Anche i robot maschilisti? La battaglia delle scienziate a Londra: l’intelligenza artificiale può replicare pregiudizi
E se anche i robot replicassero gli stereotipi? Sia mai che l’Intelligenza Artificiale alla fine poi così tanto intelligente non lo è. La maggior part dei creatori di robot sono, guarda a caso, proprio uomini. Come difendersi, allora, dal maschilismo robotizzato? Una risposta ha provato a darla il network lanciato ieri alla London School of Economics e denominato “Women Leading in Artificicial Intelligence”.
La conferenza a Londra
La conferenza ha radunato scienziate, pensatrici e politiche da tutta la Gran Bretagna. Il quesito da cui è partita la discussione è stato: “L’Intelligenza Artificiale sta diventando l’ultima espressione della mascolinità?”. Di certo sta sostituendo sempre di più l’uomo nelle disparate faccende quotidiane.
I pregiudizi codificati
Finora si è prestata poca attenzione ai pregiudizi “installati” nei codici di programmazione: “Gli algoritmi che codificano le scelte sulle decisioni da prendere non sono altro che opinioni personali espresse in un codice – spiega Ivana Bartoletti, italiana ma londinese d’adozione che si occupa di privacy e protezione dei dati e guida il network femminile della Fabian Society, che ha organizzato la conferenza.
Poche donne programmatrici
I codici di programmazione sono prevenuti, esattamente come gli esseri umani. Gli esempi non mancano. Ormai l’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale è in continuo aumento. Si usa per prendere decisioni automatiche nell’ambito della selezione del personale, oppure per inviare pubblicità “su misura”, in base ai gusti dell’utente. E cosa succede se il robot è programmato con stereotipi maschili? “L’Intelligenza Artificiale non deve diventare l’espressione della mascolinità”, conclude la Bartoletti.
Solo il 4 per cento dei programmatori è costituito da donne. Il numero delle ragazze che segue questi studi, dopo un picco negli anni Ottanta, è andato sempre calando.
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