Annuncio pubblicitario
Italia markets closed
  • FTSE MIB

    33.629,21
    -107,19 (-0,32%)
     
  • Dow Jones

    38.675,68
    +450,02 (+1,18%)
     
  • Nasdaq

    16.156,33
    +315,37 (+1,99%)
     
  • Nikkei 225

    38.236,07
    -37,98 (-0,10%)
     
  • Petrolio

    77,99
    -0,96 (-1,22%)
     
  • Bitcoin EUR

    58.496,34
    +3.478,14 (+6,32%)
     
  • CMC Crypto 200

    1.358,87
    +81,90 (+6,41%)
     
  • Oro

    2.310,10
    +0,50 (+0,02%)
     
  • EUR/USD

    1,0767
    +0,0039 (+0,37%)
     
  • S&P 500

    5.127,79
    +63,59 (+1,26%)
     
  • HANG SENG

    18.475,92
    +268,79 (+1,48%)
     
  • Euro Stoxx 50

    4.921,48
    +30,87 (+0,63%)
     
  • EUR/GBP

    0,8578
    +0,0024 (+0,28%)
     
  • EUR/CHF

    0,9735
    -0,0024 (-0,25%)
     
  • EUR/CAD

    1,4725
    +0,0063 (+0,43%)
     

La Danimarca dichiara guerra a Moody’s

Tre banche danesi, appena declassate, non pagheranno più la loro quota all’agenzia di rating: «Usa parametri fallimentari»

Sono temutissime e un loro giudizio negativo è in grado di sconquassare i mercati finanziari di un Paese. Ma a volte le agenzie di rating trovano dei clienti che si ribellano ai loro «voti».

È successo in Danimarca: sei banche sono appena state declassate dall’agenzia americana Moody’s, insieme ad altri 108 istituti di credito europei. In tre, però, non hanno accettato il verdetto. E hanno deciso di non versare più la loro quota all’agenzia.

Il meccanismo funziona così: le tre agenzie di rating più reputate - Moody’s, Standard&Poor’s e Fitch - si finanziano con i contributi dei propri clienti: questi le pagano per essere valutati e avere la giusta «etichetta» sul mercato. Tre dei sei istituti danesi declassati, però, non si fidano più: ritengono che i modelli su cui si basa Moody's siano fallimentari, e che di conseguenza lo siano anche i suoi rating.

Le banche che hanno preso questa decisione sono Danske’s mortgage unit, Nycredit e Jyske Bank A/S. Le prime due hanno già licenziato Moody’s, la terza ha annunciato che lo farà presto.

L’obiezione viene spontanea: i tre istituti hanno agito così per risentimento, invece dovrebbero accettare la bocciatura e rispettare l’indipendenza di chi le giudica. Ma le banche non la pensano così: dal loro punto di vista, Moody’s ha agito sulla base di un interesse invece che sulla base di criteri oggettivi. Il forte stato sociale danese non è infatti gradito alle agenzie di rating, che preferiscono premiare il libero mercato rispetto al welfare state. Il declassamento trarrebbe origine da lì.

In effetti le azioni della Danske, per fare un esempio, non andavano male: avevano registrato un più 22%, in controtendenza con i cali degli altri istituti di credito europei. Dopo il declassamento, la botta: il valore delle azioni è sceso dello 0,8% in un giorno.

Certo, la Danimarca non è più il Paese florido di un tempo, il fiore all’occhiello degli Stati scandinavi: sta emergendo con fatica da una doppia crisi che ha colpito sia il settore immobiliare sia quello creditizio e la crescita del Pil resta flebile (1% è la previsione per il 2012 della Commissione europea).
Inoltre, ha un corposo debito privato che costringe lo Stato a continui interventi per non far precipitare l’economia locale nel tunnel della recessione. La spesa pubblica, però, non sta dando i suoi frutti: i prezzi delle case sono diminuiti ulteriormente e all’inizio di quest’anno il governo ha prestato soldi anche agli agricoltori.

È per questo contesto che le agenzie di rating non si fidano della Danimarca: non gradiscono uno Stato che si prende così tanto cura dei suoi cittadini.


A Bruxelles, intanto, comincia a circolare la voce che il prossimo membro da salvare non sarà il Portogallo ma la Danimarca. Potrebbe anche succedere. Esiste però uno scenario alternativo: che alla prossima bocciatura di Fitch o di Moody’s si arrivi a un sollevamento globale contro le agenzie di rating.