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Biden raddoppia la promessa di vaccinare il mondo, ma la ricetta resta la stessa

US President Joe Biden  (Photo: SAUL LOEB via Getty Images)
US President Joe Biden (Photo: SAUL LOEB via Getty Images)

Gli Stati Uniti raddoppieranno le donazioni di vaccini contro il Covid-19 e cercheranno di riunire la comunità internazionale attorno all’obiettivo di raggiungere il 70% della popolazione vaccinata in ogni paese entro un anno, prima della prossima Assemblea generale delle Nazioni Unite. Lo hanno comunicato alti funzionari americani, anticipando i contenuti del Global Covid-19
Summit, il vertice virtuale sulla pandemia organizzato dalla Casa Bianca a cui interverrà anche il presidente del Consiglio Mario Draghi. Gli Usa, a quanto si apprende, doneranno ai paesi in via di sviluppo altri 500 milioni di dosi di vaccino anti-Covid Pfizer, portando così a 1,1 miliardi le dosi promesse ai paesi bisognosi.

Si tratta dell’impegno più consistente dall’inizio di una pandemia che ha scavato un solco ancora più profondo tra nord e sud del mondo. Secondo le stime di Our World in Data, oggi il 43,5% della popolazione internazionale ha ricevuto almeno una dose di vaccino. Ma questa percentuale, trainata dalla corsa alle vaccinazioni nei paesi sviluppati, nasconde enormi disuguaglianze, visto che il dato precipita al 2% nei paesi più poveri. “Questo vertice mira a dichiarare l’inizio della fine della pandemia - spiegano le fonti Usa - ma ci vorrà molto lavoro. Gli Stati Uniti stanno facendo la loro parte e aumentando i loro sforzi. Ma non possiamo farcela da soli”.

Biden vorrebbe che un maggior numero di governi seguisse l’esempio americano, impegnandosi a donare più dosi rispetto a quanto fatto finora. Anche la risposta americana, tuttavia, è stata criticata per essere troppo modesta, soprattutto dopo la decisione delle autorità sanitarie di somministrare la terza dose a decine di milioni di americani prima che le persone vulnerabili nelle nazioni più povere abbiano ricevuto anche solo la prima iniezione.

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Quanto all’ipotesi di ricorrere a una sospensione temporanea sui brevetti, la questione continua a essere di fatto tabù. Né Pfizer né Moderna sono disposte a condividere le formulazioni e i processi utilizzati per realizzare i loro vaccini. E l’amministrazione Biden, che pure continua a sondare questa strada in colloqui con i vertici delle due aziende, non sembra disposta a forzare la mano: funzionari citati dal New York Times sottolineano che uno sforzo per costringerle a condividere la loro tecnologia porterebbe invariabilmente a una lunga battaglia legale che sarebbe controproducente. Ad attirare le critiche è in particolare la posizione di Moderna, il cui vaccino è stato sviluppato anche grazie a 2,5 miliardi di dollari dei contribuenti. Se Pfizer ha firmato il mese scorso una lettera d’intenti con la società biofarmaceutica sudafricana Biovac per la produzione di vaccini per l’Africa, non si hanno notizie di iniziative simili da parte di Moderna, la società che più di tutte ha beneficiato dei fondi del governo federale.

L’egoismo vaccinale dei grandi del mondo è un tema ricorrente in questi giorni al Palazzo di Vetro. “Abbiamo osservato l’incapacità del multilateralismo di rispondere in modo equo e coordinato ai momenti più acuti. I divari esistenti tra le nazioni per quanto riguarda il processo di vaccinazione sono inauditi″, ha affermato il presidente colombiano Ivan Duque. Il leader cileno Sebastian Pinera ha affermato che il “trionfo” dello sviluppo rapido del vaccino è stato compensato dal “fallimento” politico che ha prodotto una distribuzione iniqua. “Nella scienza, la cooperazione ha prevalso; in politica, l’individualismo. Nella scienza regnava l’informazione condivisa; in politica, il riserbo. Nella scienza predominava il lavoro di squadra; in politica, lo sforzo isolato″, ha detto Pinera.

Martedì la direttrice del Fondo monetario internazionale ha chiesto un’azione coordinata e una maggiore responsabilità per garantire che il mondo raggiunga l’obiettivo di vaccinare il 40% delle persone in ogni paese entro la fine del 2021. “Non è sufficiente fare annunci e impegni. E’ necessario farcela”, ha detto Gita Gopinath,

Nel suo discorso alle Nazioni Unite, Biden si è preso il merito di aver condiviso più di 160 milioni di dosi con altri paesi. “Aerei che trasportano vaccini dagli Stati Uniti sono già atterrati in 100 paesi, portando alle persone di tutto il mondo una piccola dose di speranza, come me l’ha definita un’infermiera americana”, ha dichiarato. “Una dose di speranza direttamente dal popolo americano - e, cosa importante, senza alcun vincolo”.

Almeno finora, però, la strada delle donazioni si è rivelata insufficiente anche solo a ridurre l’enorme divario tra paesi ricchi e paesi poveri. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, solo il 15% delle donazioni promesse è stato consegnato. Questi ritardi appaiono ancora più gravi alla luce della denuncia lanciata pochi giorni fa dall’ex primo ministro britannico Gordon Brown, secondo cui oltre 100 milioni di dosi acquistate dai paesi più ricchi e prossime alla scadenza potrebbero essere buttate via, a meno che i leader globali non decidano di donarle alle nazioni più povere. Brown ha citato uno studio di Airfinity, agenzia di ricerca indipendente che si occupa di analisi dei dati con sede a Londra. Secondo l’ex premier, l’eventualità che decine di milioni di dosi di vaccino vengano “gettate nella spazzatura” rappresenta una delle più grandi vergogne dell’Unione Europea e degli Stati Uniti, incapaci finora di garantire scorte adeguate anche alle nazioni a basso reddito.

Covax, il programma sostenuto dalle Nazioni Unite per spedire vaccini a tutti i paesi, ricchi o poveri, si è scontrato con singhiozzi di produzione, carenze di approvvigionamento e una quasi monopolizzazione del mercato dei vaccini da parte delle nazioni ricche che hanno concluso – e continuano a concludere – accordi bilaterali per l’acquisto di dosi da grandi case farmaceutiche. L’OMS ha ripetutamente chiesto “solidarietà” e esortato le aziende farmaceutiche che producono vaccini a dare la priorità a Covax e a rendere pubblici i loro programmi di fornitura; allo stesso tempo, ha chiesto ai paesi ricchi di posticipare il lancio delle terze dosi, così da dare la precedenza alle persone vulnerabili e agli operatori sanitari dei paesi poveri. Questi appelli sono stati in gran parte ignorati.

“A un anno e mezzo dall’inizio della pandemia, siamo appena più vicini ad avere un piano di risposta globale”, ha affermato Tom Hart, CEO della ONE Campaign. “I paesi del G-7 hanno mostrato una volontà politica limitata di affrontare le disuguaglianze vaccinali, nonostante abbiano il potere di farlo. Il vertice della Casa Bianca è un segno positivo del tipo di leadership di cui abbiamo bisogno e offre ai leader mondiali un’opportunità per farsi avanti e offrire.″

Questo articolo è originariamente apparso su L'HuffPost ed è stato aggiornato.