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20000 precari assunti in Sicilia: stop del Governo

Sono poco meno di 20.000 (i numeri si rincorrono in una specie di balletto di cifre a seconda delle fonti) i precari degli enti locali siciliani che, se non vengono presi provvedimenti e cambiate le norme, resteranno disoccupati a partire dal primo gennaio 2013.
In questi anni si è proceduto continuamente a colpi di proroghe e rinvii per rinnovare i contratti di questi lavoratori, con la continua promessa di assunzione, spesso usata come arma elettorale. Promessa che non si è mai potuta concretizzare, perché sempre bocciata dal Commissario di Governo. Ora, dopo l'ennesimo stop da parte del commissario Carmelo Aronica (che rileva, nella sua impugnativa, come l'assunzione d'ufficio di questi lavoratori non sia in accordo né con le norme di finanza pubblica né con la necessità di superare un concorso per diventare dipendenti della Pubblica Amministrazione), la vicenda sembra arrivata alla resa dei conti. Infatti, in virtù delle norme nazionali contenute nelle leggi 102 del 2009 e 122 del 2010, questi 20.000 lavoratori si ritrovano stretti in una morsa costituita da due principali ganasce: il termine di stabilizzazione delle posizioni fissato entro il 31 dicembre di quest'anno e il divieto di assunzione per gli enti locali la cui spesa per il personale si superiore al 40% della spesa corrente (come avviene per il 70% degli enti siciliani, unica regione in Italia).
L'Assemblea Regionale Siciliana tenta quindi un ultima proposta al Parlamento, nata da un'intesa bipartisan, com'è spesso avvenuto su quest'argomento all'avvicinarsi delle elezioni (che appaiono prossime per via delle annunciate dimissioni del governatore Raffaele Lombardo). Questa proposta, definita "legge-voto", è sostanzialmente quella di ottenere una deroga alle leggi nazionali che permetta di rimandare per l'ennesima volta l'applicazione di queste norme al 2015. Enzo Abbinati, della segreteria regionale della Funzione Pubblica della CGIL, ritiene che l'approvazione di questa proroga sia solo un primo passaggio, insufficiente se la Regione non si impegna sul fronte della spesa: "storicizzare i flussi sostenuti finora e garantire ai comuni che in futuro sarà possibile pagare i dipendenti".
Il problema è come giustificare una deroga del genere in un momento di così grande difficoltà per i conti pubblici italiani. Al Parlamento l'ardua sentenza, nella speranza che a prevalere sulle logiche elettorali sia l'interesse pubblico e quello dei lavoratori coinvolti in questo pasticcio.