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Il disastro finanziario alle porte dell'Europa

Il 2016 è stato per Ankara un vero e proprio annus horibilis, sotto tutti i punti di vista. Purtroppo il 2017 non sembra cambiare di molto le sorti della nazione, a cominciare dal fronte valutario.

La situazione di Ankara

Tra il fallito golpe dell’estate scorsa e i numerosi attentati che hanno insanguinato le strade di Ankara, tanto da dover distinguere tra quelli rivendicati dall’Isis e quelli, invece, di matrice filo curda, la Turchia ha vissuto uno degli anni più travagliati dalla sua nascita come nazione laica (prima nei fatti, poi nella teoria, ora solo nei sogni) per volontà del padre nella patria, Mustafa Kemal Atatürk. Una nazione che non ha nemmeno un secolo di vita e che oggi, con Recep Tayyip Erdogan, ritrova, purtroppo, non solo un’ondata islamista ma anche la perdita di moltissimi diritti civili anche in virtù di una serie di modifiche alla Carta Costituzionale, volute dallo stesso Erdogan il quale, approfittando dello stato di tensione, sta tentando di realizzare un suo vecchio sogno: trasformarsi in despota accentrando sulla sua persona anche il controllo del potere giudiziario oltre quello esecutivo.

Il referendum di aprile

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La conferma potrebbe arrivare già ad aprile con il referendum per l’approvazione della riforma che è stata già decisa il 21 gennaio e che, per essere fermata, può ora contare solo sull’opposizione della volontà popolare. Una situazione che rende ancora più caotico ed incerto, l’evolversi degli eventi ma soprattutto che crea grave fragilità nei già precari equilibri. La Turchia, infatti, storicamente, sia per posizione geografica che per evoluzione culturale, è stata da sempre vista come il ponte tra occidente ed oriente e quindi come punto di fusione della cultura islamica con i valori del liberalismo europeo. Una condizione che non riguarda solo il mero aspetto geopolitico ma anche e soprattutto quello economico dal momento che la forza della nazione si basa per lo più su accordi con le potenze occidentali e sull'afflusso di capitali esteri a loro volta attirati anche dalla stabilità di un governo sempre incline alla divisione dei poteri e tendenzialmente contrario all'acuirsi delle tensioni sia interne che esterne, conscio del suo ruolo di anello di congiunzione. Tutte cose che, presenti negli anni passati, oggi risultano solo una chimera. Attualmente l'unico elemento appetibile restano i tassi bassi, utili, a questo punto, solo per mantenere gestibile un debito estero arrivato a 421 miliardi di dollari. Soldi che riguardano per lo più società private con progetti legati alle infrastrutture in collaborazione col settore pubblico: molti di questi contratti, però, vedono anche clausole di protezione che contemplano compensazioni alle società private in caso di aumento dei costi dovuti al cambio dei tassi in corso d'opera. In questo caso si parla di oltre 210 miliardi che sarebbero sulle spalle del settore statale. Impossibile, quindi, che le ripercussioni di una situazione del genere non si abbattano direttamente sull’economia della nazione e in particolare sulla sua moneta, ancora di più se si pensa che Erdogan è assolutamente contrario a qualsiasi forma di politica monetaria restrittiva.

I pericoli sulla Lira Turca

La Lira turca, intanto, è da tempo stata eletta la peggiore valuta del 2017 insieme al Peso messicano con la sola differenza che quest’ultimo è al centro di una complessa politica protezionista iniziata dal nuovo presidente Usa Donald Trump.

Lira turca, dunque, che continua il calo già iniziato mesi fa e che a gennaio è arrivata a segnare un ulteriore perdita del 7% contro il dollaro, valore che si va ad aggiungere a quel già citato -17% nel 2016. Come se ciò non bastasse l’inflazione in arrivo, prevista dalle stime della banca centrale turca, continua ad aumentare arrivando all’8% rispetto alle stime precedenti che si fermavano al 6,5% per il 2017 con un 2018 che non scenderà al di sotto della forbice tra il 5 e il 6%. Proprio ieri il governatore della banca centrale turca ha confermato l’intenzione di portare avanti le misure non ortodosse adottate finora (manovre sui tassi swap e immissione di liquidità sul mercato) , starebbe funzionando e quindi continuerà ad essere adottata fino a quando le cifre sull’inflazione non torneranno ad essere rassicuranti.

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