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Stasi sui mercati: si guarda a G20 e si teme la Bce

Il panorama internazionale è in fermento. Da una parte, in Germania, si sta svolgendo a Baden Baden il vertice del G20, dall’altra parte dell’oceano, invece, Angela Merkel, cancelliere tedesco, incontra il presidente Usa Donald Trump.

La situazione in Corea

Il tutto mentre il segretario di Stato Rex Tillerson si trova in Sud Corea per riuscire a trovare un nuovo approccio diplomatico nella complicata e delicatissima questione riguardante una delle zone più militarizzate al mondo. Una situazione tanto difficile da portare proprio Tillerson a dichiarare che tra le opzioni sul tavolo ci sarebbe anche quella dell’intervento militare contro la Corea del Nord. Intanto in Europa la Bce (Toronto: BCE-PRA.TO - notizie) fa spaventare i mercati.

Ma procediamo con ordine partendo proprio da quest’ultimo punto. Il consigliere della Bce, Ewald Nowotny ha sottolineato in un’intervista che mentre la Fed ha deciso di chiudere il programma di acquisti di asset per poi stringere sui tassi di interesse, la bce potrebbe fare l’esatto contrario e cioè aumentare il costo del denaro prima di chiudere il Quantitative Easing. Non solo, ma il rialzo dei tassi potrebbe non riguardare tutte le tipologie in contemporanea ma solo alcune come ad esempio quello sui depositi (-0,4%) che potrebbe essere il primo ad essere modificato al rialzo. A tutto vantaggio delle banche le quali si troveranno a dover pagare dimeno per tenere i proprio capitali depositati nei forzieri della Bce.

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Anche per questo motivo i mercati oggi appaiono indecisi e freddi rispetto all’euforia di ieri dettata dalla vittoria delle forse europeiste in Olanda. Poco prima delle 14 Piazza Affari segnava un risultato di -0,06% sufficiente però a difendere il traguardo dei 20mila punti (20.098), un trend che vede il Ftse Mib accomunato al resto delle altre piazze europee visto che nello stesso momento il Dax veniva fotografato a +0,05%, il Ftse 100 di Londra a +0,21% e il Cac 40 di Parigi a +0,3%. Lo spread Btp/bund, intanto torna a superare i 200 punti arrivano a 208 con un rendimento al 2,56%.

I G20

Intanto l’attenzione è divisa anche con un altro avvenimento, il G20 in Germania. Ieri si è avuta una serie di incontri incrociati tra il Segretario al Tesoro americano, Steven Mnuchin, e il suo collega tedesco Wolfgang Schäuble (presumibilmente al centro dei colloqui, tra le altre cose, il surplus tedesco che da tempo Trump ha chiesto di ridurre) mentre la Merkel telefonava al premier cinese Xi Jinping per ribadire l’appoggio di Berlino al libero commercio, appoggio che, paradossalmente, vede confluire sugli stessi binari un po’ tutto l’occidente, insieme alla Cina, con l’esclusione, ancora più assurda, degli Usa, un tempo esempio di liberismo assoluto, oggi invece portabandiera di un nazionalismo da molti visto con sospetto, ancora di più in un mondo in cui persino le grandi potenze comuniste hanno da tempo abbandonato i punti fermi dell’ideologia marxista. E proprio con la Cina si potrebbe tornare a una nuova guerra fredda, o comunque commerciale visto che il responsabile del Tesoro Steven Mnuchin ha confermato la possibile creazione di dazi alle merci importate da Pechino.

Molti i punti sui quali si dovrà discutere per riuscire a trovare un accordo o per lo meno un punto di vista comune, cosa che appare difficile dal momento che a mancare è persino una base di partenza condivisa. Un primo passo potrebbe essere quello della svalutazione competitiva, da tutti (ufficialmente) negata e dagli Usa (ufficialmente) criticata viste le varie proteste di Trump contro un dollaro che appare troppo pesante nella guerra dei cambi e che per questo motivo non giova all’export a stelle e strisce anche se il segretario al Tesoro ha ribadito che, invece, un biglietto verde particolarmente forte potrebbe essere un punto a favore ma solo sul lungo periodo perchè sintomo di una ripresa economica su larga scala.

Le tensioni con la Cina

Ma l’incontro è importante anche perchè permette di trovare nuovi spunti per inquadrare meglio la politica dei repubblicani e soprattutto l’atteggiamento della nuova squadra di governo, i cui esponenti, o per lo meno la maggior parte di loro, ha un’esperienza politica nulla. A cominciare proprio dal presidente Trump e dal segretario di Stato Tillerson ex petroliere. Un confronto quanto mai necessario in particolare alla luce di una deregulation i cui margini sono ancora oscuri visto che dalla Casa Bianca si è confermata prima la volontà di una riforma radicale della Dodd-Frank, la serie di norme che regolano il potere delle banche, creato all’indomani della crisi: in contemporanea, però, fonti vicine al presidente hanno confermato invece che le ultime intenzioni sarebbero quelle di evitare nuovamente il caos che regnava prima della crisi del 2008. In altre parole: la Dodd-Frank dovrebbe restare. Almeno fino a nuovo ordine. Insomma, tutto e il contrario di tutto e per capire cosa sta veramente accadendo ogni elemento torna utile. Il primo, ad esempio, è la legge di bilancio che ieri Trump ha presentato al Congresso e con la quale si chiedevano tagli corposi allo stato sociale, alle agenzie per l’ambiente e per lo sviluppo, comprese quella per l’agricoltura, mentre venivano incentivati i capitali destinati alla Difesa. Nulla di nuovo rispetto a quanto detto in campagna elettorale, se non fosse per due elementi nuovi: il primo è che i tagli imposti sono anche superiori a quelli previsti e inizialmente annunciati, il secondo è che, alla luce della tensione in Corea, il rafforzamento della Difesa appare fin troppo sospetto.

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