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Sondaggi sotto accusa, nessuno aveva previsto risultato Europee

ROMA (Reuters) - Pd 40,8%, M5s al 21,1%. Alzi la mano chi ha visto anche solo uno di questi numeri in uno dei tanti, tantissimi sondaggi che ci hanno inondato in questa campagna elettorale, o anche solo in un exit poll, quando le urne erano già state chiuse. Come già era successo alle politiche del 2013 il flop è stato totale. E la domanda è inevitabile: come mai? Come può succedere un livello di errore così alto? La risposta che viene dai diretti interessati non è stata al momento esauriente. I più coraggiosi si sono presentati in televisione per cercare di rispondere. Antonio Noto di Ipr, ieri sera a Porta a porta, ha cercato di spiegare che in fondo i suoi sondaggi indicavano il Pd nettamente vincitore sui grillini. Vero, ma i venti punti di scarto? Colpa delle risposte ricevute dagli intervistati. Qui c'è sicuramente uno dei problemi. Alessandra Ghisleri, di Euromedia, considerata fino a un anno una delle aziende più affidabili, ha provato a difendersi da Corrado Formigli su La7 e spiegare un suo sondaggio della vigilia rilanciato sui social network. Si è scritto che il sondaggio dava i grillini al 29,5% e Renzi al 30,5%, il punto più ravvicinato fra tutte le voci della vigilia. Difesa: quei dati erano gli estremi (massimo e minimo) di forchette larghe 3 punti. La colpa quindi sarebbe in questo caso nel divieto di poter pubblicare (e farlo dunque in maniera esatta) le rilevazioni. Preso nota, ma 3 punti di differenza a due giorni da un voto che ne ha indicati invece 20 non è comunque un errore clamoroso? La Ghisleri si difende dicendo che il suo sondaggio aveva preso al decimale il risultato di Lega e Ncd: vero, ma risposta insufficiente se poi l'errore è tale sui primi. Per trovare risposte più esaurienti proviamo a sentire cosa pensano commentatori di rilevazioni demoscopiche. Luca Ricolfi scrive oggi sulla Stampa: "Nella testa di molti elettori si dev'essere formata la sensazione che Beppe Grillo davvero potesse vincere, e conseguentemente è scattato il consueto 'effetto winner', ossia la tendenza degli intervistati ad adeguarsi al clima di opinione, esprimendo intenzioni di voto generose verso il vincitore annunciato e prudenti verso il possibile perdente". Risposta al quesito, ma non troppo convincente ed esauriente del fenomeno. Paolo Natale, su Europa, prova ad andare più alla sostanza: "Esiste ormai in Italia un elettorato, stimabile attorno al 10% dei votanti, che si pone in maniera equidistante nella scelta per uno dei due principali partiti (o movimenti). Questi elettori decidono di volta in volta, e generalmente nelle due settimane prima del voto, se privilegiare l'uno o l'altro, determinando infine la vittoria di uno dei due contendenti e la (parziale) sconfitta dell'altro". SWG PIU' VICINO A RISULTATO PD. PIEPOLI: PREZZI IMPOSSIBILI Il Corriere della sera scrive oggi che Nando Pagnoncelli (Ipsos) ha fornito a Matteo Renzi alla vigilia del voto un ultimo sondaggio che dava il vantaggio del Pd in 7-8 punti. Sempre venerdì il sondaggio finale più generoso fra la decina che Reuters ha potuto consultare era quello di Swg, con un distacco di 9 punti e il Pd visto al 34,5%, il livello più alto di tutti. Cioè quello che si avvicinava di più al risultato finale dava un distacco meno della metà di quello reale e il Pd oltre 6 punti sotto il dato finale. Nessuno dava, fra i minori, Tsipras oltre il 4%. Qualcosa continua a non tornare. Abbiamo visto che sui poll incide sicuramente l'alta percentuale di coloro che hanno deciso (i famosi "indecisi") all'ultimo momento o che addirittura hanno cambiato opinione. Secondo taluni sondaggisti il livello di indecisi che poi sono andati a votare sarebbe stato addirittura del 14%, una entità in grado di scombinare qualsiasi previsione. Un'ultima considerazione va fatta sul numero delle aziende specializzate. Gli istituti demoscopici di livello in Italia sono almeno 10, un numero che continua a crescere. La concorrenza non sempre premia la qualità. Nicola Piepoli, uno dei pionieri del settore in Italia, tempo fa rilevava che "i livelli competitivi sui prezzi rendono ormai impossibile partecipare a certe gare". Facile pensare che offerte imbattibili possano penalizzare la qualità della ricerca, proprio in un momento in cui la complessità della stessa (il fatto che le migliori ormai non prevedano solo un mix fra interviste su telefono fisso e mobile ma anche l'utilizzo di social media e internet in generale) e la necessità di affinare campione e avere più sofisticati strumenti di correzione pretenderebbe maggiori investimenti. (Paolo Biondi) Sul sito www.reuters.it altre notizie Reuters in italiano. Le top news anche su www.twitter.com/reuters_italia