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Wall Street non promette niente di buono. E domani riunione Opec

Naturalmente si tratta solo ed esclusivamente di una coincidenza, ma resta comunque una di quelle coincidenze curiose e che lasciano un sorriso ironico sul viso. A 30 anni esatti di distanza, oggi Wall Street ha dato i primi sintomi di quel pullback che in molti temevano ed altrettanti speranzosi, attendevano. Dalle prime fasi del premercato si è registrato un forte ribasso in particolare sui futures del Dow Jones che persono 125 punti mentre si registrano forti vendite anche sui futures S&P e Nasdaq (Francoforte: 813516 - notizie) 100.

In attesa del verdetto

Chi invece potrebbe sorridere, ma non è assolutamente una certezza visti i recenti andamenti a dir poco sclerotizzati, è il petrolio. Domani, 20 ottobre a Vienna si terrà la riunione del comitato congiunto per il check up dell’accordo tra paesi Opec e produttori esterni al Cartello; in quest'occasione, oltre ad un'eventuale proroga dei termini di scadenza fissati a marzo 2018, sarà possibile non solo avere qualche prova sull'effettiva efficacia della strategia messa in atto, soprattutto alla luce delle defezioni da parte di alcune nazioni e della discordanza delle cifre, ma anche capire se l'accordo in sè ha i numeri per essere approvato dalla maggior parte delle nazioni che ne fanno parte. Mohammed Barkindo, segretario generale dell'Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio (OPEC), ha confermato la sua view secondo cui i mercati petroliferi si starebbero riequilibrando con un passo più veloce rispetto a quanto inizialmente previsto. Alla base del processo ci sarebbe il rafforzamento dell'economia internazionale che a sua volta porterebbe ad un aumento della domanda globale di greggio.

"Prevediamo che la domanda globale del petrolio superi i 100 milioni di barili al giorno entro il 2020"

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ha dichiarato Barkindo che con le sue parole supera pesino la view ottimista della stessa Opec per il 2017, in cui si prevede una domanda globale di 96,8 milioni di barili al giorno. Cruciali sono stati gli investimenti nell'industria petrolifera e soprattutto la collaborazione fra Paesi OPEC ed nazioni esterne all'organizzazione, una collaborazione che, stando alle intenzioni di Barkindo, dovrà continuare in futuro ed essere rafforzata. Ma Barkindo è conscio anche di un'altra necessità, quella dell'OPEC di riacquistare fiducia agli occhi della comunità globale per far sì che i singoli paesi membri possano tornare ad essere visti come fornitori affidabili.

La crisi del barile

I prezzi del petrolio hanno registrato una flessione dalla metà del 2014 a causa di un aumento dell'offerta dettato non solo dalla rivoluzione dello shale oil ma anche dall'ottimizzazione delle tecniche estrattive che, tra l'altro, hanno permesso anche di allungare la vita media di un giacimento shale, solitamente più breve rispetto a quello tradizionale. Non solo, ma in parallelo si è verificata anche una diminuzione della domanda. Da qui, o per meglio dire dall'urgenza di una situazione che ha portato il barile anche a temere i 20 dollari al barile, è nata la collaborazione tra OPEC e paesi non OPEC, per rallentare la produzione internazionale di greggio di 1,8 milioni di barili al giorno, di cui 1,2 a carico della sola Opec. Una strategia che secondo Barkindo ha permesso il riequilibrarsi del mercato e che dev'essere implementata con il coinvolgimento anche di altre nazioni esterne al patto; in quest'ultimo caso si tratterebbe di un richiamo diretto proprio agli Usa, primi responsabili della crisi dei prezzi di 3 anni fa a causa del loro shaile oil.

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