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Bonus bebè, quando un contributo da 1000 euro diventa una multa da 4000

«Caro ... Felicitazioni per il tuo arrivo! Questa è certamente la prima lettera che ti viene indirizzata. È il presidente del consiglio a scriverti per porti probabilmente anche la prima domanda della tua vita: lo sai che la nuova legge finanziaria ti assegna un bonus di 1000 euro?». Con questa lettera, mittente Silvio Berlusconi, ha inizio il tortuoso percorso del bonus bebè datato 2005-2006. Una vicenda intricata fra burocrazia, fisco e pessima comunicazione da parte della Pubblica amministrazione. Ora tutto si è risolto con un danno solo parziale per le famiglie ma val la pena raccontare questa vicenda surreale dove con un mano lo dà Stato e con l'altra chiede indietro.

Per raccontarla occorre fare qualche passo indietro e tornare a sei anni fa. Il governo con ministro dell'Economia Giulio Tremonti vara con la Finanziaria un bonus di 1000 euro per ogni neonato. Una lettera spedita a casa invita a recarsi in posta, auto-certificare il proprio reddito e ritirare i soldi. Ed è proprio sull'autocertificazione che nascono i problemi. L'allegato alla lettera parla infatti genericamente, come requisito, di «reddito complessivo» non superiore ai 50 mila euro. Non si specifica se lordo o netto. Indotti all'errore dalla formula poco chiara, otto mila famiglie rispondono all'invito del premier credendo di avere i requisiti. Sei anni dopo, a chi non avrebbe avuto diritto di chiedere il bonus, arriva la richiesta di restituire i 1000 euro e pagare 3000 euro di multa.

«Io non avevo mai chiesto niente, però la lettera era arrivata a casa», dice Elena Fini, che di figli ne ha quattro. Vive in provincia di Modena e una sua lettera al settimanale Tempo di Carpi (pubblicata nel luglio 2011) ha raccontato, fra le prime, i bizantinismi dell'iniziativa del premier, ed è stata una delle prime spie dei problemi che avrebbero poi toccato altre famiglie. «Il 4 luglio mi è arrivata una comunicazione della Ragioneria dello Stato», continua. Una lettera perentoria nel tono e nei contenuti: si parla di riscossione «illecita» del bonus bebè e di aver «sottoscritto e utilizzato un'autocertificazione mendace», e ancora, «si comunica che di quanto sopra esposto, sarà fatta apposita segnalazione alla Procura della Repubblica». Lo Stato richiede indietro i 1000 euro di bonus e 3000 euro di sanzione amministrativa. «La lettera mi ha fatto sentire un delinquente. Prima mi sono spaventata e poi ho reagito», dice Elena Fini.

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Il caso politico dopo la denuncia
Il suo sfogo viene notato da Manuela Ghizzoni, parlamentare del Partito Democratico di Modena che spiega: «La modalità della lettera intestata ai nuovi nati ha determinato un certo caos. La gente, con reddito, intende quello che porta a casa. Per la fretta di informare le famiglie di questa elargizione, a poche settimane dal voto, il governo intervenne con una lettera a firma di Berlusconi». Invece nel reddito complessivo andava inclusa anche la rendita catastale. «Ora le famiglie sono terrorizzate dalla restituzione dei 1000 euro» continua la parlamentare del Pd «ma anche dalla ripercussione in ambito penale, particolarmente grave per i dipendenti pubblici».

Le circa 8 mila famiglie a cui è arrivata la lettera passano settimane brancolando nel buio. E finiscono in un circolo vizioso di telefonate e mail. «Avrò scritto qualcosa come 1000 mail, ho chiamato ovunque: in Comune mi hanno consigliato di rivolgermi al difensore civico. A sua volta mi hanno detto di andare alla Ragioneria dello Stato regionale, cioè da chi mi aveva spedito la lettera», continua la Fini, sconsolata. Lo stesso smarrimento che racconta Luigi Papalini, che si è rivolto ad Altroconsumo, dove sono numerose le richieste di informazioni e aiuto arrivate «Ho dovuto restituire 1000 euro in 10 giorni, a luglio», spiega. «A me chi me lo fa fare di impugnare la lettera della Ragioneria? Se fossi stato un avvocato o altro anche solo per principio certo che l'avrei impugnato», commenta amaramente Papalini.

