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Fondi comuni, le banche guadagnano i clienti pagano

Fondi comuni, le banche guadagnano i clienti pagano

Costi nascosti per gli investitori, guadagno extra per la lobby bancaria. La sottoscrizione di fondi e Sicav (società di investimento a capitale variabile molto simile a un fondo comune) spesso e volentieri racchiude delle commissioni ulteriori che pagano sempre i clienti. La banca o la società che gestisce il fondo comunica chiaramente a quanto ammontano le spese di gestione, quello che rimane poco chiaro sono le commissioni di performance. Vengono prelevate anche mensilmente dal gestore e i clienti magari neanche lo sanno.

Non succede sempre, sia chiaro. Ma in qualche occasione le commissioni di performance diventano dei veri e propri costi in più per il sottoscrittore. Di norma dovrebbero essere pagate solo quando il prodotto fa registrare un buon rendimento, ossia quando ha reso meglio del mercato di riferimento. Una sorta di incentivo per il gestore affinché realizzi delle performance positive per il cliente. Anziché fare un conto annuale, l’Sgr (società di gestione del risparmio) addebita il prezzo delle commissioni anche trimestralmente nel caso il fondo abbia fatto registrare un segno più. Lo scenario è mutevole nell’arco dell’anno, quindi può accadere che il fondo perda valore nei mesi per poi recuperare. Ogni volta che risale il gestore può decidere – ovviamente non sempre lo fa - di incassare la commissione, anche se dopo il periodo di riferimento, ipoteticamente un anno, il valore del titolo è lo stesso di partenza. Senza nessun guadagno per il cliente sottoscrittore.

Fortunatamente alcune Sgr e Sicav offrono fondi che calcolano le commissioni di performance usando il parametro dell’high watermark. Un sistema che dovrebbe far incassare le spese solo nel caso in cui il fondo, effettivamente, sia in grado di aumentare il suo valore nel tempo. Si prende un rifermento su di un picco positivo: il gestore applica una commissione di incentivo che diviene il high watermark. Fintanto che il fondo non supera questo limite, non sono previste ulteriori commissioni. Se dovesse far registrare un nuovo massimo, scatta una commissione nuova che, però, sarà applicata solo sul valore del fondo comparato al precedente watermark. Affinché il meccanismo funzioni e sia vantaggioso per il cliente, occorre che il calcolo dell’high watermark non sia mai azzerato ma mantenga la sua memoria anche dopo un anno. In questo modo si garantirebbe una sola commissione sull’effettivo profitto dell’investitore.

Leggere con attenzione il prospetto informativo quando si sottoscrivono prodotti finanziari deve diventare le regola, con un’attenzione particolare al capitolo sulle commissioni di performance. Anche perché le banche cercano sempre di guadagnarci. L’esempio sono i così detti fondi estero-vestiti. Un istituto italiano, già proprietario di una società di gestione di risparmio italiana, perché dovrebbe costituire una società all’estero per vendere prodotti identici a quelli che già propone nel Belpaese? Semplice, per aumentare il guadagno. Doppiamente. Grazie ai costi di gestione e dei vincoli meno stringenti che regolano tutte le attività finanziarie all’estero e, di riamando, anche per l’arbitraggio fiscale. I dati diffusi da Assogestioni (l’associazione italiana del risparmio gestito) confermano questo trend: sul totale di 481 miliardi di euro di fondi gestiti in Italia, a fine 2012, ben 209 miliardi sono controllati da società estero-vestite, sottoposte alla legislazione fiscale irlandese o lussemburghese, ma che fanno capo a banche italiane.

La Consob (Commissione nazionale per le società e la borsa) ha il compito di tutelare il pubblico risparmio. Oltre che a garantire “l’ordinato svolgimento delle negoziazioni nonché la trasparenza e la correttezza dei comportamenti degli intermediari e dei promotori finanziari”, come si legge nella sezione dedicata sul web. Ma qualcosa non deve funzionare perfettamente se, come ha scritto Il Corriere della Sera, nel bilancio 2012 di Azimut Holding Spa (tra le più note società che vende prodotti di risparmio gestito) 120 milioni circa di entrate derivano da commissioni di performance, su un utile netto consolidato di 160 milioni.