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Utility, portafoglio partecipate vale 16 miliardi, un esercito di nominati

MILANO (Reuters) - Il portafoglio delle utility partecipate dai comuni italiani nei diversi settori (acquedotti, aeroporti, autostrade, energia elettrica e gas, igiene urbana e trasporti pubblici locali) valeva a fine 2013 15,8 miliardi di euro, di cui i 4,2 miliardi in valore di Borsa se riferito alle principali utility italiane quotate a Piazza Affari: A2A, Acea, Hera, Iren e Acsm-Agam. E' quanto emerge dall'analisi condotta dall'area studi di Meidobanca sulle principali società partecipate dai maggiori enti locali nel periodo 2006-2013, presentato oggi. In altri termini, se gli enti locali italiani (Comuni, Province e Regioni) vendessero le quote detenute nelle utility, potrebbero ridurre i loro debiti di quasi un quinto (il 17%), con il comune di Milano che incasserebbe 2.565 milioni, Roma 2.122 milioni, Torino 1.266 milioni e Brescia 1.659 milioni. Per questi comuni a fare la differenza sono le partecipazioni detenute nelle multiutility quotate. Sempre ragionando nell'ipotesi di una cessione e conseguente reinvestimento dei proventi a un tasso stimato a fine 2013 del 2%, gli enti locali avrebbero un ritorno di circa 330 milioni l'anno contro dividendi 2013 per 370 milioni. Non ci sarebbero, quindi, molte differenze né ragioni economiche per mantenere quote nelle utility, sostiene lo studio. Ma la vera contropartita di questo sistema così complesso, emerge dalla studio, è quello dell'esercizio del potere di nominare migliaia di consiglieri di amministrazione nelle numerose società partecipate che in caso di cessione del controllo verrebbe meno. In un anno, i 115 enti locali presi in esame dallo studio hanno espresso 5.008 nomine, di queste 2.048 in società 2.960 negli Enti, con una media di 35 per Comune, 27 per Provincia e 101 per Regione. Queste ultime pagano in media il 63% in più rispetto alle Province e il 24% sui Comuni. Per le figure apicali in un cda si passa dai 25.490 euro annuali dei Comuni ai 31.847 delle Province, ai 52.202 delle Regioni. Infine, se si guarda al rapporto fra compensi e Pil pro-capite regionale, emerge che un AD di una partecipata arriva a guadagnare mediamente quasi 4 volte in più (3,7) a Cagliari e 3,5 volte a Napoli fino a 2,5 volte a Catanzaro; mentre i compensi medi delle cariche apicali delle partecipate delle Province vedono in testa Reggio Calabria con 6,7 volte il Pil pro capite regionale, seguita da Bari con 4,3 volte. Quanto alle controllate regionali, i compensi medi sono maggiori in Basilicata e Puglia, seguiti da Sardegna e Lombardia. (Giancarlo Navach) Sul sito www.reuters.it altre notizie Reuters in italiano. Le top news anche su www.twitter.com/reuters_italia