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E venne (di nuovo) il giorno dello short squeeze

E venne (di nuovo) il giorno dello short squeeze.

In realtà la giornata è iniziata in Asia come molte di quelle che l’hanno preceduta, con un sentiment opaco, in parte ereditato da Wall Street ieri sera (-0.2%).

Tokyo ha continuato a soffrire il ridimensionarsi delle aspettative di deprezzamento dello yen seguito alle scaramucce del G7. Il Ministro delle Finanze Aso ha smorzato i toni, dichiarando in Parlamento di non aver alcuna intenzione di svalutare significativamente lo Yen, e aggiungendo che se si dichiarasse soddisfatto dell’attuale livello di 109 vs $ ciò farebbe notizia e influenzerebbe i mercati e quindi i commenti devono essere assai prudenti. Come dire: l’attuale livello ci soddisfa ma non possiamo dirlo. O almeno cosi lo ha interpretato il mercato.

Gli indici cinesi hanno a loro volta ripiegato, oppressi dal circolare sui media locali di indiscrezioni sulla necessità di reprimere la speculazione immobiliare. Una certa attenzione ha attirato un pezzo del WSJ la cui tesi è che i progressi verso la liberalizzazione del cambio sono stati cancellati, e questo è tornato sotto lo stretto controllo PBOC (sai che novità).

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La faccenda ha cominciato a cambiare all’apertura europea, quando, dopo l’ormai consueto tuffo al ribasso, gli indici europei hanno preso a salire, senza più guardarsi indietro. Difficile individuare un preciso catalyst per il movimento. I dati macro hanno avuto sapore misto:

  • Confermata l’accelerazione nel Pil tedesco (+0.7% a Q1) guidata da un balzo degli investimenti (+1.8%) e dal canale estero, mentre la crescita dei consumi è rimasta stabile a +0.4%.

Lo ZEW ha sorpreso in positivo nella componente coincidente, ma le attese a 6 mesi hanno deluso.

Certo, l’€ ha trascorso la giornata a scendere, chiudendo la seduta europea sui minimi da metà marzo. Peraltro, oggi il rapporto causa/effetto è difficile da chiarire. E’ stato l’azionario a reagire al Forex o viceversa?

Parimenti, la price action sulla sterlina (+1.6% vs €) sembra indicare che è un corso un ridimensionamento del rischio “brexit” da parte dei mercati, sicuramente uno sviluppo a favore del sentiment. Eventualmente il cannoneggiamento di dichiarazioni terroristiche sta ottenendo effetti. Da natoare che nonostante tutto lo “Sturm Und Drang” sul referendum, la borsa inglese è flat da inizio anno, a differenza delle consorelle EU.

Detto ciò, l’impressione personale è che il principale driver del movimento odierno sia nuovamente una frenetica ricopertura del corto, da parte di un mercato posizionato in maniera assai difensiva. Tra le prove indiziarie di questo stato di cose metto:

  1. il fatto che il movimento sia guidato dagli indici e settori più massacrati del 2016 (vedi l’indice bancario italiano a +5.4% senza news particolari).

  2. il fatto che, nonostante la sontuosità della performance, i volumi sul cash siano significativamente inferiori alla media trimestrale (77%) mentre l’attività si concentri sui futures e sulle opzioni.

  3. la circostanza che i bonds reagiscano poco o nulla, per il momento, all’apparente euforia sull’azionario.

Insomma, il quadro tecnico pericolante, la price action nervosa e ondivaga, il cambio stance della FED, hanno minato la confidence degli investitori, e li hanno indotti a ridurre ulteriormente il rischio di portafoglio nelle scorse settimane. Ma la convinzione è cosi bassa che il minimo cambio d’aria costringe li costringe a inseguire il mercato, per timore di perdere il rally, dopo aver partecipato in forze alla discesa.

Non a caso, la survey mensile dei fund manager di Merril Lynch, uscita i giorni scorsi, ha segnalato che l’allocazione media sull’azionario Eurozone si trova ai minimi da 17 mesi, essendo passata, a maggio, a un 26% di overweight, in discesa da un 33% di aprile, e un 41% di marzo. In US poi abbiamo un 13% netto di gestori underweight, in salita dal 10% di aprile.

Il problema è che questo tipo di movimenti (oggi la salita dell’Eurostoxx dai minimi d’apertura supera il 3%) è difficile da sostenere. A questi ritmi, il mercato si riequilibra rapidamente, e poi in assenza di driver positivi ripiomba nell’apatia.

Nel (Londra: 0E4Q.L - notizie) pomeriggio, in US, botto delle new home sales di aprile (+16.6% da prec -1.3% e vs attese per +2.4%), all’incremento massimo dal 2007. Il caveat è che si tratta di una serie volatile, che l’annualizzazione spettacolarizza. Deludente, per contro, il Richmond Fed di maggio (-1 da prec 14 e vs attesa per 8). Non che sia cosi affidabile come survey, ma è un fatto che a maggio le survey regionali stanno nuovamente calando, il che proietta un manifatturiero US nuovamente in contrazione dopo appena 2 mesi sopra 50.

Wall Street non se ne è granchè curata e sale ad un ritmo meno forsennato, coerente col suo status di borsa positiva da inizio anno, e come tale non interessata dal punto i) dell’elenco sopra (indici e settori più massacrati del 2016). A parte ciò, ovviamente l’azionario US non si giova della forza del $.

Notevole la tenuta del commodity complex a fronte del recupero del biglietto verde.

Ovviamente, la price action da una discreta sterzata al quadro tecnico sull’equity, pur non consentendo di trarre conclusioni definitive nell’immediato.

L’S&P 500 ha definitivamente negato il testa e spalle ribassista disegnato gli scorsi 2 mesi, e sta testando la trendline discendente dal massimo del 20 aprile, che proietterebbe un nuovo massimo sopra 2100.

L’Eurostoxx, col balzo odierno, esce prepotentemente dalla fase di consolidamento durata quasi tutto maggio (sottolineata dai 2 box nel grafico intraday) e ripropone la continuazione dello scenario rialzista dal minimo di febbraio. Il breakout è significativo e depone bene per il proseguimento. Ma la violenza del movimento ha caricato l’ipercomprato (evidenziato nel circolo in giallo) di breve e richiede un consolidamento, con il quale si deve evitare un ritorno del range, che configurerebbe un falso breakout.

Autore: Giuseppe Sersale Per ulteriori notizie, analisi, interviste, visita il sito di Trend Online