosi degli esodati, altro complicato neologismo per indicare quei lavoratori che hanno perduto il posto di lavoro a seguito di una ristrutturazione aziendale, di un accordo sindacale o di un accordo economico con il datore di lavoro, contando di poter accedere in breve tempo al trattamento pensionistico. Se il primo gruppo è composto da 600mila persone, il secondo, seppure con le infinite incertezze sul numero preciso, non supera le 400mila. Allo stato attuale, però, mentre sono stati trovati i fondi necessari a tutelare circa 130mila esodati, per i 414mila ricongiungendi mettere insieme i propri contributi resta un’operazione totalmente onerosa.

I costi per chi porta i propri contributi da un’altra cassa all’Inps sono davvero esorbitanti. Secondo i calcoli dell’Istituto nazionale della previdenza sociale si tratta di una cifra totale di circa 2,5 miliardi di euro. Il problema delle spese eccessive per i ricongiungimenti nasce poco più di due anni fa.
Era il 30 luglio del 2010, infatti, quando nell’ambito della manovra estiva dell’allora ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, fu approvata la legge 122.
Nella nuova norma un articolo inserito all’ultimo momento, esattamente il numero 12, ha cambiato radicalmente i termini della questione. Fino ad allora la possibilità di ricompattare i propri contributi, introdotta per la prima volta addirittura nel lontano 1979, era stata a titolo gratuito per tutti. Chi voleva, al momento del pensionamento o anche prima, poteva farne richiesta. Si era deciso di non prevedere nessuna spesa per l’operazione in modo da venire incontro alla differenza nella percentuale dei contributi nei passaggi da pubblico a privato e viceversa.

Poi due anni fa il governo Berlusconi ancora in carica stabilisce che i ricongiungimenti hanno un costo. E con effetto retroattivo al 1° luglio del 2010. Per l’importo del trasferimento si era deciso di adottare il calcolo utilizzato per il riscatto degli anni di laurea. L’esborso reale, però, era equivalente ad aver studiato per venti o trenta anni. Calcolatrice alla mano si superano in alcuni casi i 100mila euro e, nelle situazioni più estreme, si arriva addirittura a 300 o 400mila euro. E poter pagare a rate scaglionate in un periodo di 15 anni non è una grande consolazione se, in pratica, ti ritrovi a restituire di volta in volta il valore della tua pensione.


Il costo della ricongiunzione è il frutto di un preciso calcolo matematico e tiene conto della data di presentazione della domanda, dell’età e del sesso del richiedente e dell’anzianità contributiva totale. E’, in sintesi, la differenza tra due quote di pensione, quella derivata dai soli contributi esistenti nella gestione in cui si vogliono far confluire gli altri contributi e quella comprensiva dei contributi ricongiunti in tale gestione, moltiplicata per il coefficiente di riserva matematica e poi abbattuta del 50 per cento. L’onere dei ricongiungimenti, che possono essere chiesti una sola volta tranne casi particolari, quindi, sarà tanto maggiore quanto più il richiedente è vicino alla pensione. Il pagamento può essere effettuato in unica soluzione, entro 60 giorni dalla data di ricezione del provvedimento. Possibile anche la forma rateale, ma non si può superare la metà dei mesi ricongiunti. Sono previsti un primo versamento di importo pari a tre rate e una maggiorazione di interessi.

Per capire meglio il sistema di calcolo alla base dei ricongiungimenti previdenziali è opportuno fare il confronto con quanto costa riscattare la propria laurea. Un esempio può chiarire le idee. Prendiamo il caso di un lavoratore che ha conseguito la laurea dopo il 1995, anno del passaggio al calcolo contributivo per le pensioni ed esattamente tra il 2000 e il 2004. Con riferimento al reddito degli ultimi 12 mesi, ad esempio 30mila euro, il calcolo sarà pari al 33 per cento, che è l’aliquota applicata, per i 4 anni del corso accademico. Il totale da versare, dunque, è pari a 39.600 euro. Moltiplicate il tutto dalle 5 alle 10 volte e avrete un’idea di quanto possa costare ricompattare la propria carriera contributiva. Riscattare la laurea, inoltre, prevede vantaggi per i giovani laureati e gli inoccupati. Entrambi verseranno un onere basato sul reddito minimo della gestione artigiani e commercianti, ossia su 14.930 euro di reddito. Il 33 per cento è pari a 4.926,90 euro per ogni anno del corso legale di laurea. E’ prevista anche una detrazione fiscale del 19 per cento dell’importo dovuto nel caso il richiedente non abbia un reddito personale. Da questo punto di vista i ricongiungendi, invece, restano a bocca asciutta.

Le regole attuali prevedono ancora la gratuità del ricongiungimento dei propri contributi previdenziali. E’ un caso solo e ben specifico. Il suo nome è “totalizzazione”. In pratica chi non vuole pagare per mettere insieme quanto versato alle diverse casse previdenziali deve passare al metodo contributivo anche se nel 1995, anno della riforma Dini, aveva già versato 18 anni di contributi. Si tratta, insomma, di rinunciare al più vantaggioso sistema retributivo, che calcolava la pensione sulla base dello stipendio degli ultimi anni di lavoro. Chi sceglie questa strada dovrà accontentarsi nella sostanza di un assegno previdenziale mensile inferiore del 40-50 per cento rispetto a quello che potrebbe ottenere con il calcolo vigente nel periodo ante riforma Dini.

Il tema del ricompattare la propria carriera contributiva è stato discusso più volte dal Comitato ristretto della commissione Lavoro. Soluzioni non sono state ancora trovate. Il ministro Fornero sembra voglia caricarsi del problema prima dell’ormai prossima fine della attuale legislatura. L’idea sarebbe quella di far pagare i ricongiungimenti solo a chi ne ottiene vantaggi evidenti ed ha pensioni oltre i 15mila euro al mese. Mentre le speranze si accendono per migliaia di lavoratori, le comunicazioni dell’Inps con le iperboliche richieste di pagamenti continuano ad arrivare. E per molti il Natale rischia di essere più amaro.