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Petrolio: i grandi investitori invertono la rotta. Perchè?

Lo scetticismo sull'oro nero regna sovrano ormai da tempo: troppi i venti contrari che soffiano contro un rafforzamento dei fondamentali (che non si vede), troppe le certezze sulla fugacità di rialzi spinti per lo più da rumors e speranze, troppa la confusione che regna dentro l'Opec così come, tra le altre cose, la forza che stano acquistando i paesi che dall'organizzazione sono esclusi. Intanto le prospettive sull'aumento del costo del dollaro non danno una mano a un mercato sempre più stanco.

Una luce all'orizzonte?

Quello che però si vede all'orizzonte, o meglio si inizia a individuare, è un cambio di rotta che arriva proprio dai grandi investitori i quali, come non accadeva da tempo, hanno deciso di riposizionarsi limitando, e di molto, le posizioni short. I numeri citati da Bloomberg a favore delle scommesse al rialzo lasciano poco spazio alle interpretazioni: i future hanno registrato un aumento del 23% in circa tre settimane. La fiducia arriverebe da un possibile riequilibrio del mercato conseguentemente a a uncalo della sovrabbondanza di scorte. Un'idea che riuscirebbe, a quanto pare, a vincere anche lo spettro di un avvicinarsi del rialzo dei tassi Usa, spettro che si sta incarnando soprattutto dopo le dichiarazioni della Yellen, meno colomba del solito.

Un mercato volatile ed ombroso

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Quello che contraddistingue l'andamento dell'oro nero è la sua volatilità a dir poco inconsueta: in poche settimane il mercato del greggio è passato da una fase orso a una fase toro, il tutto partendo per lo più dai rumors di un'Arabia che si dice disponibile a trattare con le altre potenze produttrici per un'eventuale taglio o per lo meno a un congelamento della produzione, tra l'altro per Ryad ancora a livelli record. Intanto le previsioni degli esperti arrivano a considerare un congelamento come un'opzione addirittura controproducente; questa l'opinione di Bjarne Schieldrop, analista della banca svedese Seb (Londra: 0MGS.L - notizie) secondo cui i recenti aumenti delle quotazioni sarebbero un incentivo per i produttori statunitensi a rimettere in attività i giacimenti bloccati proprio a causa di prezzi troppo bassi che rendevano antieconomico l'intero processo di estrazione. Gli equilibri sui numeri sono minimi e se il blocco da parte dei grandi produttori Opec dovesse concretizzarsi si avrebbe un aumento del prezzo e, quindi, un ritorno alla produzione da parte di chi non ha preso alcun impegno.

Accordi Iran-Russia

Intanto si registrano alcuni accordi tra Iran e Russia per la costruzione di alcune piattaforme nel Golfo Persico. Nello specifico si tratta di un contratto che lega il costruttore di navi russo Krasnye Barrikady alla compagnia iraniana TODC: in “palio” 1 miliardo di dollari e cinque piattaforme offshore nel Golfo Persico per i prossimi 10 anni. Si tratta di strutture finalizzate alla ricerca di nuovi giacimenti. Un progetto che va al di là del semplice potenziale economico: prima di tutto perché è la conferma che il prezzo del petrolio è visto in rialzo sul lungo periodo ma anche perché la collaborazione tecnica permetterà a Teheran di acquisire nuove conoscenze per la creazione e la gestione di piattaforme off-shore visto che il contributo della repubblica islamica arriva al 100% nel contratto dell'ultima piattaforma. Intanto a Piazza Affari i titoli petroliferi intorno alle 14 registrano una sofferenza con Eni (Londra: 0N9S.L - notizie) in calo dell'1,47% mentre Saipem (Londra: 0NWY.L - notizie) arriva addirittura a -2,24% e Tenaris (Amsterdam: TS6.AS - notizie) a -2,53%; il prezzo del petrolio Brent sempre verso le 14, arriva a segnare un ribasso dell'1,42% per il Brent che arriva a lambire i 49,20 dollari al barile mentre il WTI scende sotto i 47 arrivando a 46,99 con un calo dell'1,36%.

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