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La sfida. Strategist allarmati, mercati fiduciosi

Nei giorni scorsi alcuni strategist tradizionalmente ottimisti o quanto meno non pessimisti sui destini delle borse hanno improvvisamente tirato il freno, dichiarandosi preoccupati per le valutazioni raggiunte dai mercati e ribadendo la raccomandazione di rimanere sovrappesati di cash. In particolare, gli strategist di Goldman Sachs (NYSE: GS-PB - notizie) , che pure non avevano manifestato nessun particolare tentennamento durante le bufere dell’agosto 2015 e dell’inizio di quest’anno, hanno puntato l’indice sulle valutazioni storicamente elevate dell’azionario americano ed europeo, con la sola eccezione del comparto finanziario. Anche la crescita, affermano, si profila più scarsa del previsto, mentre gli utili continuano a essere rivisti verso il basso.

Colpisce, in queste considerazioni, non solo il cambio di tono, ma il fatto che i target di fine anno (ci riferiamo in particolare alla borsa americana) vengano mantenuti invariati su un livello poco più alto dell’attuale. Perché mostrare tutta questa preoccupazione strutturale e sottolineare i rischi di una correzione estiva se poi ci si mostra fiduciosi su un suo riassorbimento in tempi relativamente brevi? Gli strategist di Goldman Sachs, in ogni caso, si sforzano di argomentare le loro tesi con una notevole mole di dati di tutto rispetto. Altre case vanno molto più per le spicce e parlano genericamente di un Sell in May di stagione.

Si capta dunque nell’aria un rovesciamento di ruoli tra mercati e strategist. I mercati, che da tempo non amavano più il rialzo azionario e trovavano sempre un motivo per uscire dal settore (si pensi solo ai riscatti di fondi equity in agosto-settembre e in febbraio-marzo) si mostrano in questo momento tranquilli e fiduciosi. Gli strategist (con interessanti eccezioni come quelle di David Bianco e di Chris Potts) appaiono invece più cauti di quanto non siano stati negli ultimi anni.

Proviamo allora a vedere che cosa sta rendendo il mercato così calmo e costruttivo. Lo facciamo con una serie di ritratti di investitori, ai quali abbiamo cambiato i nomi per evidenti motivi di riservatezza.

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Cominciamo con Reginaldo, che viaggia spesso in Cina per lavoro ed è da due anni in cash perché è preoccupato per il continuo aumento dell’indebitamento delle imprese cinesi per la tenuta non del solo renminbi ma dell’intero sistema finanziario. Strumenti fuori dal bilancio delle banche come i Wealth Management Products gli ricordano sempre di più gli Special Purpose Vehicles che nel 2007-2008 venivano riempiti di carta di pessima qualità e prontamente venduti in giro. Reginaldo continua a essere preoccupato sul piano strutturale, ma ha dovuto rimangiarsi i dubbi sulla capacità del governo cinese di stabilizzare la borsa e il cambio e di rilanciare per l’ennesima volta la crescita attraverso il credito. Ora pensa che una nuova fase di forza del dollaro spaventerà meno i mercati e che una nuova modesta scivolata del renminbi potrà essere gestita senza troppi problemi. Per questo, per la prima volta da tempo, ha preso una piccola posizione sull’azionario globale.

Dal canto suo Egberto si è stancato di passare la vita a preoccuparsi del rialzo dei tassi americani. Un conto, dice, è una Fed che vuole stringere in modo automatico ogni trimestre (come si pensava in gennaio) anche se l’economia perde colpi. Un altro conto è invece una Fed flessibile che concorda con il mercato i tempi e i modi, scegliendo momenti di borsa forte e, soprattutto, di economia in riaccelerazione per normalizzare la politica monetaria. Se i tassi salgono perché l’economia è in salute e con un’inflazione moderata è un segno di forza, non di pericolo. Egberto ha quindi iniziato a comprare titoli bancari americani. Sono sottovalutati e trarranno vantaggio dal rialzo dei tassi.

Grunilde, da sempre affezionata all’idea europea, si tormenta da settimane all’idea di Brexit. Dopo avere venduto male in febbraio ha ricostituito solo in parte la sua posizione per paura che il 23 giugno porti all’inizio della dissoluzione dell’Unione. Da qualche giorno è però più tranquilla. In primo luogo i sondaggi indicano una forbice a due cifre a favore dei Remain. In secondo luogo il 23 giugno è un’incognita nota, non un cigno nero che appare all’improvviso. Tutti hanno quindi avuto modo di incorporare almeno una parte di rischio nei loro portafogli, rendendoli meno vulnerabili a un esito negativo. Grunilde sta quindi comprando quello che è ancora sott’acqua dall’inizio dell’anno, come l’Eurostoxx, ed è pronta ad acquistare sterline su debolezza nelle prossime settimane.

