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Petrolio e Opec: pericolo shale sempre in agguato. Le previsioni

L'Opec ha trovato un'intesa, sempre che questa venga poi rispettata. ma non è la sola incognita all'orizzonte: lo shale è sempre in agguato. Le previsioni di Carlo Vallotto Analista tecnico finanziario ed esperto nel settore delle commodities.

Crollo dell'oro al di sotto dei 1.200 dollari l'oncia. Per quale motivo e soprattutto per quanto tempo si dovrà assistere alla debolezza del metallo giallo?

Il prezzo dell’oro continua il suo trend discendente iniziato lo scorso luglio, nel momento in cui il rialzo del costo del denaro negli Stati uniti iniziava a farsi più insistente. In quel momento iniziavano a prendere vigore i flussi di investimento su assett denominati in dollari, mettendo in difficoltà il prezioso.

In aggiunta, i massimi di luglio coincidevano con il mancato superamento tecnico della trend line ribassista in partenza dai massimi storici del 2011, che hanno sancito una mancanza di forza del bene rifugio. Il supporto in area $1.200 era da considerarsi uno spartiacque tra ritracciamento ed inversione del trend. Ora i corsi del metallo sembrano indirizzati verso l’area di prezzo a $1.150. La nomina di Donald Trump come futuro inquilino della Casa Bianca, se dapprima hanno spaventato gli investitori, poi viste le sue politiche volte ad incrementare la spesa per le infrastrutture hanno, al contrario, dato un impulso notevole alla propensione al rischio.

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I fondamentali sull’oro, pur rimanendo ampiamente positivi, hanno visto una contrazione dei flussi sul fisico da parte dei due maggiori acquirenti al mondo di India e Cina.

L'accordo dell'Opec è cosa fatta. Quali previsioni sul greggio?

L’accordo sembra che abbia preso consistenza proprio in queste ore, al momento in cui scriviamo. Russia e Paesi produttori aderenti al cartello dell’OPEC, hanno deciso di limitare la produzione, al fine di arginare il costante deprezzamento del petrolio. Si tratterebbe del primo taglio concreto dal 2008 nel quale l’Arabia Saudita non ha tenuto conto delle posizione dell’Iran uscito dall’embargo Usa all’inizio di quest’anno. Il Ministro dell'Energia Iracheno Jabar Ali al-Luaibi, si era impuntato contro questi limiti all'output chiedendo di esserne esentato, visto che il Paese è impegnato in una feroce guerra all’Isis.

Il mercato sembra che abbia reagito positivamente all’accordo, visti i prezzi saliti sopra il livello di resistenza a $50. Sopra (Parigi: FR0013101532 - notizie) questo valore potremmo vedere nei prossimi mesi, le quotazioni dirigersi dapprima verso $58-$60 e poi se i produttori Usa di Shale non aumenteranno a dismisura la produzione come vorrebbe la politica di Trump, verso l’area di prezzo a $67-$70.

Rialzi dei tassi Usa dati ormai per certi. Impossibile non pensare alle conseguenze sulle materie prime.

Ormai è dato per certo un aumento dei fed fund americani nell’ultima riunione della Federal Reserve prevista per il 14 dicembre. Secondo il Fed Watch, ci sono il 98% di probabilità che il Board della banca Centrale Usa, rizlai il costo del denaro. Secondo il presidente della Fed di Dallas Robert Kaplas, con l’economia che si avvicina rapidamente alla piena occupazione e un’inflazione vicina l’obiettivo del 2% fissato dalla stessa Fed, i tempi sarebbero maturi per un aumento di tassi di interesse.

Benché i tassi di interesse abbiano una leggera correlazione con l’andamento dei metalli preziosi, è probabile assistere ad una diminuzione ulteriore delle quotazioni di oro e argento. Ma sarà interessante vedere gli sviluppi dell’inflazione la cui crescita porterebbe benefici alla ripresa delle quotazioni dei beni rifugio.

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