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ECONOMICA / Italia, quando l'ascensore sociale fermo frena la crescita

Un giovane guarda le offerte di lavoro in un'agenzia, nel centro di Milano. REUTERS/Alessandro Garofalo (Reuters)

di Luca Trogni MILANO (Reuters) - Investire in mobilità sociale per costruire le fondamenta di una crescita più solida e duratura. L'assunto è chiaro: se si vogliono mobilitare tutte le risorse di un paese occorre garantire ai giovani che partono più indietro l'opportunità di risalire la corrente. Solo in questo modo saranno i migliori ad emergere e non coloro che sfruttano la rendita di posizione legata alle relazioni e ai beni della famiglia di appartenenza. Il caso italiano non ha sfumature. Tutti gli indicatori convergono nel dire che al momento l'ascensore sociale continua a essere fermo. Le statistiche internazionali sono impietose. L'Italia, all'interno dei paesi sviluppati, spicca per maggiori e persistenti disuguaglianze di reddito. Opposta, evidenzia l'Ocse, la posizione della Germania, intermedia la francese. Alla base ci sono i grandi ritardi nel settore dell'istruzione. In Italia e Spagna non si iscrive all'università oltre la metà dei figli di genitori che a loro volta non l'avevano frequentata. In Francia e Germania la percentuale scende a circa il 30%. I laureati italiani nella fascia tra i 30 e 34 anni si fermano al 22%, ultimi in un'Unione europea dove la media sfiora il 37%. Uno scarto che, in un circolo vizioso da cui l'Italia fatica ad uscire, riflette anche la scarsa considerazione che sul mercato del lavoro italiano riceve il fattore 'laurea'. "Noi abbiamo una bassissima differenza retributiva tra diplomati e laureati. Il datore di lavoro non dà valore alla qualità dell'istruzione e così lo studente non investe per studiare di più" ha commentato nei giorni scorsi il governatore di Banca d'Italia Ignazio Visco. Non solo. L'Italia, sotto la spinta del Mezzogiorno. spicca per il valore più alto degli appartenenti alla categoria Neet: un ragazzo su quattro tra i 16 e i 29 anni non studia, non lavora, non sta facendo training. Elevati percentuali di precariato permanente e di redditi da lavoro atipico vicini alla soglia di povertà arricchiscono la gamma degli sconfortanti primati italiani. NON SOLO GIUSTIZIA SOCIALE In questo modo "non ci si emancipa dal contesto socio-economico della famiglia e le disuguaglianze persistono tra generazioni" sottolinea il direttore Ocse per le analisi sulle politiche strutturali Giuseppe Nicoletti. "Non è solo un problema di giustizia sociale, ma anche di ridotte possibilità di sviluppo dell'economia". La ricetta dell'istituzione di Parigi prevede, oltre a un dinamismo economico che crea maggiori opportunità, politiche attive sul mercato del lavoro, pari opportunità di educazione e politiche redistributive. Quest'ultimo punto si confronta in Italia con tendenze opposte. In base allo studio Ocse, il patrimonio cresce ancora più del reddito, condizione che favorisce lo status quo. L'aggiustamento caldeggiato va nella direzione di modificare sia il sistema fiscale, per renderlo più redistributivo, sia la spesa sociale, oggi concentrata sulla fascia anziana della popolazione, la fascia protetta dalla previdenza 'old style' a scapito dei giovani. TASSARE L'EREDITA' Una delle proposte presentate dall'Ocse al Festival dell'Economia di Trento è potenzialmente esplosiva: tassare maggiormente eredità e donazioni, mantenendo invariata la pressione fiscale complessiva, perchè il passaggio generazionale diventi occasione di riequilibrio. Silvio Berlusconi centrò, con successo, la campagna elettorale del 2001 sull'abolizione dell'imposta di successione. E più recentemente l'ipotesi che il governo Renzi ci rimettesse mano ha scatenato la reazione di ampie porzioni dell'opinione pubblica, determinandone, probabilmente, l'accantonamento. Intanto l'aliquota massima dell'imposta di successione in Italia rimane all'8% contro il range 30/48% di Francia, Germania e Gran Bretagna. Sul sito www.reuters.it altre notizie Reuters in italiano. Le top news anche su www.twitter.com/reuters_italia