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Deludono i dati del lavoro USA, rialzo tassi Fed più lontano

Era stato annunciato (Yellen in primis) come il dato più importante per poter orientare la politica monetaria della Federal Reserve. Ed era altresì stato una delle certezze fondamentali, anche quando gli altri principali dati macro (Pil, inflazione & co.) non offrivano grandi soddisfazioni. Tuttavia, considerando che dai grandi amori nascono le grandi delusioni, non si può che notare con disappunto come in aprile il mercato del lavoro americano abbia deluso, tradendo così l’incertezza prolungata che oramai affligge le aziende sul futuro: nel periodo in oggetto sono infatti stati creati 160mila posti di lavoro, molto meno dei 205mila previsti dagli analisti.

Naturalmente, non tutto è negativo quanto presentato: il presidente Barack Obama ha comunque potuto celebrare il 74esimo mese consecutivo di aumento dei posti di lavoro, per un livello che è ormai pari a 14,6 milioni dall’inizio della ripresa, affermando che adesso occorrerebbe "rafforzare i trend positivi" con investimenti infrastrutturali, aumenti del salario minimo e accordi di libero commercio. Non solo: sempre a conferma del fatto che non tutti i dati sono certamente negativi, non si può che annotare con soddifsazione un tasso di disoccupazione fermo al 5 per cento.

Ma basta quanto sopra per vedere un bicchiere mezzo pieno nel recipiente dell'employment report? Probabilmente no. Tanto che le riflessioni di cui sopra sono apparsi elementi di magra consolazione davanti al numero di nuovi occupati più debole in sette mesi, dallo scorso settembre. L’andamento del mese di aprile ha contribuito ad abbassare la media dei neo assunti degli ultimi tre mesi a 192mila, tenuto conto di revisioni al ribasso di 19mila posti in febbraio e marzo, rispetto ai 229mila durante l’anno scorso.

A dimostrazione del fatto che il dato ha manifestato particolare delusione, c'è altresì la reazione nervosa dei mercati, che non si è fatta attendere: le borse sono rimaste sostanzialmente ferme, a metà tra i timori per la performance dell’economia e la crescente convinzione che nuovi rialzi dei tassi d’interesse si allontanino e la Federal Reserve confermi piuttosto l’impegno a sostenere l’espansione.

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Proprio in merito alle scelte di politica monetaria della Federal Reserve, l'istituto monetario statunitense ha indicato che la decisione di alzare o meno i tassi fin dal suo vertice del 14 e 15 giugno - dopo un prima stretta lo scorso dicembre, e un nulla di fatto nelle sessioni successive, ivi compresa quella di aprile - dipende interamente dai dati in arrivo. E proprio sul calendario macroeconomico delle prossime settimane andrà dunque incentrata la maggior parte dell'attenzione degli analisti, che a fronte della debolezza occupazionale, hanno comunque riscontrato l'auspicato recupero negli stipendi: i salari orari sono cresciuti dello 0,3% dal mese precedente, a 25,53 dollari, e del 2,5% nell’ultimo anno. Meglio, dunque, del 2% annuale fatto segnare dal 2010 in avanti. Si tratta pertanto di un segnale incoraggiante per la Banca centrale americana, che ambisce a un livello di inflazione ideale del 2 per cento.

Per quanto concerne l'evoluzione analitica di questo andamento contrapposto dei dati, chiara ed esaustiva è stata la spiegazione di Keith Wade, chief economist e strategist di Schroders (Londra: SDR.L - notizie) , che - citato dal quotidiano Il Sole 24 Ore - ha aggiunto che "la combinazione tra dati più deboli sulle assunzioni ma più solidi sui salari è legata alla fase avanzata del ciclo economico negli Stati Uniti. Sarà necessario un rafforzamento generalizzato dell’attività economica affinché la Fed possa intervenire".

Più nel dettaglio del dato fornito all'interno del report sull'occupazione, si scopre che ad aprile sono stati creati 65mila posti di lavoro nei servizi professionali e aziendali, altri 38.200 nella sanità e nell’assistenza sociale. Il settore retail è invece andato in controtendenza, eliminando 3.100 impieghi, mentre quello alberghiero ne ha creati 22mila (un saldo positivo, ma per il valore più debole da un anno a questa parte). Quasi stabile (+ 1.000) il settore dell’edilizia, mentre il manifatturiero ha generato 4mila posti dopo due mesi di tagli. Il comparto minerario e forestale ne he persi 8mila. Insomma, alcuni settori dell'economia stanno andando per il verso auspicato, altri no. O, per lo meno, ci vanno con un ritmo molto più cauto.

Di (KSE: 003160.KS - notizie) tutto questo - e non solo - non potrà che tenere conto la Fed nelle prossime settimane...

Autore: E-investimenti.com Per ulteriori notizie, analisi, interviste, visita il sito di Trend Online