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Ri-chic, beneficenza e vintage si incontrano in un charity shop

A Milano l’iniziativa di due donne che, prendendo spunto dall’Inghilterra, vendono abiti usati e vintage per aiutare chiese e bambini malati

Le ideatrici di Ri-Chic

Che Milano abbia angoli nascosti e da scoprire, è cosa nota o abbastanza nota sia a chi vive nella città meneghina che a chi ci viene per arte, shopping e quant’altro. Eppure, le sorprese sembrano non finire mai e può capitare che per caso, in un via abbastanza vicino al centro e a Porta Romana, via Adige, ma “poco di passaggio”, ti imbatti in un pezzo di città che unisce la passione per il vintage e l’usato con la beneficenza, in una sola parola scopri Ri-Chic.

Questo il nome di un negozio dove due donne, Antonella Monteleone, 46 anni e Roberta Facchini 44, amiche e cognate, hanno deciso di dare vita anche in Italia ai charity shop. Negozi che, alla maniera londinese, devolvono sempre parte del loro ricavato a iniziative di beneficenza. Detto così, però sembra alquanto riduttivo e non dà la misura di quella passione che si vede negli occhi delle due donne e che è nascosta in ogni angolo di questo negozio, dove trovi sì abiti di collezioni Prada, ma puoi fare acquisti a partire da 10 euro che rendono contenti bambini e donne. “Al momento siamo un po’ carenti per l’abbigliamento maschile, ma ci rifaremo”. D’altra parte quello che si trova in questo spazio, dove il vintage la fa da padrona anche nell’arredamento, è abbigliamento usato che viene venduto o dato in omaggio.

Il negozio ha aperto alcuni mesi fa e ha già iniziato le sue attività di beneficenza, devolvendo parte del ricavato alla parrocchia Sant’Andrea di via Crema a Milano, una chiesa del quartiere. Ma “la vera attività chartity” ci dicono “inizierà adesso: da metà febbraio daremo vita a un’iniziativa ‘one for one’: per ogni capo venduto, indipendentemente dal prezzo, doneremo un euro in beneficenza e con più esattezza questi soldi andranno al Comitato Maria Letizia Verga che opera per l’ospedale San Gennaro di Monza e si occupa di aiutare i bambini con la leucemia”.

Ma come nasce un’idea simile visto che di charity shop nel nostro Paese non sembrano essercene?
Antonella: “Da quello che sappiamo, ce ne sono uno a Bari e anche a Milano, quest’ultimo molto diverso. L’idea comunque ha iniziato a materializzarsi grazie a un viaggio a Londra o meglio io e Roberta siamo andate a Londra per vedere questo tipo di negozi e se la cosa fosse stata fattibile anche in Italia. Dal canto mio, faccio la volontaria da anni per il Banco Alimentare e so quanto sia difficile l’attività di ricerca fondi, Roberta, invece, che prima dell’apertura del negozio era rimasta disoccupata, ha da sempre una fortissima passione per il vintage. Così ci siamo recate a Londra per ispezionare questo 'mondo'. La cosa bella dell’Inghilterra è questi charity shop sono fortemente inseriti nel tessuto sociale, insomma, la gente va da Harrod’s così come va in un negozio come il nostro a comprare abiti usati. A Londra, poi, visto che gli abiti si possono regalare, capita di vedere delle buste di vestiti da riciclare davanti al negozio senza che a nessuno venga in mente di rubarli”.

E voi in cosa vi distinguete dai charity shop britannici?
A. “Il nostro negozio non è legato a nessuna Onlus, come avviene lì, ma appunto si tratta dell’iniziativa di due private che per avviarlo hanno fatto un investimento iniziale di 11mila euro. Il nostro scopo è, tolte le spese vive di bollette e affitto e quant’altro, di devolvere tutto in beneficenza”.

Quindi chi viene in negozio cosa può fare materialmente?
A.“Può dare i propri abiti usati in omaggio a patto che siano in buone condizioni, sapendo che appunto lo scopo è di fare delle beneficenza. Abiti che comunque, laviamo, mettiamo a posto o se sono troppo fuori moda, 'rinventiamo' un po’. Oppure può venderli in conto vendita e così avere il 50% del ricavato e devo dire che inizialmente per avere un po’ di merce abbiamo puntato molto su questo aspetto. Più abiti riceviamo, più possiamo abbassare i prezzi di vendita. Il nostro scopo è fare beneficenza, ma vorremmo che Ri-Chic facesse di più”.

Cioè?
Roberta: “Se Ri-Chic funzionerà, così come è stato per me che prima di aprire il negozio ero in cerca di occupazione, vorremmo dare lavoro a donne sopra i 40anni assumendole regolarmente. Perché proprio questa età? Se ci pensa bene, il ricollocamento per loro, una volta perso il lavoro o magari a seguito della maternità, non è facile. Vorremmo che il nostro negozio desse aiuto su più fronti”.

E perché fate tutto questo?
A.“Sono una donna fortunata, ho un lavoro, oltre all’attività di volontariato e mi piace pensare di potere dare una mano agli altri in modo concreto. È forse quello che questo momento di crisi ci sta insegnando”.

Nel negozio non ci sono solo abiti, ma anche collane, tazze con scritte fatte da una calligrafa, bracciali ecc…fa parte anche questo dell’usato?
R. “No, no, sono prodotti realizzati artiginalmente da persone che hanno queste passioni, l’idea è che il negozio diventi anche una vetrina per gente che ha queste professionalità, ma non sa dove esporre i propri manufatti”.

Se avete dunque abiti che non indossate più e volete regalarli e venderli sapendo che il vostro gesto sarà anche l’occasione per fare beneficenza o siete amanti del vintage, l’indirizzo di Ri-chic è in via Adige 10 a Milano e c’è anche una pagina Facebook per saperne di più.