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SocGen: 40% di possibilità che il cigno nero arrivi dall’Europa

L’economia globale da tempo stressata, adesso più che mai convalescente (e nemmeno in maniera organica) non può permettersi il lusso di una tempesta inattesa, ancora di più considerando il fatto che i possibili focolai di infezione sono molto numerosi e che le scelte delle politiche monetarie da parte delle banche centrali, finora unici market drivers, stanno procedendo verso una manovra delicatissima.

I fronti che si guardano

Da una parte la Fed si è ormai impostata in maniera sempre più chiara, verso una stretta dei tassi che, con ogni probabilità, verrà ufficializzata tra 15 giorni e potrebbe vedere la luce già nelle prossime settimane, mentre invece il Giappone ancora stenta a raccogliere i frutti del suo gigantesco Quantitative Easing, tanto da dover rimandare ulteriormente il previsto aumento dell’Iva dall’8% al 10% per non stressare ulteriormente una domanda interna di per sè debole. Al centro di tutto l’Europa, l’unica che, forse, potrebbe iniziare a veder qualche spiraglio se non altro dall’arrivo di stime sull’inflazione che potrebbero infondere qualche nota di ottimismo.

Sempre che…

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Sempre che, ovviamente, tutto vada per il verso giusto. Sì, perchè stando agli ultimi aggiornamenti rilasciati da Societè Generale, circa la presenza dei possibili eventi imprevisti e nefasti che potrebbero scatenare la tempesta sui mercati, i cosiddetti cigni neri, è proprio dal Vecchio Continente che arriverebbero le potenzialità più negative. A far preoccupare gli analisti e i traders non è tanto la situazione finanziaria o economica, ormai ampiamente monitorata e, con gli interventi più o meno discutibili della Bce (Toronto: BCE-PA.TO - notizie) , anche gestibile, quanto un elemento di fronte al quale la stessa Banca Centrale, nonostante la sua estrema influenza, può ben poco: le elezioni. Non si tratta solo del fenomeno Brexit, per quanto particolarmente temuto persino dai ministri delle finanze del G7 che non ha esitato a mettere il possibile addio di Londra all’Europa, in cima alla lista dei pericoli per l’economia mondiale, quanto la mancanza di stabilità politica in generale. Al di là del referendum che i terrà il 23 giugno in Gran Bretagna, infatti, nel Vecchio Continente c’è anche altro. E di negativo.

Il primo problema

A cominciare dall’Austria: per quanto, fanno notare da SocGen (Parigi: FR0000130809 - notizie) , il candidato di estrema destra abbia perso le elezioni, resta il fatto che ha potuto contare su un notevole appoggio della popolazione che per quasi la metà non ha esitato a votare per la sua ideologia separatista e xenofoba. E ancora prima di questo evento, c’è da segnalare il lungo litigio tra la Germania e la Bce sulle misure aiuto all’economia europea decise da Mario Draghi e contro le quali si è scagliata Berlino, tanto da chiamare in causa la Corte Costituzionale tedesca che dovrà decidere sulla legittimità del programma Omt di acquisto di titoli di Stato della Bce, decisione che verrà resa pubblica il 21 giugno ma che è solo l’ultimo step di una lotta, come detto, iniziata a più riprese da mesi e che porta con sè più di un significato visto che l’anno prossimo la Germania stessa dovrà affrontare le sue elezioni e il partito della Merkel non vuole certo presentarsi ai suoi elettori rivestendo il ruolo di chi si è dovuto sottomettere alla volontà della Bce.

2017: anno di elezioni

Ma le elezioni non riguarderanno solo la Germania: il 2017 infatti chiamerà alle urne anche gli elettori francesi e olandesi, senza dimenticare un’altra fanfara, non propriamente elettorale ma estremamente importante sul fronte politico, quella d ottobre in cui saremo noi italiani chiamati a decidere con un referendum sulle modifiche apportate alla Costituzione dal governo Renzi. Il pericolo di instabilità si trova nel fatto che, secondo quanto promesso da molti rappresentanti dell’esecutivo, nel caso in cui la riforma non dovesse passare, il governo potrebbe dare le dimissioni, dando origine, perciò, ad un altro focolaio di instabilità politica proprio sul paese che deve combattere anche contro il peso del secondo debito pubblico dell’Eurozona. Dopo la Grecia.

E poi, la Spagna...

Resta poi aperto un altro fronte, quello spagnolo con Madrid che deve in un modo o nell’altro riuscire a darsi un governo, cosa piuttosto difficile visto che da ormai 6 mesi i vincitori delle elezioni, privi di una maggioranza assoluta, non sono riusciti a trovare un accordo per formare un governo. Risultato: il 26 giugno la penisola iberica dovrà tornare nuovamente alle elezioni.

Davanti a questo scenario non c’è da meravigliarsi che gli analisti di SocGen diano proprio all’Europa un 40% di possibilità di essere la patria del prossimo cigno nero, percentuale che supererebbe anche quella della Cina a cui viene attribuito “solo” il 30%.

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