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Enti soppressi dallo Spending Review di cui non sentiremo la mancanza

E' stata definita la norma anti-sprechi del governo Monti. La spending review, approvata alla Camera nel cuore della notte. Una vera e propria mannaia che si abbatte sull'Italia in un periodo già difficile e comporta una serie impressionante di tagli ad ogni tipo di settore, dalla giustizia alla sanità, passando per la difesa, la Pubblica amministrazione e le auto blu, oltre ad un prossimo aumento dell'Iva al 23%. Qualcuno può ritenersi momentaneamente fortunato, come l'Università, a cui è stato risparmiato un taglio di 200 milioni di euro.

Ci sono casi però in cui il taglio è stato netto e totale e riguarda quella fitta rete di enti e associazioni di cui a volte non se ne conosce l'entità e la funzione, ma ai quali lo Stato elargisce regolarmente finanziamenti per la propria "sopravvivenza". Appartenenti principalmente al Ministero dello Sviluppo economico, a quello dei Beni culturali e al Ministero dei Trasporti, da oggi saranno soppressi. Soppressione che entra a far parte del piano di riduzione dei contributi erogati a fondi ed agenzie, per un totale di 1 miliardo e mezzo per il 2012 e 3 miliardi a partire dal 2013. Tra questi, è prevista quella - entro 30 giorni dall'entrata in vigore del decreto - all' Ente nazionale per il Microcredito, istituita all'interno del Ministero dello Sviluppo economico dall'on. Mario Baccini. La mission dell'ente era quella di contribuire allo "sradicamento della povertà e della lotta all’esclusione sociale in Italia e, in ambito internazionale, nei paesi in via di sviluppo e nelle economie in transizione". In parole semplici, il microcredito ha la funzione di fornire piccoli prestiti a quei cittadini che normalmente non potrebbero riceverlo dalle banche. Nato nel 2007, l'Enm ha avuto una notevole ascesa sotto il governo Berlusconi ed è stato recentemente oggetto di interrogazione parlamentare da parte del senatore Pd Francesco Ferrante, il quale denunciava la poca operatività e il suo esoso costo allo Stato: 1,8 milioni l'anno, di cui 120 mila euro rappresentavano lo stipendio annuale del presidente. Inizialmente l'Enm non era stato inserito nel pacchetto dei tagli del governo, ma anzi apparteneva a quegli enti a cui attribuire una quota del fondo di garanzia per le piccole e medie imprese. Ora invece si trova tra quelli che spariranno prossimamente.

Soppressione immediata anche per l'Associazione italiana studi cooperativi "Luigi Luzzatti", presieduta dal dott. Piero Antonio Cinti. Operativa dal 1925, l'associazione è finalizzata - secondo lo statuto -  a "promuovere i principi e i valori della mutualità, ad approfondire lo studio dell’imprenditorialità cooperativa e a diffonderne la conoscenza". Beneficiata da finanziamenti statali dal 1947, l'associazione diventerà oggi strumentale del Ministero dello Sviluppo Economico, che ne assorbirà le competenze. Stessa cosa per l'associazione "Valore Italia", nata nel 2005 con lo scopo di promuovere il design italiano, anche attraverso esposizioni permanenti del made in Italy. Soltanto nell'anno della sua istituzione, l'associazione ha avuto un contributo di 3 milioni di euro e lo scorso 20 aprile è stata commissariata dal Ministero dello Sviluppo economico, che ne ha azzerato il consiglio di amministrazione -  presieduto da Massimo Arlecchini - in seguito ad una richiesta di un raddoppio di compenso avanzata dai consiglieri di amministrazione e negata dalla presidenza dell’ente.

Verranno assorbite invece dal Ministero dei Beni culturali le attività dell'Arcus spa, società vigilata dal Mibac e dal Mit. Una società finita sotto il mirino del quotidiano Repubblica, nell'ambito delle inchieste "Cultura spa", ovvero di tutti quegli enti, fondazioni e associazioni impinguate con i soldi del Ministero. Soldi che, a loro volta, venivano redistribuiti a pioggia ad altri enti e associazioni. Secondo la Corte dei Conti, infatti, l'Arcus, fondata nel 2004 - e diretta da Ettore Pietrabissa - per promuovere iniziative legate ai beni culturali e al mondo dello spettacolo, si era trasformata "in un una agenzia ministeriale per il finanziamento di interventi, non ispirati a principi di imparzialità e trasparenza". Soltanto nel 2010, la società aveva chiesto allo Stato circa 200 milioni di euro, attraverso un piano di 208 interventi, alcuni dei quali dalla dubbia utilità, come i 500 mila euro previsti per la "partecipazione dell´Italia all´Expo di Shangai 2010". O come i finanziamenti elargiti per la ristrutturazione delle strutture ecclesiastiche: 1 milione e mezzo di euro nel biennio 2010-2011 solo per il restauro dei cortili interni della Pontificia università gregoriana, nonostante lo Stato avesse già finanziato per questi lavori, attraverso l'8 per mille, 899,944 mila euro in due anni. 
Annullati, infine, gli accordi tra Mit, Comune di Catanzaro, Provincia di Catanzaro e Regione Calabria relativo alla realizzazione e allo sviluppo dell'attività del Centro Tipologico Nazionale. La società in questione - una struttura ibrida, a metà strada tra la ricerca e l'assitenza tecnica, avrebbe avuto il compito di "approntare, organizzare e gestire con criteri di economicità gestionale, nell’interesse e per conto dei consorziati, il Laboratorio Tipologico Nazionale al fine di trattare e distribuire, anche a soggetti terzi, atti, documenti ed informazioni concernenti il Settore dell’Edilizia Residenziale Pubblica". In piedi dal 2006, la società non ha ancora iniziato le proprie attività, e fino allo scorso anno è costato allo Stato oltre 200 mila euro solo di affitto per gli uffici.

Insomma, la scure della spending review ha molti aspetti negativi e misure insostenibili, oltretutto le numerose istanze richieste dai 130 mila cittadini e associazioni attraverso il form del Governo non sono state minimamente considerate. Ma leggere di questi tagli è una consolazione, seppur magra.

La spending review non causa proteste solo in Italia. Il caso della Spagna:

Madrid, decine di migliaia in piazza contro i tagli alla spesaMadrid (TMNews) - Il tema della spending review tiene banco non solo in Italia. A Madrid decine di migliaia di spagnoli sono scesi in piazza per dire no ai tagli alla spesa pubblica decisi dal governo Rajoy per fronteggiare la crisi. "Siamo qui - spiega un manifestante - per difendere i diritti dei lavoratori del settore pubblico nel nostro Paese. E stiamo anche difendendo i diritti dei nostri colleghi europei. Non possiamo pagare per una crisi che non abbiamo creato noi". Tra le persone scese in piaz