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Bond oggi: Fed scatenata, con rialzi e rialzi uno dietro l’altro

Non è tanto la decisione di ieri di aumentare di nuovo i tassi, con la forchetta dei Fed Funds passata all’1,5-1,75%, quanto l’aver anticipato un preciso percorso di qui al 2020 nell’aumento del costo del denaro ad aver sorpreso dopo la prima conferenza stampa di Jerome Powell. Apparso piuttosto sbrigativo nelle risposte ai giornalisti, nonché molto pragmatico. Niente giri di parole alla Draghi! Il programma di rialzi – naturalmente modificabile in funzione dell’andamento dell’economia – ne prevede altri due nel 2018 (sebbene l’opzione altri tre non sia stata formalmente rinnegata), tre nel 2019 e due nel 2020. Quindi si salirebbe al 3,25-3,5%, ma non si escludono eventualità ancor più restrittive, con qualche membro Fed che immagina addirittura il raggiungimento del 4%.

E l’inflazione?

I target del 2% nella particolare struttura di calcolo della Fed non sono stati raggiunti e costituiranno l’obiettivo di breve/medio termine. E’ evidente come la divaricazione fra gli Stati Uniti realistici e l’area euro vaga si stia sempre di più aprendo, offrendo finalmente un varco in anni di oscurantismo monetario. I rendimenti obbligazionari cominciano di nuovo a essere interessanti, specchio di un’economia in forte ripresa. Si nota tuttavia un po’ troppo ottimismo sull’altro fronte dell’Atlantico, con un’ipotesi non tanto campata in aria e formulata da alcuni economisti che il ciclo espansivo possa presto terminare, forse a causa dei dazi di Trump, unico tema capace di animare un Powell poco cattedratico. Il dubbio emerso ieri è che l’onda lunga di anni espansivi perda forza, così come segnala quel divario fra rendimenti del Treasury a 10 anni e a 2 anni, sceso addirittura allo 0,57% nella notte. Un indizio non bello, confermato da una curva dei tassi sempre più anormalmente appiattita.

Puntare sui corti

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Per il piccolo e medio investitore la strada percorribile ora è quella di puntare appunto sulle scadenze corte (2/3 anni), che rendono il 2,3% nell’ambito dei Treasuries e ben più in relazione a corporate e high yield. E’ vero che la disponibilità di tali emissioni è assai limitata su Mot e Tlx. Così, al loro posto, si possono utilizzare i tassi variabili bancari in $ con scadenze dal 2020 al 2022, disponibili con quotazioni corrette e rendimenti dignitosi. Un piano di rialzi dei tassi come quello annunciato dalla Fed è un’occasione da non perdere, sebbene ci sia la variabile dollaro, che qualcuno vede in lento apprezzamento nel breve termine, senza però eccessivi apprezzamenti sull’euro. Infine da segnalare come una volta di più l’immediata reazione dei mercati abbia visto, dopo una fiammata iniziale, un ripiegamento dei rendimenti dei Treasuries, con il decennale passato immediatamente sopra il 2,9% e poi tornato sul 2,87%. Forse ci si aspettava qualche promessa in più da parte di Powell? Se così fosse i mercati apparirebbero assolutamente insaziabili!

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