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Così il bracconaggio aumenta il rischio di nuove pandemie (di G. Nespoli)

A game range with his dog doing anti poaching work (Photo: CarlFourie via Getty Images)
A game range with his dog doing anti poaching work (Photo: CarlFourie via Getty Images)

(di Giulio Nespoli)

La pandemia è stata un campanello di allarme. Ha dimostrato che il rischio di un salto di specie di virus abitualmente relegati in zone remote ha una portata devastante. Eppure il bracconaggio non si è fermato neppure durante la fase più acuta del covid 19 moltiplicando le occasioni di potenziale contagio. La denuncia viene dal “Rapporto zoomafia 2021” della Lav (Lega anti vivisezione) che cita un’inchiesta di Le Monde.

Secondo il quotidiano francese, nonostante la pandemia e il rischio contagio da animali selvatici, nelle regioni nord orientali del Congo c’è stato un boom di caccia alla carne di scimmia, antilopi, pangolini e porcospini. Specie come pangolini e coccodrilli sono vendute apertamente nei mercati urbani e nei ristoranti, sebbene siano in teoria super protette. Il traffico avviene in condizioni igienico-sanitarie inesistenti, in mercati affollatissimi, con stretto contatto tra persone e animali. Una promiscuità che, come è noto, favorisce il passaggio dei virus da specie a specie e dagli animali all’uomo. E’ probabile che sia questo il meccanismo che ha permesso al covid 19 di iniziare la sua lunga marcia partendo dal mercato cinese di Wuhan.

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In ogni caso il rischio contagio non è limitato all’Asia. “Il 30 agosto 2020”, si legge nel rapporto, “all’aeroporto di Fiumicino, nel corso di controlli su passeggeri provenienti da Lagos, in Nigeria, primo volo post lockdown, sono stati scoperti più di 1.000 chili di alimenti di origine animale: scimmie cotte, iene affumicate, sacchi di bruchi secchi, roditori alla brace, polli arrostiti da giorni, pesce non eviscerato, pesci gatto, lumache giganti e cibi in avanzato stato di decomposizione. Nel corso del 2019 l’Agenzia delle Dogane ha sequestrato 56,8 milioni di chili di carni (4.297 pezzi); 305,6 milioni di pesci e crostacei, molluschi e altri invertebrati acquatici (51.396 pezzi), 19,9 milioni di prodotti derivati dal latte (3.280 pezzi). Sono diverse le rotte attraverso le quali arrivano in Italia, dopo alcuni scali, alimenti proibiti: oltre alla Nigeria e l’Etiopia, vi sono il Ghana, il Senegal, Pechino, Shangai, Wenzhou, Perù, Argentina, Brasile, Filippine, Thailandia, Bangladesh, Sri Lanka e Pakistan”.

Eppure, come l’Oms (Organizzazione mondiale della sanità) ha chiarito, non solo il covid 19 ma buona parte di tutti i patogeni umani ha origine zoonotica. Cioè il commercio di animali selvatici rappresenta un rischio consistente. Lo prova il fatto che altre recenti epidemie - tra cui sars, mers ed ebola - sono state ricondotte a virus che si diffondono dagli animali alle persone. “Gli animali, in particolare quelli selvatici, sono la fonte di oltre il 70% di tutte le malattie infettive emergenti nell’uomo, molte delle quali sono causate da nuovi virus. I mammiferi selvatici, in particolare, rappresentano un rischio per l’emergere di nuove malattie”, si legge in una dichiarazione dell’Oms.

Anche una ricerca del Wwf “Silence of Snares”, citata dalla Lav, mostra un’altra faccia dello stesso problema. Per la prima volta si stima il numero di trappole presenti nelle aree protette di diversi Paesi nella regione indocinese: sono 12,3 milioni e stanno minacciando la fauna selvatica nelle aree protette di Cambogia, Laos e Vietnam. “Queste trappole rudimentali”, continua il rapporto, “spesso realizzate con fili o cavi di ferro, aumentano le possibilità di contatto diretto tra l’uomo e la fauna selvatica, e quindi la probabilità del verificarsi di nuove gravi zoonosi. I ricercatori, infatti, hanno identificato molti degli animali presi di mira da queste trappole, fra cui il cinghiale, lo zibetto delle palme e il pangolino, come quelli con più possibilità di essere vettori di zoonosi”.

I crimini contro la natura generano entrate per 280 miliardi di dollari l’anno e costituiscono un settore della criminalità in crescita. Nel maggio 2020 a Hong Kong sono state scoperte 26 tonnellate di pinne tagliate da 38.500 squali. La spedizione illegale era nascosta in 300 sacchi di nylon suddivisi in due container provenienti dall’Ecuador. Sul mercato nero un valore di oltre 1,1 milioni di dollari.

Questo articolo è originariamente apparso su L'HuffPost ed è stato aggiornato.