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Crisi Argentina, cosa rischiano i risparmiatori italiani

La presidente argentina Cristina Fernandez Kirchner. REUTERS/Ueslei Marcelino

La scadenza è fissata al 30 Luglio e oltre quella data potrebbe esserci un nuovo baratro economico per l’Argentina: con le condizioni imposte dagli Stati Uniti per il pagamento degli hedge fund che non hanno usufruito dei concambi del 2005 e del 2010, per il paese sudamericano sono giorni di tensione alle stelle sul piano dell’economia internazionale.

Sembra riavvicinarsi lo spettro della bancarotta dello Stato del 2001, quando l’Argentina non riuscì a saldare il debito di 100 miliardi di dollari con gli investitori internazionali che avevano acquistato i bond emessi dal governo. L’Argentina andò in crack finanziario e moltissimi investitori, tra cui anche un nutrito gruppo di italiani, si ritrovarono con nulla in mano: per evitare pesanti sanzioni, l’Argentina concordò con molti di loro la riduzione del valore dei bond del 70%, in modo da riuscire a saldare parzialmente il debito. Alcuni investitori, tra cui 50mila italiani, non accettarono e preferirono rivalersi in altri modi.



Negli Stati Uniti la questione dei Tango Bond argentini è arrivata fino alla Corte di Giustizia, che ha decretato il pagamento di 1,5 miliardi di dollari di hedge fund non ristrutturati entro il 30 Giugno; l’Argentina si è rifiutata giudicando le condizioni troppo vessatorie ed onerose (la presidente Kirchher lo ha definito un ricatto) perché il giudice Thomas Griesa, applicando la legge del pari passu, ha negato allo stato sudamericano la possibilità di pagare i creditori ristrutturati se l’Argentina non salderà prima i conti con quelli che non hanno accettato i concambi del 2005 e del 2010.

Ciò significherebbe per l’Argentina dover sborsare non solo gli 1,5 miliardi di dollari di hedge fund, ma ulteriori 15 miliardi di dollari per saldare anche i debiti con gli investitori dei bond ristrutturati: la clausola RUFO (Rights Upon Future Offers) che scade a Dicembre 2014 concederebbe questa possibilità, di fatto mandando in default l’Argentina che non ha risorse per saldare la cifra. A quanto pare, però, sarebbe solo una provocazione, perché il governo non ha modo di proporre agli investitori quelle condizioni migliorative che consentirebbero l’impegno della clausola.

Per gli investitori italiani in Argentina la situazione è comunque aggrovigliata: per chi ha accettato la ristrutturazione dei bond del 2001 con scadenza nel 2033 il rischio è di perdere quel poco che è riuscito a salvare. I 50mila investitori che invece sono andati in causa con le banche attendono la decisione finale per capire se i soldi già persi saranno rimborsati o meno tramite questa sentenza statunitense: non c'è da stare troppo tranquilli negli investimenti argentini, ma anche in quelli generali, perché la crisi economica argentina sta avendo ripercussioni sul piano dell’economia internazionale. In casi di forte instabilità gli operatori sconsigliano gli investimenti nei paesi più a rischio o con rating basso, e l’Italia purtroppo è tra questi.