Annuncio pubblicitario
Italia markets close in 23 minutes
  • FTSE MIB

    34.257,45
    +317,70 (+0,94%)
     
  • Dow Jones

    38.205,46
    +119,66 (+0,31%)
     
  • Nasdaq

    15.948,31
    +336,55 (+2,16%)
     
  • Nikkei 225

    37.934,76
    +306,28 (+0,81%)
     
  • Petrolio

    83,64
    +0,07 (+0,08%)
     
  • Bitcoin EUR

    59.806,57
    +477,71 (+0,81%)
     
  • CMC Crypto 200

    1.331,68
    -64,86 (-4,65%)
     
  • Oro

    2.344,60
    +2,10 (+0,09%)
     
  • EUR/USD

    1,0686
    -0,0047 (-0,44%)
     
  • S&P 500

    5.105,37
    +56,95 (+1,13%)
     
  • HANG SENG

    17.651,15
    +366,61 (+2,12%)
     
  • Euro Stoxx 50

    5.006,72
    +67,71 (+1,37%)
     
  • EUR/GBP

    0,8570
    -0,0003 (-0,04%)
     
  • EUR/CHF

    0,9769
    -0,0016 (-0,16%)
     
  • EUR/CAD

    1,4616
    -0,0033 (-0,23%)
     

Venti fornitori di elettricità in default. Ed è solo l'inizio

Electricity pylon (Photo: fhm via Getty Images)
Electricity pylon (Photo: fhm via Getty Images)

Diciannove fornitori italiani di energia sono già andati in default, e senza rimedi urgenti potrebbe essere solo l’inizio. Come nel Regno Unito, dove sono saltate circa trenta aziende nell’arco di poche settimane, anche qui la crisi energetica non fa sconti: non solo tra le famiglie, in particolare quelle a basso reddito - alle prese con bollette raddoppiate e beni di consumo in rialzo - o tra le imprese - per le quali l’energia rappresenta un costo fisso difficile da comprimere - vale anche per i venditori che a quelle famiglie e a quelle imprese forniscono l’elettricità per i loro consumi e le loro produzioni. “Diciannove società, dall’oggi al domani, sono passate da un portafoglio clienti talvolta anche molto vasto a zero clienti. E non per problemi legati a capacità imprenditoriali ma a causa di una crisi energetica epocale che senza aiuti non si può contrastare ma solo subire al 100%”, dice all’HuffPost Diego Pellegrino, portavoce di Arte, associazione Reseller e Trader di Energia che rappresenta 130 operatori del settore, per un fatturato di due miliardi e circa un milione e trecentomila contatori.

Difficile dire quante siano le utenze interessate dal default che ha portato alla risoluzione di migliaia di contratti, si stima oscillino tra 300mila e 500mila. Ma la crisi che stanno attraversando le compagnie energetiche, al pari di quella per famiglie e imprese, sta diventando giorno dopo giorno la variante impazzita della pandemia economica: ”È un momento complesso, unico nella storia, ed è diventato un problema fondamentale che può mettere strutturalmente a repentaglio il nostro sistema industriale”, ha detto il delegato del presidente di Confindustria per l’Energia, Aurelio Regina. Venerdì in serata da Palazzo Chigi è trapelata la notizia che il Governo è al lavoro su nuove misure per arginare il caro bollette. Ma dall’esperienza degli scorsi mesi, con interventi piuttosto circoscritti, e dagli indizi fin qui emersi sul negoziato politico in corso, non c’è da farsi grandi illusioni su maxi-interventi.

Chi però rischia di essere tagliato fuori sono i fornitori, in particolari quelli piccoli e medi che operano nel mercato all’ingrosso. Eppure il fallimento delle società energetiche rischia di passare inosservato per una serie di ragioni. “In Gran Bretagna le aziende che cadono fanno rumore, qui no, perché i mercati funzionano in maniera molto diversa. Lì, quando una società fallisce interviene l’autorità di regolazione (Ofgem) che fa una ricerca, un’asta e trova immediatamente un operatore che si fa carico dei contatori, dando così un segnale visibile all’esterno”, spiega ancora Pellegrino. “Da noi invece, quando un operatore va in default, ai suoi clienti arriva solo una lettera per comunicare che passeranno nel cosiddetto mercato di ultima istanza. Da un giorno all’altro il cliente non ha più il fornitore con cui aveva stipulato un contratto ma passa perciò a un’altra società”. Non senza conseguenze sulle tasche dei clienti che possono trovarsi condizioni economiche diverse da quelle che avevano prima, sicuramente peggiorative in questo periodo di caro prezzi.

ANNUNCIO PUBBLICITARIO

La situazione rischia perciò di avvitarsi. Chi compra l’energia all’ingrosso sul Mercato del Giorno Prima (leggi in basso) si trova schiacciato tra il prezzo salito alle stelle e un ambiente normativo per nulla favorevole. Per dirla semplice: chi prima fatturava 10 e aveva marginalità 1, oggi si ritrova a fatturare 25 con una marginalità sempre di 1. Si crea perciò un problema di liquidità, con un onere finanziario e una necessità di cassa devastanti. “Quello che fatturiamo oggi - spiega ancora Pellegrino - lo incassiamo tra due mesi. Se poi c’è un cliente moroso, non si pensi solo alle famiglie ma anche alle imprese, i tempi per la messa in mora sono di altri due mesi. È una situazione insostenibile: per usare una metafora, noi siamo la sottiletta nel toast”.

