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Bce alla finestra

Nessuna sorpresa dalla riunione del board della Bce (Toronto: BCE.TO - notizie) , che ha deciso di mantenere invariati i tassi d’interesse di riferimento e di non modificare il volume di acquisto dei titoli fissato a 80 miliardi di € al mese. Tutto rinviato a dicembre, visto che nel Board della Bce non si è discusso né di una possibile estensione del programma di quantitative easing oltre marzo 2017, né di una possibile riduzione, anche se Draghi ha escluso l’eventualità di un’interruzione improvvisa.

Il governatore ha poi sottolineato come la crescita economica sia rimasta lenta e al momento non stiano arrivando segnali di un possibile aumento dell’inflazione. Dopo un iniziale movimento che ha riportato il tasso di cambio EUR/USD al di sopra di 1.10, il cross è sceso nuovamente sotto questa soglia, anche perché durante la conferenza stampa Draghi non ha escluso che il piano di QE possa essere prolungato al di là della scadenza prefissata.

Fonte: Piattaforma Next Generation di CMC Markets (Londra: CMCX.L - notizie) ; Ottobre 2016

Continua quindi il trend ribassista EUR/USD che si è consolidato nelle ultime settimane e che sta portando la coppia a ridosso del minimo di 1.0984 toccato nella notte della Brexit. Una rottura di questo livello potrebbe aprire nuovi scenari ribassisti, soprattutto se prima della fine dell’anno la Fed dovesse optare per un aumento dei tassi d’interesse.

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Fonte: Piattaforma Next Generation di CMC Markets; Ottobre 2016

In attesa di una chiara presa di posizione da parte delle banche centrali, EUR/USD resta perciò bloccato in una zona di congestione che si sta prolungando da più di un anno.

Molto più movimentato si è rivelato il petrolio, la cui volatilità è stata amplificata da ragioni geopolitiche e dal cambiamento epocale dello shale oil con la prepotente ascesa dei produttori non convenzionali americani che ha sfidato il cartello dei produttori Opec.

Il mercato è stato inondato da un eccesso di offerta che ha spinto l’oro nero dai 100 $ al barile ai 25 $ toccati ad inizio 2016. La scelta dei paesi più influenti del cartello Opec è stata quella di non abbassare la produzione nel tentativo di difendere le proprie quote di mercato e abbassare ulteriormente il prezzo del petrolio per mettere in difficoltà i produttori non convenzionali che hanno bisogno di prezzi più alti per coprire i loro maggiori costi di estrazione.

Fonte: Piattaforma Next Generation di CMC Markets; Ottobre 2016

Nelle ultime settimane però abbiamo assistito ad un recupero generato dalla prospettiva di un accordo in seno all’Opec che potrebbe portare ad un taglio della produzione di circa 750.000 barili al giorno. Come si evince dal grafico sopra il prezzo è molto vicino a un significativo livello di resistenza posto in area 52 $, la cui rottura potrebbe portare il prezzo in area 60 $. Molto difficile immaginare che possa esserci un ulteriore rialzo, proprio perché prezzi stabilmente al di sopra dei 50 $ rimetterebbero in gioco anche i produttori marginali, la cui produzione rimetterebbe nuova pressione ribassista sui prezzi.

A cura di Giorgio Benetti, Analista di CMC Markets

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