Agilperto, che si è scottato sulla Grecia negli anni passati, è stato riluttante a entrare in borsa dopo la caduta di febbraio. Oggi tira però un sospiro di sollievo. Le (Taiwan OTC: 8490.TWO - notizie) posizioni del Fondo Monetario e della Germania sulla sistemazione del debito greco, che sembravano inconciliabili, si sono riavvicinate e il governo Tsipras, dal canto suo, ha adottato misure di austerità che in altri tempi sarebbero state impensabili. Fino alla fine dell’anno, pensa adesso Agilperto, la Grecia non farà più notizia e il momento è buono per approfittare dei realizzi di queste ore e comprare titoli pubblici greci. L’anno prossimo saremo daccapo, ma per adesso possiamo stare più tranquilli.

Ad agitare Amalafrida è stato per un certo periodo il petrolio. Il recupero di questi tre mesi è fragile, ha pensato, e un consolidamento di 5-10 dollari è perfettamente possibile e in grado di riportare il cattivo umore sulle borse. Per una serie di circostanze, dagli incendi canadesi ai continui intoppi della produzione in Libia, Nigeria e Venezuela, il greggio ha però continuato a salire, mentre la cancellazione di molti grandi progetti di estrazione è definitiva e non verrà ridiscussa nemmeno con un greggio a 60-70 dollari. Amalafrida si è messa quindi a comprare obbligazioni di società petrolifere e di paesi emergenti produttori.

Drocperto è un uomo prudente, ma non totalmente avverso al rischio. In questi anni ha guadagnato bene sui corporate bond in euro anche se la piccola quota di subordinati bancari lo ha fatto ogni tanto soffrire. Ora Drocperto sta però pensando di fare il grande salto verso l’azionario europeo. Il giorno dopo il referendum inglese (un’incognita nota, per l’appunto) la Bce (Toronto: BCE-PA.TO - notizie) inizierà ad acquistare corporate bond di alta qualità e ne farà scendere il rendimento praticamente a zero. A quel punto meglio la borsa. Sui subordinati Drocperto non è troppo preoccupato. L’economia europea va bene e non sta generando nuove sofferenze per le banche. Adesso (Xetra: ADN2.DE - notizie) è solo questione di non fare altri pasticci e di gestire le sofferenze pregresse con intelligenza.

A restituire il sorriso a Walamanno, che aveva ridotto le sue posizioni sulla borsa tedesca, è invece il fatto che l’euro non si sia rafforzato fino a 1.20 contro dollaro. All’inizio di maggio, in un momento in cui era calato il silenzio sull’aumento dei tassi americani (molti scommettevano che non ci sarebbe stato mai), l’euro era uscito dalla sua fascia di oscillazione e i trader erano pronti a spingerlo ancora più in alto. Il dollaro debole ha però reso più facile alla Fed rispolverare la pratica del rialzo e l’euro è tornato subito a indebolirsi. La minaccia alla competitività della grande industria tedesca è rientrata e Walamanno sta ricomprando un po’ di Dax.

Le cose vanno meglio anche a Ildegarda, che negli ultimi due anni ha ridotto a malincuore le sue posizioni sul Bovespa. Ora però la svolta politica in Brasile è forte e irreversibile. Meirelles si sta muovendo bene, procedendo senza strappi, come è nel suo stile, ma nella direzione giusta. Il real non ha grande potenziale di recupero ulteriore, ma il rendimento corrente dell’obbligazionario brasiliano è molto buono. Ora Ildegarda compra Brasile e fondi emergenti.

Brunrico è uomo disincantato. Le azioni non le ama e non le odia, sono semplicemente opportunità di acquisto o di vendita da valutare guardando al posizionamento del mercato. Il recupero di questi tre mesi è stato forte, fa notare, ma è avvenuto con volumi bassi. Questo significa che i portafogli, alleggeriti precipitosamente in febbraio, sono ancora troppo scarichi e si trovano immersi nell’atmosfera mefitica dei tassi a zero o negativi del cash e del risk free. Dopo qualche tempo quell’aria diventa irrespirabile e se le circostanze non sono proprio avverse il denaro deve essere rimesso a lavorare. Questa seconda parte del recupero non sarà certamente forte come la prima, perché la Fed ne sequestrerà una bella parte aumentando i tassi in giugno-luglio e facendo capire che un altro ritocco potrebbe arrivare in dicembre.

Le preoccupazioni degli strategist, aggiunge, sono perfettamente legittime e una sorpresa su Brexit riaprirebbe tutti i giochi, ma perché una nuova correzione di mercato provochi danni profondi occorre che il pendolo si sia spostato di nuovo verso il soprainvestito. Ci vuole ancora tempo.

Autore: Alessandro Fugnoli Per ulteriori notizie, analisi, interviste, visita il sito di Trend Online