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Salvataggi bancari, quali possibili scenari?

A proposito del salvataggio della banche italiane, leggo molte cose che, a parer mio, almeno allo stato attuale, risultano poco coerenti con la realtà. Certo, da quel poco che si può apprendere, sembrerebbe che la situazione sia molto fluida e quindi, per definizione, potrebbe cambiare da un momento all'altro.

Alcuni commentatori sostengono che le alternative che l'Italia ha a disposizione per mettere in sicurezza il sistema bancario o parte di esso, sono limitate a tre possibili soluzioni:

  1. Il ricorso al fondo ESM (quindi commissariamento della Troika);

  2. Bail-in delle banche in difficoltà, con annessa tosatura dei risparmiatori;

  3. Uscita dall'euro e ritorno alla moneta unica;

Quindi, le ultime indiscrezioni che raccontano che il governo starebbe studiando un piano da 40 miliardi di euro, secondo questi commentatori, sembrerebbero dar credito all'ipotesi numero 1), che potrebbe considerare anche l'ipotesi 2), ossia gli aiuti del fondo ESM con annesso bail-in. La terza ipotesi, che comunque non riscuote un consenso politico (nemmeno lontanamente) adeguato, determinerebbe la rottura dell'euro. Quindi, rimangono le prime due soluzioni.

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Allo stato attuale, per quello che è dato sapere, credo che lo scenario appena descritto abbia poche possibilità di realizzarsi. Per diversi motivi, che cerco di spiegare.

Prima di tutto, commissariare l'Italia non è la stessa cosa che commissariare la Grecia o Cipro, se non altro per il peso che l'Italia riveste nello scenario politico ed economico internazionale. Poi, oltretutto, sarebbe politicamente insostenibile.

Inoltre, la seconda ipotesi, altrettanto insostenibile in termini economici e politici, comporterebbe l'ulteriore deterioramento della fiducia dei cittadini nei confronti delle istituzioni europee, accrescendo il risentimento popolare. Cosa che, evidentemente, Bruxelles non può permettersi, anche alla luce del risultato del referendum in Gran Bretagna.

Il quale esito, dalle conseguenze poco rassicuranti per la UE, potrebbe costituire l'elemento politico offerto in pasto all'opinione pubblica per aprire la strada a salvataggi pubblici, aprendo, di fatto, un corridoio utile anche ad altri paesi (considerato che le banche di altri paesi non sono in perfetta forma), derogando al principio degli aiuti di stato, proprio grazie alla straordinarietà degli eventi; circostanza peraltro prevista dall'art. 107 del trattato di Lisbona, che stabilisce che "possono essere considerati compatibili con il mercato interno gli aiuti destinati [....] a porre rimedio a un grave turbamento dell'economia di uno Stato membro".

Se questo scenario dovesse trovare conferme, si andrebbe verso l'intervento pubblico di cui ho scritto QUI, le quali articolazioni sono comunque da vedere e valutare. A dare sostegno a questa ipotesi, ricorrono altre due circostanze: una importante, l'altra un po' meno.

La prima è data dal quadro politico italiano. Il governo Renzi, anche alla luce del risultato elettorale alle scorse amministrative, sta perdendo consensi e il Partito Democratico, come noto, è fortemente spaccato al proprio interno. In autunno ci sarà il referendum sulle riforme costituzionali e presentarsi a questo evento con la fiducia in forte deterioramento, con una leadership fortemente indebolita e con il malcontento popolare che potrebbe salire in relazione agli eventi che potrebbero determinarsi sul settore bancario, in caso di vittoria del "NO", potrebbe spalancare le porte alle dimissioni del Primo Ministro, avviando una stagione con un quadro politico fortemente incerto, che potrebbe addirittura portare al governo quelle forze critiche nei confronti delle politiche UE. E credo che politica italiana e quella europea voglia evitare questo scenario.

Renzi ha bisogno di guadagnare consensi. Quindi, quale migliore occasione per sfruttare un evento politico rilevante come la Brexit (anche se non direttamente connesso con la fragilità delle banche), per salvare i banche italiane e i risparmi di milioni di cittadini? Insomma la Brexit potrebbe essere l'elemento politico da offrire in pasto all'opinione pubblica (e alla Ue) per giustificare l'intervento pubblico. D'altra parte l'Italia, grazie agli interventi della BCE (Toronto: BCE-PA.TO - notizie) , non ha problemi di accesso ai mercati per finanziare l'operazione di salvataggio.

La seconda ha a che fare con le gravi responsabilità di chi ha governato l'Italia negli ultimi anni. E' una questione che ho già spiegato e che ripropongo in seguito.

Se a un sistema già fragile, peraltro in un contesto di debolezza di altre economie, si imprime una feroce stretta fiscale (come quella di Monti, appunto) il minimo che ci si possa aspettare è che questa produca degli effetti collaterali, peraltro ampiamente visibili nella distruzione economica prodotta.

E gli effetti collaterali li stiamo toccando con mano anche attraverso la fragilità di molte banche. Già da quell'epoca (2011), sapendo che la distruzione dei redditi avrebbe prodotto l'esplosione delle sofferenze bancarie, il governo avrebbe dovuto agire per creare una barriera protettiva a favore delle banche, come è stato fatto in altri paesi della zona euro, in un contesto normativo più favorevole rispetto a quello attuale (le regole sul bail-in, a quell'epoca, non esistevano).

Invece, si è preferito nascondere la polvere sotto al tappeto, salvo poi accorgersi che il sistema bancario non è così solido come si voleva far credere. Ma la responsabilità più rilevante sta nel fatto che, nel frattempo, pur conoscendo l'evoluzione affatto rassicurante delle sofferenze bancarie (che avrebbe portato all'erosione del capitale della banche), mentre gli altri pesi salvavano le proprie banche con i soldi pubblici, si sono recepite le norme sui salvataggi bancari a carico dei risparmiatori e, fatto ancora più grave, si sono versati circa 60 miliardi di euro (garanzie incluse) nei vari fondi di salvataggio, che sono serviti per salvare le banche di altri paesi (Francia e Germania), esposte nei confronti delle banche greche e spagnole. Una catena interminabile di responsabilità che rappresentano il trionfo dell'improvvisazione (nel migliore dei casi), oppure quello della malafede (nel peggiore dei casi).

Insomma, il salvataggio statale delle banche italiane, costituirebbe un salvacondotto anche per le gravi responsabilità a carico di chi ha governato l'italia negli ultimi anni, anche se non sarebbe un elemento determinante ai fini delle decisioni che verranno prese.

Allo stato attuale, per quello che è dato sapere, quello appena descritto sembra essere lo scenario più plausibile. Poi, se dovessero emergere elementi nuovi, magari riformerò la mia opinione.

Autore: Paolo Cardenà Per ulteriori notizie, analisi, interviste, visita il sito di Trend Online