Le forniture di questi operatori, inoltre, sono spesso legate a contratti con prezzi fissi, talvolta molto bassi perché siglati prima della crisi energetica: le bollette pesavano la metà, il prezzo dell’energia era cinque volte più economico.

I rivenditori sono stati tagliati fuori da ogni forma di ristoro. Chi invece ci sta guadagnando, ed è finito nel mirino del Governo, sono i produttori, in particolare quelli che producono da fonti rinnovabili o, nel caso della Francia ad esempio, da nucleare. Perché? La maggior parte delle transazioni di compravendita dell’elettricità avviene nel Mercato del Giorno Prima (Mgp), dove si scambiano blocchi orari di energia all’ingrosso per il giorno successivo. I produttori offrono blocchi di energia a un dato prezzo che rispecchia i loro costi di produzione. Tutte queste offerte vengono organizzate dal gestore del mercato elettrico (in Italia, ad esempio, Gme) e hanno ovviamente prezzi e quantità variabili. Chi produce da rinnovabili, ad esempio, offrirà un prezzo più basso rispetto a chi produce da gas, che ha costi operativi di gran lunga superiori (materia prima + permessi di emissione di CO2). Stesso discorso vale per le offerte di acquisto di chi quell’energia la vuole comprare, che vengono raccolte e organizzate dal gestore.

Tutte le offerte di vendita valide vengono “ordinate per prezzo crescente” e formano una curva di offerta aggregata, mentre tutte le offerte di acquisto valide “sono ordinate per prezzo decrescente in una curva di domanda aggregata”. In questo modo si incrociano domanda e offerta e nel punto di intersezione si definisce il prezzo marginale, che rappresenta l’equilibrio di prezzi e volumi. In questo momento gli impianti di rinnovabili, con costi operativi ampiamente ammortizzati, spingono al ribasso il prezzo dell’elettricità mentre le centrali a gas, con il costo della materia prima sui livelli mai visti prima, lo spingono di gran lunga al rialzo. Qui nasce la disfunzione temporanea che il mercato sta scontando in questi giorni. Perché il prezzo marginale, oggi fortemente influenzato dal metano, fa sì che a tutti i produttori venga pagato lo stesso prezzo, indipendentemente dal fatto che sia frutto di produzione da rinnovabili o da termoelettrico. Chi produce un megawattora da fonte rinnovabile verrà remunerato allo stesso modo di chi lo produce da centrale a gas, e poco importa che il primo abbia costi operativi di molto inferiori al secondo.

Sono questi gli extra-profitti che il Governo vorrebbe colpire, il problema è come. In Francia il titolo del colosso energetico nazionale Edf è caduto venerdì del 14,5% dopo l’annuncio del Governo Macron di voler praticare sconti sul mercato all’ingrosso. L’impatto sul titolo è stato evidente perché gran parte dell’energia prodotta da EDF arriva dal nucleare, e quindi con costi operativi ampiamente ammortizzati e nessun effetto del caro gas. Anche se è l’energia prodotta da gas che in questo momento sta facendo il prezzo marginale sul mercato.

L’esecutivo di Parigi applicherà quindi una misura che prevede un aumento di 20 terawattora del “volume di elettricità nucleare venduto a prezzo ridotto da Edf ai suoi concorrenti per farlo passare a titolo eccezionale da 100 a 120 terawattora”. L’iniziativa avrà un costo compreso tra i 7,7 miliardi e gli 8,4 miliardi di euro. In questo modo l’Eliseo prevede di contenere gli aumenti delle bollette al 4%.

In Italia non si ha per ora notizia di misure analoghe anche se il Governo ha confermato l’intenzione di colpire i maxi-profitti delle imprese energetiche, come ha confermato venerdì sera il ministro dell’Agricoltura Patuanelli. Non sorprende perciò che anche il titolo di Enel, nell’ultima seduta della settimana, abbia segnato -2,21%.

“Aiuti non ne abbiamo visti”, conclude Pellegrino, “e basterebbe poco, soprattutto per evitare che le imprese non chiudano. Abbiamo avanzato delle richieste al Governo, rimaste lettera morta. Non soldi ma garanzie e fideiussioni attraverso Sace, come era già avvenuto per le imprese durante i lockdown con il Decreto Liquidità”. Secondo Arera, i prezzi del gas per le famiglie aumenteranno del 42% e i prezzi dell’elettricità aumenteranno del 55% nel primo trimestre. “Serve subito un intervento normativo perché attualmente il mercato italiano Gme accetta fideiussioni solo di tipo bancario, mentre basterebbe una garanzia Sace su Gme, Terna e Snam per dare più certezze al mercato. Anche se saltasse una compagnia, altre centinaia verrebbero salvate”.

Questo articolo è originariamente apparso su L'HuffPost ed è stato aggiornato.

Leggi anche...