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Shopping compulsivo, quando comprare è malattia

La propensione ossessiva agli acquisti nasconde cause gravi, legate a stati depressivi e a disturbi della personalità

Quando lo shopping è troppo (Fotolia)

Spesso banalizzata dai media, oggetto di libri e film che la rendono divertente e glamour, la dipendenza da shopping è un serio disturbo, che, tanto più in tempo di crisi, rischia di travolgere la vita di singoli e famiglie. Una vera e propria “addiction”, nella quale il disagio individuale trova espressione, portando all’esasperazione un modello di vita, quello consumistico, comunque diffuso e ben accetto nella cultura di appartenenza dell’individuo medio occidentale.

Ancor di più in un’era che vede una fortissima diversificazione delle forme stesse con cui acquistare i beni oltre i canali tradizionali: l’e-commerce, le aste online, il telemarketing. Già ai primi del 900, come dimostra l’opera del tedesco Emil Kraepelin, con l’introduzione del concetto di oniomania, il disturbo era oggetto di studio, e descritto come impulso patologico; solo in tempi recenti, attraverso criteri diagnostici, si è giunti alla formulazione di una definizione funzionale alla clinica e alla ricerca.

Tra le difficoltà di comprensione e identificazione della patologia c’è anche il fatto che il meccanismo di dipendenza non nasce da una sostanza ma da un comportamento e poi l’affermarsi di una patologia nuova rende più complesso l’inquadramento nosografico (la valutazione in base alla definizione delle manifestazioni sintomatologiche che caratterizzano patologie definite e codificate) indispensabile alla diagnosi categoriale. Ma, tornando alla vita quotidiana, quali sono i segnali che devono farci allarmare quando dalla normale propensione all’acquisto si passa a uno stato patologico?

Non depone bene la frequente preoccupazione o impulso a comprare, soprattutto quando le condizioni economiche non lo consentono. Inoltre, anche la bassa utilità di certi acquisti è un segnale fortemente negativo, soprattutto quando gli episodi di questa casistica si ripetono nel tempo.

Tuttavia, sono le cause e non gli effetti del disturbo a dover creare allarme. Lo shopping compulsivo rientra nello spettro ossessivo-compulsivo perché la spinta a compiere un determinato comportamento, più che al raggiungimento del piacere, è volta all’alleviamento di uno stato di malessere.

Inoltre, l’incapacità di controllare un impulso è un aspetto tipico dei disturbi del controllo: il soggetto avverte una forte tensione crescente, che si tramuta quasi in dolore, e il momento dell’azione è liberatorio e comporta piacere, ma solo momentaneamente. La linea di demarcazione fra impulsività e compulsione è importante e non sottile: la compulsività è una tendenza irrazionale ma di cui l’individuo, che pure subisce stress e senso di colpa per la stessa, non può fare a meno per tenere a bada l’angoscia. Nel caso dell’impulsività, percepita dal soggetto come un bisogno imperioso, e legata anche a comportamenti bruschi e irrazionali, essa è riconosciuta come un tratto del carattere che si ritrova nelle personalità borderline. Inevitabile, la connessione anche con gli stati depressivi, per cui lo shopping ossessivo rappresenta una strategia atta ad alleviare i disturbi.e l’associazione con problemi di autoregolamentazione del giudizio e dei comportamenti.

Nei soggetti che soffrono di questo disturbo, i processi di auto-osservazione, di giudizio e di reazione risultano invalidati . Infine in cosa questa dipendenza somiglia a quella generata da sostanze?

Nella sensazione di impossibilità di resistere all’impulso di mettere in atto il comportamento; nel piacere o sollievo che derivano da esso, nella percezione della perdita del controllo; nella reiterazione.

Il disturbo coinvolge soprattutto il sesso femminile in giovane età, insorge infatti tra i 18 e 39 anni. E le cure? Una soluzione unica non esiste, fondamentale è il consulto psicologico. Eppure negli Usa, gli psichiatri dell'Universita' del Minnesota hanno testato per otto settimane, su un gruppo di persone con una sindrome diagnosticata da shopping compulsivo, una sostanza chiamata memantina, normalmente prescritta per prevenire il deterioramento nei pazienti con Alzheimer moderato o grave. I soggetti dello studio hanno un’età compresa tra i 19 e i 59 anni: dopo la sperimentazione, il numero degli acquisti, e il tempo speso in negozio, diminuiva sensibilmente senza effetti collaterali. La memantina, agendo sul glutammato chimico del cervello, e usata per i disturbi della demenza, potrebbe essere collegata anche alla sfera dell'ossessività.
Come spiegato dai ricercatori, la manipolazione farmacologica del sistema del glutammato può indirizzare il comportamento impulsivo che è alla base degli acquisti compulsivi.