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Riunione FOMC in primo piano, IPC australiano ai minimi storici

USD ribassista

di Peter Rosenstreich

I mercati valutari mostrano un andamento di consolidamento laterale in vista della decisione sul tasso di questa sera del FOMC. Si prevede una valutazione economica leggermente più positiva, sulla base della solidità degli ultimi dati, nello specifico le buste paga di giugno, e della reazione relativamente tranquilla del mercato alla Brexit. Poiché non sono previste né nuove proiezioni sui tassi (i cosiddetti “dots”), né una conferenza stampa, gli operatori dovranno accontentarsi di analizzare scrupolosamente il comunicato che accompagnerà la decisione, esercizio che non è mai una scienza esatta. Sospettiamo che il mercato sia troppo esposto sull’USD in previsione di toni da falco (12% per un rialzo di 25 punti base), perché è improbabile che la Fed dia dei segnali senza i dati sul PIL e una visione più ampi delle conseguenze della Brexit. Poiché il nostro scenario di base prevede una bassa probabilità di un rialzo del tasso a novembre/dicembre e pertanto non ci aspettiamo che la Fed tenti di anticipare le aspettative sul rialzo del tasso, continuiamo a vendere USD sui minimi, dato che il comunicato dovrebbe essere più accomodante.

Altrove, i dati USA continuano a riprendersi dalla debolezza primaverile. A giugno le vendite di nuove abitazioni sono aumentate del 3,5% m/m, salendo a 592 mila unità rispetto alle 560 mila previste, e le vendite del mese precedente sono state riviste al rialzo di 22 mila unità. Ciò nonostante, l’indice riferito a maggio sui prezzi delle case USA è risultato inferiore alle attese; a maggio, l’indice sui prezzi delle abitazioni S&P/Case-Shiller per 20 città campione ha deluso le attese, calando dello 0,1% m/m. Sospettiamo che la divergenza fra le vendite e i prezzi sia un chiaro segnale della distorsione dovuta ai tassi d’interesse bassi e a una possibile bolla. Infine, l’indice sulla fiducia dei consumatori della Conference Board è rimasto praticamente invariato a 97,3 punti per il mese di luglio, valore superiore ai 96,0 della previsione media. Il dato solido suggerisce un graduale miglioramento del sentiment delle famiglie.

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Il PIL britannico sorprende al rialzo

È importante segnalare che questo dato non riflette le ricadute del voto sulla Brexit. Malgrado le previsioni tragiche precedenti al referendum nel Regno Unito, secondo cui l’incertezza avrebbe generato una paralisi delle attività, nel secondo trimestre il PIL ha superato le attese. Nel T2 il PIL del Regno Unito t/t è cresciuto dello 0,6%, dallo 0,4% e rispetto allo 0,5% previsto (su base annua 2,2% rispetto al 2,1% previsto). Nei fatti, la crescita ha subito un’accelerazione prima del voto dall’esito incerto (guidata dalla produzione industriale). Questo dato inaspettato indica che, prima del voto, l’economia britannica era in una posizione più forte di quanto inizialmente previsto. Questa stima preliminare, però, non riflette le ricadute del referendum, che probabilmente faranno calare la crescita nel T3, generando forse addirittura una recessione. Rimaniamo ribassisti sulla GBP perché l’economia britannica vivrà sicuramente una fase di aggiustamento economico e probabilmente la BoE (Shenzhen: 200725.SZ - notizie) taglierà i tassi d’interesse.

IPC (Francoforte: IPEN.F - notizie) australiano ai minimi da 17 anni

di Arnaud Masset

L’ultimo rapporto sull’inflazione australiano è risultato debole, tuttavia migliore di quanto previsto dagli economisti. Nel (Londra: 0E4Q.L - notizie) secondo trimestre, l’IPC primario è salito dell’1,0% a/a o dello 0,4% t/t, rispettando grossomodo le previsioni medie. La nota positiva è che la media troncata - l’indice sull’inflazione preferito dalla RBA, che esclude gli aumenti e i cali maggiori fra le componenti dell’IPC – ha sorpreso in forte rialzo, salendo dello 0,5% t/t (rispetto allo 0,4% previsto e allo 0,2% del primo trimestre) o dell’1,7% a/a (a fronte dell’1,5% previsto e dell’1,7% del primo trimestre), rendendo meno scontata la decisione sul tasso della RBA del prossimo 2 agosto.

In effetti, anche se il rapporto sull’inflazione è tutt’altro che incoraggiante sulle prospettive d’inflazione in Australia, esso toglie un po’ di pressione dalla RBA, dando a Stevens un po’ di tempo per rinviare un potenziale taglio del tasso d’interesse martedì prossimo. A nostro avviso, questo rapporto non farà cambiare idea alla RBA, giacché la tendenza complessiva dell’inflazione è negativa; quest’ultimo miglioramento mostra, al massimo, una stabilizzazione e non un’inversione. Continuiamo quindi a prevedere che la RBA taglierà il tasso obiettivo per cercare di far tornare l’inflazione di fondo nella fascia compresa fra il 2% e il 3%. Ne consegue che, per il dollaro australiano, vi è ancora un potenziale al ribasso; come primo passo, la svalutazione dovrebbe riprendere verso il livello a 0,73 USD.

Autore: Swissquote Per ulteriori notizie, analisi, interviste, visita il sito di Trend Online