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Crollano i prezzi del petrolio

L’Iraq chiede di essere esentato dal taglio della produzione di petrolio

di Peter Rosenstreich

Ebbene, non c’è voluto molto perché la districata matassa dei tagli coordinati alla produzione dell’OPEC si districasse da sola. Il vertice dell’OPEC del 30 novembre, che si svolgerà a Vienna, viene già considerato un fallimento. Stando agli ultimi lanci d’agenzia, l’Iraq ha chiesto di essere esentato dai tagli dell’OPEC, indicando che la guerra in corso contro i militanti islamici dovrebbe consentire al paese di ottenere ulteriori ricavi dal petrolio. Ciò dopo che anche Libia, Iran e Nigeria hanno chiesto esenzioni dai tagli alla produzione. Nel (Londra: 0E4Q.L - notizie) frattempo, il beneficiario principale dei tagli alla produzione, la Russia, si rifiuta di rilasciare commenti sui tagli. I prezzi del petrolio sono rimasti sostenuti per la quarta settimana consecutiva, perché si pensava che a novembre si sarebbe raggiunto un accordo solido. Senza le prospettive di un accordo, probabilmente l’eccesso massiccio di forniture sul mercato petrolifero dominerà l’andamento del prezzo, nonostante i miglioramenti marginali negli equilibri. Poiché i prezzi del greggio minacciano di scendere sotto i 50 dollari, i prezzi ottimisti più elevati, raggiunti sull’onda delle trimestrali a New York, svaniranno rapidamente, suggerendo un indebolimento dei titoli azionari USA. La ragione principale dell’aumento dei prezzi negli USA si basava sull’aumento delle stime sugli utili futuri nel settore energetico. Senza la prospettiva di prezzi del greggio più alti, l’energia diventa meno attraente. Inoltre, senza la prospettiva di un aumento dei prezzi del greggio, anche il più ampio comparto delle materie prime risulta meno attraente. Rimaniamo negativi sulle valute legate alle materie prime come NOK, CAD e MXN, perché i mercati ritengono sempre meno probabile un accordo sul taglio della produzione da parte dell’OPEC, il cartello dei paesi produttori, a novembre.

Aumento inaspettato del PMI manifatturiero

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di Yann Quelenn

Se c’è un indicatore importante per valutare se l’economia si sta espandendo o contraendo, questo è il PMI manifatturiero dell’Eurozona. Stamattina, il dato si è attestato a 53,3 punti rispetto ai 52,7 previsti. Una lettura sotto i 50 punti indica una contrazione. Si tratta del valore più elevato degli ultimi due anni.

Questo dato, però, contraddice altri fondamentali economici. In particolare, gli investitori attendono ormai da tempo segnali di un miglioramento dell’aumento di nuovi ordinativi e degli ordini destinati all’esportazione. Nonostante questo recente recupero dell’indice PMI, le prospettive non sono incoraggianti. Altri dati, come le vendite al dettaglio, mostrano un indebolimento, ad agosto la cifra è calata del –0,1% rispetto a luglio. Su base annua, le vendite al dettaglio stanno crescendo dello 0,6% - il ritmo più basso degli ultimi due anni.

Sembra inoltre sempre più probabile che, alla riunione di dicembre, la BCE (Toronto: BCE.TO - notizie) dovrà prorogare oltre marzo il suo programma di QE. Mario Draghi si è rifiutato di annunciarlo in modo esplicito alla riunione della scorsa settimana, ma crediamo che sarà obbligato a farlo alla prossima riunione. È sempre più evidente che la Banca Centrale Europea non raggiungerà il suo obiettivo d’inflazione, visto che l’attività dei consumatori rimane fiacca. Ecco perché crediamo che il PMI di oggi sia un falso segnale.

Autore: Swissquote Per ulteriori notizie, analisi, interviste, visita il sito di Trend Online