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Troppa sofferenza: la campionessa paralimpica ha scelto di morire

Marieke Vervoort ai Giochi di Rio del 2016 (REUTERS/Jason Cairnduff)
Marieke Vervoort ai Giochi di Rio del 2016 (REUTERS/Jason Cairnduff)

La campionessa paralimpica belga Marieke Vervoort ha posto fine alla sua vita attraverso l'eutanasia. Aveva 40 anni. Nel 2008 aveva firmato i documenti per l'eutanasia, che in Belgio è legale.

Dopo i Giochi di Rio del 2016, l'atleta aveva annunciato di essere intenzionata a ricorrere all'eutanasia se la sua malattia degenerativa fosse peggiorata aggravando ulteriormente le sua sofferenza. "Mi sto godendo ogni piccolo momento - aveva detto in una conferenza stampa durante i Giochi del 2016 -. Quando saranno di più i brutti giorni di quelli belli, i miei documenti per l'eutanasia sono pronti, ma il tempo non è ancora arrivato"

La Vervoort soffriva di una malattia muscolare degenerativa che le causava dolore costante e paralisi alle gambe. A malapena era in grado di dormire e, gradualmente, la sua vita è diventata una tortura. Aveva solo 14 anni quando le fu diagnosticata la malattia. E nonostante tutto, questo non ha impedito alla Vervoort di dedicarsi allo sport con passione: dal basket su sedia a rotelle, al nuoto fino al triathlon.

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In carrozzina aveva vinto una medaglia d'oro nei 100 metri e ottenuto un argento nei 200 alle Paralimpiadi di Londra 2012; alle Paralimpiadi di Rio, nel 2016, invece, aveva vinto l'argento nei 400 e si era presa il bronzo nei 100.

Con un messaggio via twitter, la Casa Reale del Belgio ha espresso le sue condoglianze per il decesso della campionessa: "Siamo profondamente rattristati per la morte dell'atleta paralimpica Marieke Vervoort. Tutti i nostri pensieri vanno alla sua famiglia e a chi le è vicino".

Una cerimonia funebre è prevista lunedì a Diest, in forma strettamente privata.

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