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Agenda Letta, da dove arriveranno i 20 miliardi?

"Faremo le cose possibili secondo il criterio del buon padre di famiglia, quello che non fa mai debiti". E' la promessa che Enrico Letta ha fatto durante il suo discorso in Parlamento per ottenere la fiducia alla Camera per il suo nuovo governo. Presentando una serie di punti e misure del valore di 19-20 miliardi di euro.

Stabilità dell'Iva, stop dell'Imu a giugno, aumento della dotazione del fondo centrale di garanzia per il sostegno alle alle piccole e medie imprese, rifinanziamento della cassa integrazione in deroga e missioni internazionali, conferma dei bonus energetici e per la ristrutturazione edilizia.  E poi ancora, reddito di cittadinanza per le famiglie bisognose, il superamento del precariato nella pubblica amministrazione, incentivi fiscali all’innovazione tecnologica e all'internazionalizzazione delle imprese, riduzione delle tasse sul lavoro, "a partire da quello stabile" e dei giovani, un patto per gli esodati, un fisco amico.

Un'agenda ricca e interessante, quasi "un libro dei sogni" come lo descrivono molti quotidiani, ma che pone molti interrogativi sulla fattibilità e soprattutto sulle altre misure che verranno applicate per far sì che questo piano venga portato a termine. In buone parole, dove verranno prelevati questi miliardi per realizzare l'agenda di Letta. 
Se lo chiedono in molti, economisti ed esperti del settore. Specie se si pensa ai patti di risanamento con l'Unione Europea che Letta ha deciso di rispettare, tra cui la questione del deficit pubblico, che il nuovo governo prevede di cancellare, nonostante gli ultimi documenti parlino di un dato molto vicino al tetto del 3%.

Qualcosa potrebbe arrivare dalla riforma - ma non abolizione - che verrà fatta sul finanziamento pubblico ai partiti, ma non è molto. Ci saranno tagli, anche se Letta ha accuratamente evitato di pronunciare questa parola. Altre entrate, invece, si presume arriveranno da una riforma ai cosidetti "contributi alle imprese", di oltre 30 miliardi di euro, che lo Stato distribuisce ogni anno ad Enti statali e Regioni. Come scrive Alessandro Barbera de La Stampa, "Letta, allievo del rigorista Andreatta, sa bene che fra le pieghe del bilancio ci sono spese che poco hanno a che vedere con il sostegno alla crescita".
C'è chi pensa anche ad una proposta di deroga agli impegni che Bruxelles ha chiesto all'Italia, come è già successo in Francia e Spagna. Con una differenza: il debito pubblico italiano è arrivato al 130% in rapporto al PIL e non permette al Paese di effettuare manovre e riforme come quelle promesse dal nuovo premier. Promesse che si indeboliscono soprattutto quando le parole del ministro delle finanze di Berlino tendono ad andare controcorrente, chiedendo all'Italia più olio di gomito.

Incentivare la crescita riducendo la disoccupazione attraverso il lavoro, intercettando soprattutto il mercato estero. E' quello che pensa l'economista Tito Boeri in merito all'agenda di Letta. Per Boeri gli altri punti, come l'abolizione dell'Imu, sono promesse che nella situazione attuale potrebbero non essere garantite. "Ci vuole un'attenzione alle priorità, evitando di affrontare la crisi utilizzando misure tampone", afferma l'economista a Sky Tg24.