L'interrogazione al governo e la mozione bipartisan
La Ghizzoni, insieme ad altri due parlamentari, firma un'interrogazione urgente al governo, il 19 luglio scorso, in Commissione Affari Sociali della Camera per chiedere di far luce sulla vicenda. Risponde il sottosegretario con delega alle Politiche della famiglia Carlo Giovanardi. Assicura che le famiglie chiamate in causa «sono tenute a restituire esclusivamente la somma indebitamente percepita, senza alcuna maggiorazione a titolo di interesse». Tradotto, significa che non dovrebbero pagare i 3000 euro di sanzione né gli interessi maturati nel frattempo. Ghizzoni, dopo la risposta di Giovanardi, promuove una mozione in Commissione Bilancio alla Camera. Nella mozione si dice che la buonafede delle famiglie è tale che chi non ha superato con il proprio reddito netto i 50 mila euro non deve subire sanzioni. La mozione impegna il governo, ma non è una legge o un decreto. Si tratta comunque di un provvedimento bipartisan, firmato anche da sei parlamentari della maggioranza, oltre a quelli dell'Udc e Fli. Tra i firmatari del Pdl, c'è anche l'onorevole Mario Baccini: «Io sarei per una sanatoria complessiva — dice Baccini — perchè ritengo che non ci siano le caratteristiche del dolo, ma mi rendo conto - dalle dichiarazioni del governo - che ci sono delle operazioni da fare».

Cosa fare tra avvocati e Facebook
In attesa che il Parlamento trovi una soluzione definitiva, i destinatari del bonus si sono arrangiati informandosi dove capita, anche su Facebook. Dove si trovano ancora gruppi dedicati a cosa fare una volta ricevuta la lettera che intima la restituzione del bonus. In uno di questi, si trovano i consigli dell'avvocato Alessandro Tarducci di Firenze che sul social network ha diffuso un facsimile di lettera da inviare di risposta alla richiesta di restituzione. «L'idea di pubblicare il facsimile su Facebook nasce da una modalità di scambio» fra avvocato e potenziale cliente. Ad ogni modo «il discorso principale è quello della prescrizione - secondo Tarducci -: molte di queste richieste di restituzioni cadono sotto la prescrizione finale. La lettera diffida dalla restituzione dopo i cinque anni». Questo vale per la somma della sanzione (3000 euro) che si riferisce al 2005. Diverso il discorso per il bonus vero e proprio (1000 euro), per quello la prescrizione scatta dopo 10 anni.

La riscossione continua
Quindi nel caos estivo come si stavano regolando gli gli uffici deputati alla riscossione? Dalla Ragioneria regionale dello Stato della Regione Lombardia, ribadivano fino a poco fa di «non aver avuto nessuna comunicazione ufficiale. La linea è quella di riscuotere i 1000 euro del bonus, anche perché se arriveranno delle sanatorie, riguarderanno la parte della sanzione», cioè i 3000 euro di multa. Insomma si va avanti con la restituzione. Fino all'inizio di settembre, dal ministero delle Finanze, a Roma, facevano sapere che gli uffici hanno avuto l'indicazione di fermarsi nella richiesta della riscossione della sanzione.

La soluzione
La soluzione definitiva al problema è arrivata grazie ad un emendamento collegato all'ultima manovra, presentato da Gilberto Pichetto Fratin del Pdl, approvato in Commissione Bilancio del Senato e poi dal Parlamento. Si avranno quindi 90 giorni di tempo per restituire i 1000 euro del bonus. Non bisogna pagare i 3000 euro di sanzione e — nel caso fosse partito un procedimento giudiziario — non ci saranno conseguenze: si estinguerà con la restituzione del dovuto, sempre che questa avvenga nel giro di tre mesi. Per Elena Fini però, con i suoi quattro bambini, rimane l'impressione di una truffa subita. Il contrario di quello di cui l'aveva accusata lo Stato, che le ha chiesto indietro 1000 euro di contributo che la aveva invitato a ritirare. Almeno, dopo tre mesi di caos, non dovrà pagare i 3000 euro di multa, per un errore non suo.