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Trump ora è in vantaggio. Le ragioni per cui potrebbe vincere

Miserabile, ignorante, pericoloso pagliaccio part-time, e sociopatico a tempo pieno. Non risparmia gli epiteti Michael Moore quando deve rivolgersi a Donald Trump , attuale rappresentante dei repubblicani nella corsa alla Casa Bianca e, secondo una nuova rilevazione della Cnn/Orc, addirittura in vantaggio sulla sua rivale, la democratica Hillary Clinton con un vantaggio del 3% (48% contro il 45% della Clinton).

Le ragioni della vittoria

A sostegno delle paure di Moore e quindi della vittoria del repubblicano voterebbero per lo più gli elettori appartenenti alla cosidetta fascia degli indipendenti oltre che, ma in questo caso si tratta più che altro di un'indicazione al limite del folkloristico, Malik Obama, un fratellastro dell'attuale presidente Usa Barack Obama. Tornando al giudizio di Micheal Moore, la vittoria di Trump sarebbe ben più concreta di quanto immaginato. Di certo il fatto che la stragrande maggioranza dell'elettorato, cioè il il 77% sia composto proprio dalle categorie che Trump ha insultato (donne, giovani under 35 e minoranze etniche oltre che persone di colore) non deve rappresentare una sorta di assicurazione sul fatto che Trump riceverà mai i loro voti.

Sono sempre i numeri a smentire ogni logica: 56 primarie e caucus, 16 candidati Repubblicani e dissapori interni al partito (oltre alle gaffe fatte da Trump stesso) non sono bastate per fermare la sua furia devastante.

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Un ritorno al passato

Ad essere in pericolo potrebbero essere le conquiste sui diritti civili e ambientali fatte in questi ultimi anni. Quale sarebbe il problema? Per votare si deve uscire di casa e negli Usa la partecipazione al voto è bassa quasi quanto quella italiana. Moore dichiara che nella maggior parte delle elezioni è difficile raggiungere il 50% dell'affluenza ai seggi: a vincere non è chi ha idee migliori o chi ha più voti ma chi riesce a convincere gli elettori a sorbirsi la “fatica” di andare in cabina elettorale e dare la preferenza. A smuovere la pigrizia degli aventi diritto potrebbe essere solo la rabbia. E gli elettori della ex first lady sono tutto fuorchè rabbiosi.

Decisivi saranno gli scontenti del Rust Belt, i quattro stati a nord dei Grandi Laghi: Michigan, Ohio, Pennsylvania e Wisconsin, stati che Moore ricorda essere “tradizionalmente democratici ma che hanno eletto governatori repubblicani dal 2010. In questa corsa specifica, l'asso nella manica per Trump è quell'accordo nordamericano di libero scambio fra USA, Canada e Messico, il North American Free Trade Agreement che ha creato la più grande zona di libero scambio al mondo, ma anche la più insidiosa visto che ha aperto le porte del Messico, stato verso cui la maggior parte delle aziende Usa hanno scelto di emigrare, delocalizzando la produzione e licenziando la maggior parte dei loro lavoratori, quasi tutti negli stati industriali dell'Upper Midwest. Chi lo decise? Era il 1994 e allora il presidente firmatario era un certo Bill Clinton… E nel caso ciò accadesse e a decidere le sorti fossero le conseguenze di un accordo chiuso oltre 20 anni fa, Hillary avrà un ulteriore, ennesimo motivo per rimproverare il marito.

Il punto di forza di Trump

Per salvare i lavoratori, Trump promette, come deterrente, una tassa del 35% su ogni vettura fabbricata in Messico e rispedita agli Stati Uniti, mercato di riferimento. Lo stesso per la Apple, con una produzione che dalla Cina potrebbe dovrebbe tornare in Usa. In questo caso i democratici non hanno saputo fare niente di meglio. La seconda motivazione è più “di genere”: la Clinton è pur sempre una donna e per quanto l'America sia emancipata, la paura di una vendetta sessista, secondo Moore, dopo 8 anni di un afroamericano, potrebbe realizzarsi: in altre parole meglio Trump. Senza contare che, a differenza di quanto si possa pensare, la Clinton, bene o male, ha un atteggiamento tendenzialmente inaffidabile per il 70% degli elettori ed è stranamente facile a coinvolgere la nazione in azioni di guerra.

Non è ben vista dalle donne (nonostante la sua figura di donna in carriera, intelligente e caparbia, fin troppo), non è ben vista dia giovani, non è trascinatrice e non crea nessun entusiasmo. Inoltre, altro motivo a favore di Trump, il fatto che quello di Hillary è un voto che non può contare che su un appoggio minimo da parte dei sostenitori di Bernie Sanders, sostenitori che Moore definisce “depressi” e che per questo si limiteranno, se lo faranno, a votare da soli senza coinvolgere amici e parenti. Ultimo fattore da considerare, i cosidetti “ribelli segreti” ovvero quelli che, giudicando le idee della Clinton troppo radical chic potrebbero, nel segreto dell'urna, annullare la propria scheda oppure, quasi per vedere cosa succede in caso di arrivo di Trump alla Casa Bianca, votare per quest'ultimo. Il gusto del brivido e un calcio alla noia. In queste elezioni potrebbe esserci anche loro tra i protagonisti.

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