Annuncio pubblicitario
Italia markets closed
  • FTSE MIB

    34.249,77
    +310,02 (+0,91%)
     
  • Dow Jones

    38.242,11
    +156,31 (+0,41%)
     
  • Nasdaq

    15.927,96
    +316,20 (+2,03%)
     
  • Nikkei 225

    37.934,76
    +306,28 (+0,81%)
     
  • Petrolio

    83,65
    +0,08 (+0,10%)
     
  • Bitcoin EUR

    59.720,67
    -683,81 (-1,13%)
     
  • CMC Crypto 200

    1.330,11
    -66,42 (-4,76%)
     
  • Oro

    2.350,60
    +8,10 (+0,35%)
     
  • EUR/USD

    1,0701
    -0,0032 (-0,30%)
     
  • S&P 500

    5.100,73
    +52,31 (+1,04%)
     
  • HANG SENG

    17.651,15
    +366,61 (+2,12%)
     
  • Euro Stoxx 50

    5.006,85
    +67,84 (+1,37%)
     
  • EUR/GBP

    0,8561
    -0,0012 (-0,14%)
     
  • EUR/CHF

    0,9776
    -0,0009 (-0,09%)
     
  • EUR/CAD

    1,4620
    -0,0029 (-0,20%)
     

Recupero di sovranità, missione impossibile

Nessuno stato dell’Unione può far prevalere a suo piacimento le leggi interne su quelle europee. Lo sostiene la stessa Corte costituzionale tedesca. L’Italia potrebbe forse rivendicare una propria identità costituzionale sul bilancio. Ma le conviene?

Dove sbaglia Giorgia Meloni

Alcuni importanti esponenti del centrodestra, come Giorgia Meloni, hanno sostenuto che, in caso di contrasto tra le norme europee e quelle nazionali, la Germania fa prevalere queste ultime se sono più vantaggiose per gli interessi del paese. Su questo presupposto, il centro-destra propone di imitare la Germania; nel suo programma infatti è scritto che la Costituzione italiana “deve prevalere sul diritto comunitario, sul modello tedesco (recupero di sovranità)”.

Diciamo subito che queste affermazioni sono grossolanamente errate. È intuitivo – solo i fautori della Brexit fanno finta di non capirlo – che per avere un mercato comune e politiche comuni occorrono norme che non possono essere derogate unilateralmente dai singoli stati. Ad esempio, se l’Italia, in deroga ai divieti europei, ponesse dazi sulla meccanica tedesca per proteggere le imprese italiane, perché la Germania non dovrebbe disapplicare, anch’essa in violazione delle regole Ue, le norme sul made in Italy? Moltiplicate il tutto per 27 stati membri e otterrete, in pochi mesi, la fine del mercato unico.

ANNUNCIO PUBBLICITARIO

Ciò nonostante è vero che il problema del rapporto tra norme nazionali e norme europee si è posto in Germania in maniera molto più forte che negli altri paesi europei. La Corte costituzionale tedesca è più volte intervenuta per definire i confini e le condizioni della prevalenza del diritto europeo sul diritto tedesco. In estrema sintesi e con le inevitabili semplificazioni dovute allo spazio disponibile, ecco il quadro delineato dai giudici di Karlsruhe.

La posizione della Corte costituzionale tedesca

L’Unione europea nasce, nel 1958, da un volontario atto di cessione di una porzione di sovranità degli stati che ne fanno parte a favore delle istituzioni comuni. Più precisamente i parlamenti degli stati membri hanno acconsentito, mediante le leggi di ratifica dei trattati europei, a rinunciare ad adottare norme nazionali nei settori che sono stati attribuiti alla competenza dell’Unione, quali ad esempio la circolazione delle merci, dei capitali, delle persone, la politica commerciale, agricola, di concorrenza e così via. Naturalmente, gli stati non si disinteressano di questi settori: infatti sono direttamente rappresentati nel Consiglio dell’Unione che è l’istituzione che – insieme al Parlamento europeo – adotta gli atti normativi europei.

La Corte costituzionale tedesca ha più volte esplicitamente riconosciuto che la cessione di sovranità all’Unione comporta che, nei settori attribuiti, il diritto dell’Unione prevalga su quello nazionale. La Corte tuttavia ha precisato di avere a disposizione – in due casi particolari – una sorta di “freno” che blocca la prevalenza del diritto dell’Unione e ripristina l’applicazione del diritto tedesco.

Anzitutto, la Corte può esercitare un controllo sul fatto che gli atti dell’Unione non vadano oltre le competenze che le sono state conferite (revisione ultra vires). Ciò perché il Bundestag – dove risiede la sovranità popolare – mantiene la competenza legislativa in tutti i settori non conferiti all’Unione e dunque se questa invade quei settori è lecito alla Corte negare la prevalenza del diritto europeo su quello tedesco.

Il secondo caso di blocco della prevalenza del diritto europeo si ha nell’ipotesi in cui il diritto dell’Unione incida sull’identità costituzionale tedesca (“revisione identitaria”). Alcuni diritti fondamentali e alcuni elementi costituzionali indicati nell’articolo 79 della legge fondamentale tedesca non sono cedibili a nessuno, nemmeno con un atto del Bundestag. Pertanto, se l’evoluzione del diritto europeo finisse per incidere sugli stessi, la Corte sarebbe legittimata a bloccare l’efficacia di tale diritto e ripristinare l’impero della legge tedesca.

La Corte ha anche precisato che nell’ambito delle norme che costituiscono l’inalienabile identità costituzionale tedesca rientra anche il potere di bilancio: “le decisioni sulle entrate e le spese pubbliche – ha detto la Corte – sono una parte fondamentale della capacità di uno stato costituzionale di dare forma a se stesso in maniera democratica”. La questione ha avuto concreto rilievo in occasione del programma di acquisto sui mercati secondari del debito sovrano di alcuni stati membri, tra cui l’Italia, lanciato dalla Banca centrale europea nel 2012. In quell’occasione le rassicurazioni della Corte di giustizia europea hanno convinto i giudici di Karlsruhe a non tirare quel freno costituzionale, che, di fatto, avrebbe portato alla dissoluzione dell’euro.

La vicenda costituzionale tedesca conferma che nessuno stato dell’Unione – né la Germania né qualsiasi altro– può far prevalere a suo piacimento le leggi interne su quelle europee.

Sull’esempio tedesco, l’Italia potrebbe forse rivendicare una propria identità costituzionale in materia di bilancio. Ma è bene ricordare che queste orgogliose chiamate a difesa della patria sono molto più facili quando i bilanci pubblici sono in equilibrio e si può assumere la posizione del creditore, piuttosto che quando il bilancio pubblico soffre del secondo peggior rapporto debito/Pil al mondo e tra le maschere del carnevale europeo si è costretti a indossare le vesti del debitore.

Di Pietro Manzini

Autore: La Voce Per ulteriori notizie, analisi, interviste, visita il sito di Trend Online