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TRY in calo dopo gli attacchi a Istanbul e il PIL debole

TRY sotto tiro dopo gli attacchi gemelli di Istanbul

di Arnaud Masset

La lira turca ha vissuto un altro avvio di settimana turbolento, cedendo quasi il 2% contro il biglietto verde dopo l’esplosione di due bombe a Istanbul di sabato. Per la lira, che diventa sempre più sensibile ai rischi politici locali e allo sviluppo generale della propensione al rischio, sta per iniziare un anno complicato, perché il miglioramento delle prospettive sui rendimenti USA sta trascinando via dai mercati emergenti gli investitori. Sul fronte politico, il partito del presidente Erdogan, l’AKP, ha presentato una proposta volta ad ampliare i poteri del presidente a scapito del primo ministro. Le modifiche costituzionali proposte spingerebbero la Turchia verso un sistema di tipo presidenziale da uno di tipo parlamentare. Se la proposta di legge passerà, probabilmente non sarà vista positivamente dagli investitori internazionali perché metterebbe in pericolo la continuità della stabilità e farebbe aumentare le tensioni politiche nel paese.

L’economia turca sta già facendo fatica a finanziare il massiccio deficit commerciale, pari circa a 15 miliardi di USD, e recentemente la crescita del PIL ha mostrato ulteriori segnali di debolezza. Nel (Londra: 0E4Q.L - notizie) terzo trimestre, la crescita del PIL è scivolata in territorio negativo, contraendosi dell’1,8% a/a rispetto allo 0,3% delle previsioni medie e al 3,1% del T2. Le prospettive, purtroppo, non sono rosee: la banca centrale continua a dover fare i conti con forti pressioni inflazionistiche, accentuate dalla debolezza della lira, trovandosi costretta a restringere la politica monetaria. A fine novembre, infatti, la Banca Centrale di Turchia ha aumentato due dei suoi tassi di riferimento, aumentando il tasso sui pronti di 50 punti base, portandolo all’8%, e quello di rifinanziamento di 25 punti base, all’8,50%. La TRY non ha reagito alla decisione, perché il mercato continua a concentrarsi sul miglioramento delle prospettive sui rendimenti USA, nella speranza che Donald Trump dia una spinta alla maggiore economia mondiale.

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Il petrolio spinge le valute legate alle materie prime

di Peter Rosenstreich

Durante la seduta asiatica, le valute legate alle materie prime, in primis NOK e CAD, si sono apprezzate contro l’USD. Il catalizzatore è stato il primo accordo dal 2001 fra produttori OPEC e non-OPEC per tagliare l’eccedenza globale di oro nero. Sull’onda della notizia del raggiungimento dell’accordo, i prezzi del greggio sono saliti del 5%, e da giovedì scorso hanno compiuto un rally del 9,74%, salendo a 54,51 USD. Tuttavia, dopo l’impennata iniziale, gli indici delle borse regionali asiatiche sono scesi (con l’eccezione dell’ASX, che segue l’andamento delle materie prime; nello specifico, il rame ha fatto registrare un’impennata). Vista la generale euforia per il primo accordo dopo 15 anni e considerando che l’Arabia Saudita ha segnalato la disponibilità a tagliare ulteriormente la produzione, il Brent potrebbe dirigersi verso i 58 USD (WTI: 56 USD). Assistiamo a un posizionamento eccessivo sull’USD (cinque rialzi della Fed entro la fine del 2018) e c’è spazio per un ulteriore rialzo del petrolio, quindi crediamo che il tema della reflazione di Trump si stia surriscaldando e pertanto andremmo lunghi sulle materie prime nel breve termine. Per quanto riguarda l’azionario, il rialzo del petrolio è già scontato, quindi gli operatori dovrebbero evitare operazioni sul settore energetico USA (le valutazioni USA appaiono elevate, quindi appare più intelligente e redditizio operare su titoli europei a prezzi scontati).

Andare lunghi sulla GBP

di Peter Rosenstreich

Nel breve termine, rimaniamo costruttivi sulla GBP. Nel Regno Unito, il tasso d’inflazione (IPC) sembra aver subito un’accelerazione a novembre, al +1,1% (massimo da due anni), grazie all’aumento dei prezzi dei generi alimentari e dei carburanti. Poiché il mercato immobiliare e del lavoro sono ancora stretti, questa settimana la BoE (Shenzhen: 200725.SZ - notizie) manterrà probabilmente la politica invariata. Alla Corte Suprema continuerà inoltre l’udienza del ricorso sulla decisione dell’Alta Corte, secondo cui il governo deve ottenere il permesso del parlamento prima di innescare l’Articolo 50 e dare così avvio al processo di uscita dell’UE. Sebbene la Brexit rimanga la fonte primaria di volatilità nel breve termine, un miglioramento dell’economia britannica nel medio termine, insieme a una BoE passiva, permetteranno alla GBP di rafforzarsi. Consideriamo le vendite sulla coppia GBP/USD come un’opportunità per ricaricare i lunghi.

Autore: Swissquote Per ulteriori notizie, analisi, interviste, visita il sito di Trend Online