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Le riscoperta dei mercati emergenti

Con i tassi di interesse ai minimi storici, si è raffreddato l’interesse degli investitori verso il settore obbligazionario, che inevitabilmente pagherà scotto all’aumento dei tassi, una prospettiva comunque non immediata. Né lo scenario sembra migliore sul fronte azionario, con le quotazioni che non sono più a sconto sulle medie storiche dopo anni di crescita ininterrotta. Considerato, per altro, che gli utili aziendali (secondo quanto emerso nelle trimestrali) crescono molto lentamente.

Le ragioni della crisi

Questo sta spingendo diversi analisti a riconsiderare i mercati emergenti, reduci da un 2013 in forte sofferenza e da un’elevata volatilità nel primo scorcio del 2014. Le tensioni sono partite da quando la Fed americana ha iniziato a parlare del tapering, cioè della riduzione degli stimoli all’economia: a quel punto, in vista di un rialzo dei rendimenti per i Treasuries, molti investitori hanno cominciato a dirottare ingenti quantità di denaro dai mercati emergenti agli Stati Uniti. Di pari passo sono emerse forti criticità in alcuni Paesi emergenti di primo piano come il Brasile e l’India e questo ha portato a vendite generalizzate.

Oggi le quotazioni non sono più così elevate rispetto ai multipli attesi e molti addetti ai lavori si stanno riposizionando sugli emergenti, pur se con grande cautela e privilegiando un approccio fortemente selettivo.

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I pareri degli analisti

“I gestori si stanno convincendo che il divario tra le maggiori borse (S&P500 insiste su nuovi e continui massimi) e alcuni indici emergenti è divenuto troppo ampio e ne vedono un valore da acquisire”, spiega Corrado Caironi, investments strategist di R&CA. “In Asia c’è stato un upgrade di Singapore vista la buona tenuta economica, la sua caratteristica difensiva e le buone valutazioni rispetto alla media storica. In Est Europa viene riposizionato a neutrale da sottopeso l’indice azionario russo a seguito delle elezioni in Ucraina e l’insediamento del nuovo presidente Petro Oleksijovyč Porošenko. Le attese sono per una fase politica di riduzione del conflitto tra Russia e Ucraina”.

Guardano con attenzione a questo fronte anche gli analisti di Credit Suisse: “Le obbligazioni emergenti in valute forti continuano a offrire un valore maggiore

di quello delle obbligazioni high-yield, anche se è probabile una fase

di consolidamento dopo il recente rimbalzo”, si legge nell’ultimo report della banca elvetica. “I Paesi che privilegiamo sono Russia, Sud Africa, Indonesia e Perù. La dinamica dei fattori tecnici suggerisce per le obbligazioni in valute locali prospettive simili a quelle delle obbligazioni in valute forti; siamo quindi positivi su entrambi i segmenti”.

Concorda con questo approccio Steven Andrew, gestore del fondo M&G Income Allocation, ottimista non solo verso l’azionario statunitense e quello britannico, ma anche verso listini  come Cina, Singapore, Corea del Sud, Messico e Brasile, dove gli investitori “sono ancora  abbondantemente ricompensati rispetto al rischio assunto”, spiega. Un interesse che coinvolge anche l’obbligazionario, “con attenzione soprattutto alle emissioni di Filippine e Brasile”.

Indicazioni utili a orientarsi nelle scelte, ricordando comunque che gli emergenti sono tendenzialmente mercati più volatili della media.