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Autoriciclaggio, arrestato presidente Parma con altri 21

di Massimiliano Di Giorgio ROMA (Reuters) - Il neo-presidente del Parma Football Club, Giampietro Manenti, è stato arrestato oggi dalla Guardia di Finanza con l'accusa di tentato reimpiego di proventi illeciti. Lo hanno annunciato i procuratori romani che hanno coordinato l'inchiesta in cui è coinvolto l'imprenditore lombardo. Nell'inchiesta è stato contestato per la prima volta il reato di autoriciclaggio, inserito nel codice penale nel dicembre scorso, hanno detto i magistrati. L'arresto di Manenti, avvenuto nella sua casa di Limbiate, è un duro colpo per il club di Serie A, che ha debiti per circa 100 milioni di euro. Domani il tribunale di Parma potrebbe decretare il fallimento della squadra, che domenica prossima, secondo il calendario, dovrebbe ospitare in casa il Torino. Secondo gli inquirenti, a metà febbraio Manenti - divenuto solo pochi giorni prima presidente della squadra - avrebbe cercato di ottenere un finanziamento di 4,5 milioni per il club ricorrendo a un gruppo criminale che riciclava denaro sottratto con frodi informatiche a banche estere. La somma sarebbe dovuta arrivare sotto forma di sponsorizzazioni e acquisti di merchandising e abbonamenti fatti con carte di credito clonate. In cambio Manenti - titolare di una società di servizi con sede in Slovenia - avrebbe dovuto versare ai finanziatori circa la metà dei soldi "ripuliti". Ma, hanno detto gli investigatori, l'operazione non è poi avvenuta per un problema tecnico legato all'uso delle carte. Non è stato possibile raggiungere la famiglia o i legali di Manenti per un commento. Il Parma Fc ha diffuso sul proprio sito web un comunicato stampa in cui il capitano della squadra Alessandro Lucarelli ha detto di voler commentare solo dopo aver capito "quali sono le motivazioni, se c'entra o non c'entra il Parma". DOPPIA INCHIESTA Manenti è rimasto coinvolto in una doppia inchiesta della Procura di Roma che oggi ha portato complessivamente all'arresto con varie accuse di 22 persone, con 65 perquisizioni, tra cui, ha riferito un ufficiale della Gdf, una alla sede della Ragioneria generale dello Stato. All'origine c'è la segnalazione da parte di Bankitalia sulla gestione anomala di un fondo del ministero dell'Economia, del valore di oltre 24 milioni di euro, che avrebbe dovuto essere impiegato per liquidare la "gestione fuori bilancio" istituita nel 1988 per realizzare opere di urbanizzazione a Palermo, hanno detto i magistrati. Ma secondo gli inquirenti quei soldi, invece di essere impiegati per gli scopi previsti, sarebbero stati sottratti dal 2003 al 2013 dal commercialista che li amministrava e da due fratelli, uno dei quali funzionario della Ragioneria, che avrebbe dovuto esercitare il controllo sul fondo insieme a un dirigente. Dalle intercettazioni nell'ambito dell'inchiesta sul fondo scomparso è poi scaturita la seconda indagine, relativa a un gruppo di hacker e riciclatori che avrebbe accumulato, secondo l'accusa, almeno 40 milioni di euro grazie alle frodi informatiche, utilizzando fondazioni ed enti di beneficenza esteri per "ripulire" le somme. Uno dei presunti riciclatori era stato contattato da Manenti per ottenere finanziamenti al Parma, hanno detto i magistrati. L'accusa di autoriciclaggio è relativa agli hacker, che avrebbero provveduto a riciclare loro stessi i proventi da attività illecità. ((In redazione a Roma Paolo Biondi. Redazione Roma, 06 +390685224380, fax +39068540860, massimiliano.digiorgio@thomsonreuters.com)) Sul sito it.reuters.com le notizie Reuters in italiano. Le top news anche su www.twitter.com/reuters_italia