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Escort costretta a pagare 50mila euro di tasse

Nei Paesi del Nord Europa non ci sarebbe nulla di strano, ma in Italia, una escort costretta a pagare le tasse fa notizia. Il caso balzato agli altari delle cronache negli scorsi giorni è quello di Sandra Yura, una escort brasiliana anche nota con il nickname di Gaia di Montebello che, nell’ottobre 2012, ha ricevuto la visita della Guardia di Finanza di Salò per una contestazione  sulle sue entrate in nero.

Il conto? 50mila euro. La donna si era recata a più riprese sia alla Camera di Commercio che all’Agenzia delle Entrate, per cercare di regolarizzare la propria posizione e per aprire una partita Iva, ma gli impiegati avevano respinto la sua richiesta sostenendo che la sua attività autonoma non era inquadrabile in alcuna categoria professionale.

In Inghilterra le prostitute che non pagano le tasse rischiano di essere arrestate per evasione fiscale, in Olanda le sex workers sono iscritte alla Camera di commercio, pagano le tasse e sono difese da un regolare sindacato. In Italia, nonostante le cicliche proposte di regolarizzare la loro attività, la prostituzione continua a essere in nero. Ma le norme che da alcuni mesi consentono una maggiore trasparenza bancaria permetteranno, tramite l’incrocio con la dichiarazione dei redditi, di evidenziare chi guadagna molto più di quello che dichiara. Dunque questo tipo di attività saranno maggiormente esposte all’attenzione del fisco.

Per Sandra Yura è andata proprio così: l’incrocio fra la sua dichiarazione e il suo conto in banca ha dato esito a un accertamento teso a verificare le “imposte dovute dirette e Iva per il periodo dal 2008 al 2011”. Quando la Guardia di Finanza ha suonato alla sua porta, la donna ha mostrato la documentazione in suo possesso e ha dichiarato di fare la escort. La dichiarazione della donna ha trovato conferma nelle verifiche compiute dai finanzieri.

E così, a Sandra Yura – assistita dall’avvocato Francesca Staurenghi, del Foro di Brescia -  nel dicembre 2013 sono stati notificati quattro avvisi di accertamento per Irpef, Iva, Irap, Inps, oltre a sanzioni e interessi per un ammontare di circa 50 mila euro, conseguenti alla mancata dichiarazione del Modello Unico Persone Fisiche per gli anni 2008-2011.

La escort si sente vittima di un’ingiustizia, poiché, nonostante abbondino i siti Internet che promuovono le attività delle colleghe, lei è stata “sorteggiata” per una verifica.

Come andrà finire? Ci sono alcune sentenze di Cassazione del 2013 che specificano come gli utili prodotti dalla prostituzione siano ricompresi nelle attività di lavoro autonomo e, conseguentemente, assoggettabili ai fini delle imposte dirette e dell’Iva. A sua difesa la donna sostiene di avere fatto richiesta di regolarizzazione. In tribunale si avrà l’ultima parola su un caso che potrebbe fare giurisprudenza.